Sotto un titolo insignificante (‘Votare non è un gioco’) l’editoriale del Corriere 2 settembre firmato Angelo Panebianco elenca alcune dolorose constatazioni che per l’immobilismo costituzional-conservatore dell’A. sono devastanti.
La prima: “Non c’è stato un momento, in tutta la sua storia, in cui la democrazia rappresentativa abbia subito attacchi come nella fase attuale, non solo in Italia”.
La seconda: “Il Parlamento è oggetto di derisione e disprezzo”.
La terza: “Stiamo squalificando in un colpo solo Parlamento, elezioni, principio rappresentativo”.
Quarta: “Si sono fatti molti ragionamenti tesi a rafforzare, in chiave antiparlamentare, il ruolo del referendum popolare”.
Quinta: “A certe condizioni la proposta di ridurre il numero dei parlamentari può essere una buona idea nel quadro di una complessiva revisione costituzionale. Altrimenti è solo un attacco, simbolico e pratico, alla democrazia rappresentativa. In nome ovviamente della democrazia diretta, alla quale la Rete ha offerto opportunità storicamente inedite”.
Dalla democrazia diretta imposta dal futuro il prof. Panebianco teme “cittadini disinformati che dicono la loro su cose di cui nulla sanno, manipolati dal primo demagogo che passa”. Egli vuole il contrario del principio ‘uno vale uno’, e ‘di ciò che da quel principio consegue: i ‘ ludi elettronici’.
Tuttavia sbaglia Panebianco a sminuire quelle che chiama ‘certe proposte che circolano fra gli studiosi occidentali’. Esse significano una cosa precisa e determinante: fra gli studiosi occidentali non ci sono quasi più difensori (come lui e come Giovanni Sartori, lo scomparso teologo del ‘doppio turno alla francese ‘) del parlamentarismo/partitismo/professionismo dei politici a vita. Invece proliferano le proposte e le ipotesi di democrazia diretta le quali escludano che uno valga uno. Le preoccupazioni di Panebianco hanno perso fondamento.
Una delle opzioni di democrazia diretta-ma-selettiva è stata formulata nell’anno 2000 da chi scrive, di concerto con una ‘unità di ricerca sulla randomcrazia’: un gruppo di giovani italiani e canadesi.
Quell’anno compilarono un ‘Dossier sulla tecnocrazia selettiva’, titolato ‘Il Pericle elettronico, sottotitolato “Materiali anglo-americani sulla superfluità dei politici professionisti. La soluzione randomcratica: una Nuova Polis sovrana di supercittadini scelti a turno dal sorteggio”.
Il profilo randomcratico del dossier fu il particolare contributo di un giovane ingegnere, oggi cattedratico in un’importante università di Olanda. Produsse idee il tecnico pugliese Gabriele Stecchi.
La democrazia diretta sarà l’opposto della sovranità “di tutti gli aventi diritto”, cioè dell’intera Anagrafe. L’Anagrafe farà altro.
Abolite le elezioni, spariranno gli ‘aventi diritto ad eleggere’. Nascerà un corpo politico ristretto , una nuova Polis sovrana, p.es. mezzo milione di italiani, fatta di “cittadini attivi” o supercittadini, selezionati dal sorteggio per un turno di sovranità -p.es. una volta all’anno- SE saranno in possesso di qualificazioni oggettive fissate dalla legge: chi proverà una laurea, oppure avere esercitato un’attività legale per abbastanza anni.
Naturalmente saranno sorteggiati coloro che faranno risultare qualificazioni superiori al minimo.
In conclusione saranno scelti random come supercittadini le persone che risulteranno ‘migliori’ degli altri iscritti all’anagrafe. La democrazia dei migliori, visto che la democrazia dei tutti (dogma delle sinistre buone a niente) ha avuto come risultato che i ricchi sono più ricchi di prima.
Inevitabilmente saranno escluse vaste categorie: la maggioranza dei lavoratori manuali dipendenti, delle casalinghe, degli inattivi, dei pensionati, degli studenti che non hanno completato gli studi, degli sportivi di mestiere, di coloro che svolgono attività non dimostrabili come socialmente utili. Mezzo milione, non 60 milioni, di cittadini sovrani. Queste ed altre esclusioni non faranno danno se non a quanti assegnano i loro voti in cambio di contropartite. Ai giovani non in possesso di particolari qualifiche basterà impegnarsi per conseguire queste ultime al più presto. Nel frattempo troveranno compensi, p.es. ludici, al fatto che la nuova Polis ateniese non potrà non essere fatta di piccoli numeri. Le decine di milioni di votanti non sono una Polis, sono una massa soggetta alle manipolazioni dei politici di mestiere. La Nuova Polis nascerà quando sarà fatta dei pochi, i migliori.
Che le società avanzate si tengano ancora un congegno di delega concepito nel secolo XVIII è un enigma, un’apoteosi dell’irrazionale.
Andiamo su Marte, creiamo la vita in laboratorio, pratichiamo la comunicazione istantanea e planetaria, diamo uno smartphone alle moltitudini, ma affidiamo il governo dei tutti ai furfanti espressi dalle urne e dai partiti. Anche gli avversari dell’innovazione, i misoneisti alla Solaro della Margarita, ammettono che la tecnopolitica selettiva cancellerà il vecchiume degli ordinamenti imposti dal passato e ribaditi dalle Costituzioni come la nostra, redatta dai giuristi dell’oligarchia pervenuta al potere grazie al crimine bellico del Duce, il 10 giugno 1940.
Antonio Massimo Calderazzi