LE MASCHERE DELLA COMMEDIA DELL’ARTE ELEVATE A GIORNALISTI DEMOCRATICI

Il 25 Aprile festa grande in casa di Antonio Lotito, il più grande Pulcinella di tutti i tempi. Risorto dal suo loculo (morì nel 1876) Lotito ha invitato a pranzo le quattro maggiori maschere di essa Commedia: Pantalone, Arlecchino, Brisighella e l’irraggiungibile Policinella.
Cosa festeggiano i Quattro e il padrone di casa?
Festeggiano il momento quando, settantaquattro anni fa, la professione di maschera comica, per secoli spregiata come produttrice di sole risate, sghignazzi, cachinni, farse atellane e fescennini, fu equiparata dal CLN vincitore a quella dei giornalisti e degli intellettuali democratici. L’equiparazione convenne anche a questi ultimi: mentre molti avevano e hanno bassa opinione del mestiere pennivendolo, chi dubita della rispettabilità di quello della Commedia dell’Arte?

Dunque quel giorno di primavera, annunciatore di libertà demoplutocratica e generatore di diritti ai diversi, la corporazione dei pagliacci fu innalzata ad alto sacerdozio laico, impegnato a fianco dei giornalisti e dei personaggi del cinema per riscattare lo Stivale dalle vergogne del Ventennio; per fondare la Repubblica delle virtù.

Prima di quel giorno d’aprile i giornalisti ora convertiti alla libertà avevano fatto cose di cui arrossire: avevano imitato i Pantaloni, gli Arlecchini, i Brisighella, i Pulcinella nel loro quotidiano entusiasmo per Mussolini. Praticando ruoli e regole del teatro di popolo, le Maschere avevano incarnato i sentimenti della nazione, quasi tutta fascista tra il 1922 e il 10 giugno 1940, quando la lue mentale di Mussolini, signore dei cuori italiani, si manifestò nella dichiarazione di guerra a Francia e Regno Unito.
Il fondatore del fascismo e dell’Impero cessò d’essere idolatrato dagli italiani, in particolare da quelli che scrivevano. Uno di questi ultimi, Giorgio Bocca, contribuirà col suo mitra, assieme alla Brigata Ebraica, a scacciare Kesselring dal suolo italiano, da millenni perpetuamente assetato di libertà e di diritti ai diversi.

Il 25 Aprile di allora gli innumerevoli Pulcinella assursero alla dignità di cantori della Resistenza: quella che, oltre ad abbattere il Reich, mondò lo Stivale dai suoi mali millenari e lo consegnò vergine agli idealisti senza macchia che gestirono le prime due Repubbliche cleptocratiche. Nell’intimità del banchetto in casa Lotito, i personaggi che grandeggiarono sulle scene e nelle piazze hanno dialogato distesamente come nei convivi etruschi. Sono stati anche autocritici, e hanno gareggiato in onestà intellettuale.

Pantalone, maschera focalizzata sulla saggezza dei vecchi, esortò a ricordare anche i delitti della Resistenza: “Ci furono troppi assassinii di fascisti e loro parenti; ma soprattutto ci furono varie vergognose via Rasella.

Riconosciamo che con le loro azioni pseudo-militari (il valore militare della Resistenza fu basso) i partigiani fecero morire ben più italiani che tedeschi. Arlecchino, pur non lesinando inchini e salamelecchi ai nuovi padroni dell’antifascismo, conferma: “I partigiani vollero le rappresaglie tedesche”. Brisighella dice pensoso: “Chi potrebbe negare la realtà dell’entusiasmo littorio dello Stivale tra il 1922 e il 1940?”.

Forte d’essere lo storico dominatore della Commedia dell’Arte, Pulcinella non esita a suggerire ai buffoni suoi colleghi di prendere le distanze dal Pensiero Unico di oggi: “Gli italiani figurano quasi tutti devoti e fermi democratici, ma se comparirà un uomo forte, un generale capace senza sparare di chiudere il Parlamento, il Quirinale e la Corte Costituzionale, noi Maschere, i giornalisti e il grosso degli italiani approveremo.
I 25 Aprile saranno soppiantati dalle festose celebrazioni del Putsch.
Noi Pulcinella, così come i giornalisti, non ci metteremo contro il consenso nazionale”. Però l’umile Brisighella dissente: “L’Italia democratica non si farà travolgere così facilmente. Ha vinto troppe vittorie, ha conseguito troppi diritti, ha persino inventato diritti che non andavano concepiti.

Oggi gli invertiti sono coccolati e si sposano tra maschi o tra femmine. Lesbiche e ricchioni indossano brillanti divise di trasvolatori atlantici e di addetti navali. Quale golpista fascista può promettere cose così grandi?”
Il banchetto delle Maschere si conclude con un riverente indirizzo al Badante della Repubblica, quell’Inquilino del Quirinale che è difensore di ogni virtù progredita, amato dalle scolaresche in visita come dalle Guardie Rosse marxiste, come dalle consorti degli amministratori delegati, come infine dai commodori di sinistra che introdussero nella Marina le nozze tra sommozzatrici innamorate.

La Commedia dell’Arte vigilerà perché The Spirit of April 25th viga x sempre!

Porfirio