SARA’ INTERMINABILE IL CREPUSCOLO DEGLI DEI GERMANICI?

Nell’aprile del 1990 mi fu chiesto, in un luogo dell’Ontario confinante coll’Upstate dello stato del New York (Ontario dove la gente è poco sensibile ai problemi degli altri continenti) come vivevamo in Europa l’evento della riunificazione tedesca, dell’annessione a Bonn dell’Est comunista: “Non potrebbe succedere di tutto?  Un Reich tornato egemone non tenterebbe almeno di riprendersi la Slesia, Danzica, il Sudetenland?”.  Risposi in termini vaghi.  Non mi aspettavo questa premonizione di destino in uno dei contesti meno nevrotici del pianeta. Poche settimane dopo provai a dare una risposta più riflettuta in una nota per “Prudentialetter”, trimestrale di una grande compagnia d’assicurazione; titolo “Grande Germania: quale Germania?”.

Al momento che accadde la riunificazione, ultimo tornante della storia tedesca, poté far sorgere attese magari ossessive in chi meditasse sui drammi del secolo aperto dalla funesta conferenza di Versailles.
Già allora il veterano di fanteria Adolf Hitler prese a caricarsi d’odio e di satanica creatività.  Nel Primo conflitto mondiale la Germania non fu più sanguinaria delle altre potenze (compresa l’Italia di Cadorna). Nei due secoli che precedettero la Grande Guerra la stirpe tedesca, divisa in una moltitudine di stati, aveva goduto di una reputazione che risaliva a Tacito, secondo il quale niente sorpassava l’eticità dei Germani. ‘Probo come un prussiano’ si usava dire nel secolo XVIII: ma anche ‘probo come un sassone, come un renano, come un turingio’. Le ferocie dell’esercito del Kaiser in Belgio e in altri paesi occupati furono soprattutto un’invenzione della propaganda alleata. Le crudeltà del tempo di Hitler non saranno mai più cancellate, e certo coinvolsero troppi tedeschi.  Ma nel 1945 l’umanità fece bene a non marchiare per sempre la razza di Arminio e di Lutero. L’umanità sapeva di tante altre crudeltà dei millenni, tra le ultime quelle di Stalin, del terrorismo, delle pulizie etniche, degli scannamenti tribali, delle foibe, dei crimini partigiani. Persino del Vincitore Buono, Dwight Eisenhower, sappiamo che in ultimo trattò senza pietà i prigionieri tedeschi.

Oggi che la Germania ha pienamente espiato, siamo certi che l’appartenenza all’Unione europea protegggerrà i Laender tedeschi da tentazioni demoniache. Ma il pericolo è che questa Germania dei trionfi materiali e dei sopravventi gestionali venda la primogenitura che le spetta. Essa è la nazione che dovrà condurre l’Europa a divenire pari agli imperi statunitense, cinese e russo, e rispetto ad essi assai più nobile.
Tra i popoli d’Europa quello germanico si affermò primo, abbattendo l’impero di Roma, poi assumendone l’eredità. La sua leadership finì presto, con la fine del Medio Evo: altre nazioni, più immeritevoli, si divisero il mondo moderno. Eppure dalla sfera germanica sono venuti a favore del mondo alcuni dei massimi impulsi, dalla Riforma al grande pensiero filosofico, ai messaggi vertiginosi della musica.  La componente germanica ha più volte guidato il moto della civiltà umana, persino attraverso i ‘cattivi’ come Nietzsche o come Ernst Junger, quest’ultimo uno dei più odiati tra i pensatori moderni in quanto eroe e cantore della guerra, oltre che dell’anelito verso una forma superiore dello spirito. Se tutto ciò sembrò annunciare il nazionalsocialismo, si ricordi che Junger rifiutò le profferte di Hitler con tanta durezza che, a quanto si dice, Goebbels e Himmler chiesero contro di lui l’ergastolo.  Il Führer non permise, e fu il solo privilegio assegnato dal nazismo a questo aristocratico profeta di una Morte dionisiaca.

Divenuta più ricca e più ragionevole, oggi la Germania  sembra non emettere luce nuova, quasi sia un pianeta invecchiato. Appare aver dimenticato la veemenza ideale del passato.  Crea più eccellenze materiali che idee.  Ciò poteva ancora andare per le istanze non smisurate della Repubblica di Bonn.  Ma oggi il  paese di Wagner e di Hölderlin è sfidato a una missione  -fare dell’Europa il Sacro Romano Impero del terzo millennio- che non ha confronti coi compiti di altre nazioni, per possenti che siano o siano state. E’ possibile uno sprigionarsi di genio germanico che ringiovanisca e migliori il Vecchio Continente, dunque il mondo.
La resurrezione dell’energia tedesca, nel dopoguerra, fu miracolosa.
Lo scatto con cui la Bundesrepublik si prese la Germania orientale fu felino: si predicava gradualità, invece Bonn volle tutto e subito, senza esitare di fronte al costo. La parità tra i due marchi attestò non solo riflessi fulminei, anche ‘classe’, ossia accettazione degli obblighi della grandezza.
Il Sacro romano imperatore (tedesco) non era il capo di uno Stato materialmente onnipossente, era un principe che aveva più dignità e più doveri degli altri prìncipi.  La DDR andava recuperata a qualunque prezzo: qui nacquero i più grandi del passato, compreso Lutero.

Mille volte meglio se quel poco di valido che resta dell’esperienza comunista dei Laender orientali -Brandeburgo, Mecklenburgo con Schwerin, Sassonia, Turingia- aiuterà i tedeschi tutti a resistere all’omologazione capitalista e iperconsumista del numinoso paese  di Goethe e di Schiller.
Sarà un antivirus assoluto contro la degenerazione che sta uccidendo la troppo breve grandezza degli Stati Uniti. L’Ovest della Germania rischiò di americanizzarsi nel profondo, ma il Geist tedesco è sereno e immortale: vivificherà l’Europa rifatta Sacro Romano Impero.

Antonio Massimo Calderazzi