Si usa dire che Pechino si impadronisce dell’Africa, ‘suo secondo Continente’. Si vedrà: gli inizi ci sono: 146 miliardi di dollari prestati nell’ultimo decennio a 56 paesi che non potranno restituire; cantieri imponenti già avviati. Se continuerà così, l’Africa diverrà un’altra cosa, diverrà uno dei motori del mondo. Allora ha senso quanto qui di seguito scriviamo su un profetico pensiero di Abramo Lincoln: la vera prospettiva per gli schiavi liberati dalla Guerra di secessione avrebbe dovuto essere ‘Return to Africa’.
Il presidente non fu solo a concepire il rimpatrio degli ex schiavi.
Da quando aveva abolito la schiavitù, ai primi dell’Ottocento, la Gran Bretagna aveva appoggiato alcune iniziative umanitarie.
Le quattro colonie facenti parte dell’Africa occidentale britannica -Nigeria, Costa d’Oro, Sierra Leone, Gambia- ricevettero presto esigui contingenti di affrancati. Ci furono rimpatri in altri territori del Continente nero, poi divenuti repubbliche. Se non fosse stato assassinato meno di una settimana dopo la resa dell’esercito del Sud ad Appomattox, è verosimile che il vincitore della Guerra di secessione avrebbe realizzato un esodo di ex schiavi ben più consistente di quello realizzato nel 1847 dall’American Colonization Society con la creazione della repubblica di Liberia.
All’epoca, non più di dodicimila liberiani vantarono l’appartenenza legale al piccolo paese satellite degli Stati Uniti.
Senza dubbio, finora i neri americani non hanno mai rimpianto di non essere liberiani. Questa che era nata come terra promessa degli schiavi, creata prima della Guerra di secessione da americani filantropi, è oggi una piccola repubblica -99069 kmq, anzi 111369 con le acque interne, meno di due milioni di abitanti- una nazione povera come tante altre, e dalla storia travagliata (due dittature, altrettante guerre civili, molti delitti politici). Peraltro è stato ed è uno dei massimi produttori di caucciù al mondo, con imponenti piantagioni dell’americana Firestone. Così come va l’Africa, i suoi cittadini non sono da compiangere più di altri, anche perché si permettono l’orgoglio della nazionalità. I raffronti non vanno fatti con quei neri d’alto bordo d’America che, discendenti di schiavi, superano per reddito e prestigio la maggior parte dei bianchi degli USA e del pianeta; ma con la massa dei quartieri neri, degli slums e dei villaggi miserabili USA.
In Liberia i discendenti dei trasferiti dall’African Colonization Society costituiscono un segmento privilegiato rispetto ai membri di varie etnie locali. I raffronti vanno fatti anche con quella che sarebbe divenuta la nazione degli ex schiavi se fosse stata istituita da Lincoln.
Il vincitore dell’aspra Guerra di secessione -non meno di 620 mila caduti- era uno statista di tempra e carisma eccezionali: altrimenti non avrebbe salvato l’Unione. Se fosse vissuto, e se avesse tenuto fede al proprio giudizio sul futuro della questione razziale, avrebbe realizzato ben altro che l’esperimento liberiano.
Il movimento del Return to Africa non scomparve con la nascita della Liberia. Al contrario, ai primi del Novecento la crociata Back to Africa apparve in considerevole crescita, con alcuni esponenti di statura internazionale come William E.B. Du Bois, professore alla Atlanta Univ., e come Booker T. Washington, che il presidente Theodore Roosevelt onorò alla Casa Bianca. Addirittura l’insuperabile attivista Marcus Garvey si qualificò come un Mosè dei proletari neri d’America. Arrivò a comprare tre navi e a preparare la partenza per la Terra Promessa di ventimila neri.
Fu abbattuto dalle inchieste sull’impiego dei fondi raccolti.
Finì in prigione e fu espulso dagli USA.
I tempi sono cambiati e forse la Cina farà grandi cose nel Continente, staremo a vedere. Quanto all’America, l’integrazione dei neri resta impossibile, quali che siano le menzogne del politically correct.
Essi sono una componente massiccia (13%) della popolazione (gli inglesi, che più di altri inventarono le Tredici Colonie, non superano il 7%), ma per un bianco abitare in un quartiere nero è inconcepibile. Un mezzo keniota è arrivato alla Casa Bianca, però il ‘sogno americano’ non contempla la chimera dell’uguaglianza. Forse molte cose cambieranno se la Cina, ferro di lancia delle conquiste vere, dovesse realizzare l’epocale Metamorfosi dell’Africa.
Antonio Massimo Calderazzi