TEMPO DI USCIRE DALLA NATO

Dovessimo credere a talune apparenze, il servaggio dello Stivale rispetto a Washington forse comincerebbe a finire. Iniziò a fine settembre 1943, quando nei territori già occupati dagli Alleati apprendemmo che eravamo governati da un commodoro Ellery Stone, della U.S.Navy. Il titolo era Capo della Commissione Alleata di Controllo. Per esserci arresi senza condizioni, ci trattarono amichevolmente. Tempo pochi giorni, e le province badogliane distribuirono il pane bianco delle autorità d’occupazione; ci beneficiarono, invece di farci scontare la partecipazione alla guerra di Hitler. Il commodoro Stone ebbe ordini di trattarci da ausiliari dei vincitori. Non andò altrettanto bene dove arrivarono i reparti marocchini del generale francese Juin, finto conquistatore: le tradizioni guerriere dei suoi ascari nordafricani erano efferate.

Nell’assieme il maresciallo Badoglio, cavaliere dell’Annunziata, si guadagnò la riconoscenza di noi vinti. Poteva andare assai peggio. Tra l’altro il nostro Mezzogiorno ebbe la fortuna di sfuggire al flagello di una Resistenza che fece morire più italiani che tedeschi.

Naturalmente, finita la guerra i governanti antifascisti installati dai vincitori garantirono ai padroni la più totale sottomissione: né poteva essere diversamente. Persino l’agente di Stalin, Palmiro Togliatti, rispettò lealmente gli accordi di Yalta: l’Italia spettava all’Occidente. All’inizio sembrò che nella nostra penisola Londra avrebbe esercitato un ruolo forte, ma presto risultò che la partecipazione britannica alla vittoria era una mezza verità: i vincitori veri erano yankee e il possente impero di Chamberlain e Churchill aveva deciso di immolarsi invano, nel 1939.

Per tre quarti di secolo la politica italiana ha mantenuto fedeltà assoluta a Washington. Indimenticabile la servile riconoscenza di Massimo D’Alema: “Condoleeza Rice, la segretaria di Stato, mi ha detto ‘diamoci del tu’!”

A metà del 2018, chissà perché, alcuni sacerdoti dell’obbedienza americana -Angelo Panebianco, Giuliano Ferrara, altri- vanno dicendosi inquieti: l’Italia potrebbe emanciparsi, potrebbe abiurare la fede atlantica, potrebbe scoprirsi naturalmente equidistante da Mosca, potrebbe fare i propri interessi, e tutto ciò sarebbe delittuoso. In realtà i legittimisti a stelle e strisce non hanno, o non hanno ancora, motivi veri per temere l’uscita dello Stivale dalla sudditanza agli USA. Ma tale uscita sarebbe giusta, e dovrebbe venire subito.

Tre quarti di secolo fa gli Stati Uniti conservavano qualche tratto della nazione giovane, della grande potenza che si differenziava dalle altre, del paese che avvicinava il futuro. Oggi sono sconciati dalla loro stessa enormità, e più ancora dall’aver fatto proprie troppe deviazioni etiche. In particolare dall’aver superato ogni livello di militarismo. L’America che fu la fidanzata del mondo non può più essere amata da nessuno. Solo temuta, o sfruttata.

Il Bel Paese non ha motivi per restarle legata. Ora Washington esige persino di addossare su alleati, ausiliari e clientes alcuni costi del proprio militarismo. La sua egemonia planetaria non merita la partecipazione alle spese di alcun subordinato. Un’antagonista di pari potenza, una Cartagine, non esiste più. Dovesse un giorno sorgere, né l’Italia né l’Europa avrebbero ragioni per restare a fianco dell’America. Settantacinque anni dopo l’arrivo del commodoro Stone, è tempo di uscire dalla Nato, tempo di liberarci di ogni obbligo militare.

Se lo faremo, Washington in pratica non potrà fare nemmeno minacce gravi. E’ dalla guerra di Corea che il gigantismo bellicista condanna gli USA a mancare tutti i tentativi di avvalersi della strapotenza. La sconfitta subita in Indocina fu la più grave e la più disonorevole della storia. Saggezza vuole che il Pentagono non provi a punire questo o quello alleato recalcitrante o infedele. E’ grottesco, a questo punto, che noi si debba sanzionare la Russia -a spese nostre- perché si è ripresa la Crimea. La stessa vasta e grossa Ucraina, ai nostri occhi resta quintessenza e madre della Russia. Sarebbe folle rompere con Mosca per rafforzare la presa statunitense su Kiev.

Peraltro, quando riusciremo a voltare le spalle agli USA, non sarà per avvicinarci alla Russia, meno che mai alla Cina. Pur non potendo prendere troppo sul serio la presente Unione brussellese, è chiaro che una grande patria l’abbiamo ed è l’Europa. Nacque amministrativa e microcarolingia, ma merita di rigenerarsi. Momentaneamente i paesi est-europei sono ostaggi dell’imperialismo yankee e dovremo fare senza di loro, visto che credono d’essere legittimati a vendicarsi della cattività sotto Stalin.

Anche il turpe prostituirsi all’America degli ex-satelliti dell’Urss passerà: la grande Europa riconquisterà il suo destino di ombelico del mondo. La legittimità storica è tutta sua: l’Europa supererà l’America per qualità ideale, e risulterà più armoniosa della Cina. A Washington spetterà il terzo posto, alla pari con la Russia.

A.M. Calderazzi