Giorni fa si è attribuito anche ad Enrico Letta, ex presidente del Consiglio e politologo accademico, il ragionamento “il Regno Unito se n’è andato, non è solo male: ora potremo raddrizzare le vie dell’Europa, come Londra non ci ha mai permesso di fare’. In molti la pensiamo come Letta, ma egli ha aggiunto una proposta concreta: i membri della Commissione chiamiamoli ministri. Il fine della proposta è chiaro: incoraggiare la convinzione che l’Unione abbia a Bruxelles un vero governo, che cioè si sia intrapresa la strada che porterà all’unificazione politica del Continente più o meno intero. ‘Ministri’ suggerisce un inizio effettivo.
Gli ex commissari e gli ex presidenti della Commissione fanno un bel numero. Se ciascuno di essi facesse una proposta di dettaglio, magari soprattutto propagandistica, l’avanzamento dell’unità sarebbe avvantaggiato. Quando faranno questo i vari Juncker, Prodi, Moscovici, più altri che a Bruxelles abbiano maneggiato materie importanti e che contino ancora? Ovviamente le questioni grosse sono altre che i nomi delle cariche dei commissari. Il macigno più gigantesco da rimuovere è il diritto di veto dei membri meno volenterosi e meno responsabili dell’Unione.
Oggi in teoria Malta e mezza Cipro hanno gli stessi diritti di base della Bundesrepublik. E’ vero che da qualche tempo si sono trovati piani sui quali i voti dei paesi membri si ponderano e non sono uguali, ma in linea di massima l’Europa attuale funziona sul grottesco principio dell’unanimità.
L’Unione avrà un vero governo quando l’unanimità sarà cancellata e i membri minori dovranno delegare buona parte della sovranità; dovranno obbedire. Obbedire sostanzialmente all’asse Berlino-Parigi, asse qualche volta allargato a Roma: ma solo qualche volta. Aggiungere alla plancia comando la repubblica cara a Benigni imporrebbe di placare lo sdegno di Polonia, Spagna, Svezia, Olanda, Belgio, oltre che di un’eventuale aggregazione baltica, il giorno che le tre orgogliose repubbliche si risolvessero a fondersi. Finora non si è trovata soluzione al sovranismo dei soci minori, anche se spesso questi ultimi hanno dato prova di responsabilità, accodandosi alle scelte dei grandi partner. Ha agito una cabina di regia, ma se il sistema ha funzionato è in quanto l’Unione ha rinunciato ad affrontare le sfide massime: non si è unificata; non ha tentato di affrancarsi dagli USA; non ha accettato gli obblighi verso l’umanità povera che incombono sulle nazioni ricche e perdipiù eredi di tradizioni coloniali.
Per il futuro si danno solo due strade: o i soci minori accetteranno di farsi guidare, oppure l’Europa dovrà ridursi in estensione, dovrà rinunciare a trattenere le componenti non guadagnabili ai grandi destini di un protagonista planetario quale l’Europa. Si adopera l’aggettivo ‘planetario’ non perchè la Magna Europa abbia necessità di competere coi tre colossi del pianeta sui piani da essi dominati. All’Europa basterà restare all’altezza dei retaggi delle sue componenti maggiori. Sono retaggi che hanno fatto il mondo, nel bene come nel male. L’Europa sarà grande e spiritualmente prima per il solo fatto di unirsi, sottraendosi alla sopraffazione di Washington. L’Europa è stata ombelico del mondo: ciò le darà uno status tale da non esigere antistorici sforzi di recupero sui piani materiali. L’Europa gran signora sarà per natura superiore ai rivali in termini di legittimità. I Tre Colossi stanno già pagando e più pagheranno, in termini di contraddizioni e di disarmonie, per gli oneri delle posizioni raggiunte.
Non resta che il quesito se il primato continentale spetti prevalentemente alla Germania. Ma la Francia non è stata alla propria altezza da quando Charles de Gaulle decise l’alleanza perpetua con la Germania. Da allora la Germania non ha fatto che rafforzare la vocazione a primeggiare, laddove la leadership francese è rimasta un avanzo devitalizzato del passato.
A.M.Calderazzi