I SINGHIOZZI DI EZIO MAURO NELLA CAMERA ARDENTE DEL REGIME

Giorni dopo il luttuoso 4 marzo 2018, l’ex direttore di ‘Repubblica’ si era qualificato come la prèfica che singhiozzava più alto sulla salma del Regime nato dalla Resistenza (vedi Internauta online di Aprile). Oggi la camera ardente risuona di un lamento persino più straziante: Ezio Mauro si dichiara “sgomento” di fronte a quello che chiama “l’ultimo spettro italiano, lo spettro dell’uomo bianco”.
Si intitola ‘L’uomo bianco’ l’instant book con cui il Nostro si offre come un nuovo John Brown, martire della causa dei gommoni neri. E’ tale l’empito che si direbbe in Mauro l’ambizione ad emulare quel gesuita Riccardo Lombardi che, nel dopoguerra furoreggiò al punto d’essere proclamato Microfono di Dio: tanto entusiasmavano le sue allocuzioni.
Non sappiamo se d’improvviso Ezio Mauro abbia distillato da semi-anziano una carica umana e una dolcezza cor cordium che non gli conoscevamo.
Ad ogni modo emulare il Microfono di Dio, per di più essendo ateo, non sarà facile: il maggiore predicatore cattolico del secolo aveva una tempra tale che una volta un Pio XII imbestialito dalla sua sicurezza di sé si alzò dal Soglio e lo sfidò a sedersi lui.

Per riempire le piazze e l’etere come faceva il gesuita napoletano, oriundo piemontese; per vincere le elezioni generali come nel 1948 riuscì al partito del gesuita; il Mario Appelius di ‘Repubblica’ dovrà mettercela tutta.
Aiuterà se deciderà di convertirsi al cattolicesimo. Insomma se la fine, il 4 marzo, del Pleistocene radical-chic fa Ezio Mauro tanto costernato è perché deviare le ere geologiche sarà improbo. Mauro ha assodato che “una mutazione culturale” sta travolgendo lo Stivale: “Rinchiudendoci nella corteccia delle paure, ci trasformiamo fino a volerci distinguere in base alla pelle e al sangue”. Spiega che questo è “l’ultimo spettro italiano, quello dell’uomo bianco”.
In pratica, secondo lui, fiammeggiano già le croci del Ku Klux Klan, imbevute di resina del Tennessee perché brucino più razziste. Su un punto l’Appelius del Settantennio potrebbe anche essere nel vero: la Controcrociata che ha fatto sbarcare le moltitudini di cui sentivamo acre mancanza, non poteva che provocare il rigetto razzista che ora c’è.
Prima ce n’era meno perché le moltitudini non sbarcavano. Però il colore contava, eccome, anche per gli italiani brava gente. Negarlo è menzogna.

Per le scuole mezze nere delle periferie esultano solo i progressisti dei quartieri alti, proibiti ai sottoproletari persino se bianchi. Quando mai il grosso degli italiani si impietosiva del destino dei sottoproletari di colore? Soprattutto: quando mai se ne impietosiva, sul serio e fattivamente, l’oligarchia politico-intellettuale che ha imperversato settantatre anni? Quando mai da sinistra si è proposto di condividere coi miseri nell’unico modo realistico, abbassando un po’ il nostro tenore di vita?
Forse che i gerarchi rossastri e gli antifascisti dell’Anpi concepirono mai di distribuire a sud del Sahara parte dei superstipendi, supervitalizi, superconsulenze, tangenti e furti? Forse che quei capi dello Stato che avevano fatto gli operai, i partigiani e gli agenti di Stalin avevano mai pensato di dirottare in pro degli affamati gli osceni bilanci del Quirinale o altre voci di fasto monarchico delle istituzioni nate dalla Resistenza?

Come mai la società italiana e quella francese, che più di ogni altra partorirono Maquis e sinistrismo, mostrano al loro interno le peggiori sperequazioni tra ricchi e poveri? Ad onor del vero, riconosciamo che quanti, deposti i mitra dell’eroismo antifascista, si impadronirono di tutto da noi, si disinteressarono equamente di tutti i morti di fame, quelli subsahariani o bengalesi come quelli calabro-campani.
I primi non potevano, i secondi hanno presentato il conto alla sinistra truffaldina, annichilendola. Ezio Mauro: è falso che il destino degli ultimi ‘interpellasse’ (come Lei usa esigere) gerarchi e manipoli del Settantennio. Ma ammettiamo che, come asserisce il Nuovo Appelius, sia “in atto la Grande Trasformazione”. Che il gesto dell’assassino di Macerata “si è avvalso di un clima di legittimazione strisciante”. Che “sta nascendo un senso comune parallelo, sempre più estraneo ai valori dell’Occidente”. Che “si resta muti e sgomenti davanti alla fragilità del costume collettivo”. Che “una politica azzerata non sa trovare soluzioni, nutrendo e nutrendosi di paura e di rabbia”.
Infine, che “siamo sconfitti una volta per tutte quando il destino degli altri non ci interpella più”. Bene: se la prenda, com’è giusto, con settantatre anni di pensiero unico nato dalla Resistenza.
Riconosciamo però: personalizziamo troppo a danno dell’Appelius-col-morale-a-pezzi.
Il fazioso non è affatto solo lui. La faziosità è un costume di massa; anche se la fanno più professionale quelli della scuderia Scalfari/Mauro. Si prenda a caso il n.44, anno LXIV, 28 ottobre 2018, de ‘L’Espresso’, fratello siamese di Repubblica.

Giudicate voi se ‘Il Popolo d’Italia’ (direttore Arnaldo Mussolini) era tanto più monocorde. Questo numero di Espresso destina alla crociata pro barconi la schiacciante maggioranza delle pagine. Comincia con una copertina-peana a Mattarella perché pugnali il governo giallo-verde.
Poi -elenchiamo alla buona solo titoli) Roberto Saviano sulla primogenitura populista di Napoli. Poi una Denise Pardo belloccia contro tutto del M5S. Seguono: Michele Serra vs Salvini. Marco Damilano in lode dell’inquilino del Quirinale, fotografato tutt’uno con un corazziere, icona della volontà di tagliare gli sprechi per nutrire il Burkina Faso. Due pagg. anticinquestelle di Makkox. Un ditirambo supplementare a Mattarella “che scala i social”. Una requisitoria sulla postdemocrazia grillina vergata da due donne.
Italia ultimo giro: la Commissione boccia Salvini e Di Maio. Juncker ha scatenato il populismo. Così diventiamo fascisti. Il fascistometro. Mussolini fa rima con Salvini. Miraggio quota 100. Spensionati. Una bomba sociale. Matteo Renzi (i post fascisti padani etc). Il degrado di oggi. Com’era allegro Marx (è tornato il razzismo). Dalla parte di Riace. Il popolo bambino: regressione di massa. In coda, scampoli di cultura di tendenza.

Coll’occasione ricordiamo che il vero Mario Appelius, radiocommentatore ufficiale della guerra del Duce, terminava le sue trasmissioni con la stessa frase ‘Dio stramaledica gli inglesi’. In conclusione: forse il Pleistocene radical-chic sta per finire. Ma nessuno piange lacrime più amare di Ezio Mauro e delle sue sotto-prèfiche di redazione.

Antonio Massimo Calderazzi