I nostri governanti attuali dovrebbero assai presto passare dal “cambiamento” a qualcosa di vicino all’insurrezione (contro la continuità del Settantatreennio): sia che l’Europa e i ‘mercati’ condannino la gestione economica populista, sia che la lascino passare. Se la bocceranno, se ci infliggeranno una condanna seria, se ci negheranno soccorsi, se rischieremo il dissanguamento per debiti, i nostri governanti non potranno che passare alla finanza straordinaria: a un’economia di guerra.
Occorreranno tagli draconiani alla spesa, quali non abbiamo mai concepito. Occorrerà dimezzare bilanci semi-superflui quali la politica estera, la difesa, il prestigio delle istituzioni. Bisognerà chiudere e vendere i palazzi dello sfarzo, cominciando dal Quirinale e da quelle centinaia di sedi ufficiali che sorsero quando il paese era sì popolato da tubercolotici e da pellagrosi, ma figurava più opimo di quasi tutti gli altri. Bisognerà aggredire con cattiveria non solo gli sprechi, le malversazioni e i furti, anche le larghezze a fin di bene quali sanità e previdenze senza risparmi.
Bisognerà dimenticare i codici romani e i diritti acquisiti, in modo da cancellare gli agi e le abitudini suntuarie degli abbienti e le conquiste consumistiche degli incapienti. Le vacanze egiziane degli intonachisti non saranno più sacrosante di quelle dei notai e di quelle delle vedove degli ammiragli. Si è sdoganata la categoria, in passato maledetta, del populismo: occorrerà sdoganare quella del giustizialismo. Dovremo fare a meno di confortevoli consuetudini quali le garanzie della società liberale. La stessa democrazia del Settantatreennio – declinata alla plutocratica – risulterà meno irrinunciabile che un tempo. Era proprio democratico Atatürk? Detestava le caserme Charles De Gaulle?
Non reggeranno i dubbi caposaldi della way of life occidentale, quali gli stili di vita e i perenni doni del miracolo economico postbellico. Dimenticheremo la douceur de vivre. Faremo a meno a molti diritti e conquiste. Dovremo risparmiare sui biglietti del tram, sulle partite allo stadio, su centinaia di hobbies, su non pochi ‘emoluments of life‘ che credevamo acquisiti. Fare tutto ciò esigerà sacrifici, abnegazione, arretramenti del tenore di vita. Persino la pausa pranzo delle grandi masse sarà più corta.
Per imporre tutto ciò occorrerrà disciplina quale l’avevamo dimenticata. Per affrontare molte prove da Grecia sotto la troika sarà saggio lasciar perdere le buone maniere.
Ma se al contrario Bruxelles e i mercati ci grazieranno ancora una volta, se ci permetteranno di ingrossare il debito invece di ridurlo, non sarà questa e non altra l’occasione da non mancare assolutamente, affinchè qualcosa resti delle ubbie del 4 marzo? Se la finanza resterà allegra, vorrà dire che era stata giusta la temerarietà, giusto tirare la corda. Ciò che era vietato a danesi e a belgi, risulterà lecito a noi baciati dai raggi dello Stellone d’Italia. Perchè non profittarne per vivere meno alla giornata, per correre meno rischi?
Si può metterla diversamente. Se scamperemo al fortunale, i timonieri che hanno soppiantato -speriamo durevolmente- la peggiore classe politica d’Occidente non dovrebbero affatto rinunciare a qualche vasta bonifica, a qualche ambiziosa opera di giustizia: finchè dura l’esasperazione del popolo verso le repubbliche 1945-2018. Sarebbe benefico per tutti un arretramento del consumismo/edonismo. Sarebbe benefico per tutti se i tetti delle scuole, le pendici delle montagne e i viadotti sui burroni non crollassero, e questo grazie alla cancellazione di certi oneri assurdi. Dovremmo rinunciare oggi stesso a scimmiottare gli apparati militari, diplomatici e della vanagloria di Stati o più ricchi o più stupidi di noi.
Insomma una parentesi di sanità mentale. Una concentrazione sugli obiettivi giusti, dopo quasi tre quarti di secolo nei quali hanno imperversato pagliacci, falsi progressisti e sindacalisti chiudi-fabbriche. Anche se le sciagure non ci tramortissero sarebbe giusto quanto meno raddrizzare le priorità principali: meno moda, meno sport, meno ambasciate e cacciabombardieri, meno ricevimenti
al Quirinale, meno buffonate e malazioni pregresse.
A.M. Calderazzi