Questa Repubblica, sorta malata dalla Resistenza, se vorrà mettere in sicurezza viadotti, scuole, interi quartieri e città; se dovrà provare a scongiurare la bancarotta, ad allontanare lo smantellamento industriale e a rallentare l’ingrossamento del debito pubblico; se sarà obbligata a partecipare a un gigantesco “piano Marshall” dei paesi ricchi contro la miseria dell’Africa; se vorrà dare un sussidio alimentare alle famiglie dei senza reddito; se vorrà smettere di vivere alla giornata: ebbene questa Repubblica dovrà fare un’abiura colossale. Dovrà spezzare la continuità. Dovrà rinnegare se stessa, compresi i suoi valori. Dovrà passare a una mezza rivoluzione.
Non si tratterà di aggiornare le prassi del Settantatreennio demo-clepto-plutocratico. Non si tratterà nemmeno di decidere questa o quella patrimoniale. Occorrerà rovesciare i tavoli da gioco e bruciare i mazzi delle carte. Per tagliare di otto decimi la spesa militare e quella diplomatica bisognerà uscire dalla Nato, rifiutare la solidarietà occidentale, affrancarci finalmente dagli Stati Uniti. Dovremo proclamare decaduti imperativi tradizionali come patria, onore, valori della Costituzione, diritti inalienabili, conquiste per sempre.
Occorrerà avviare una lotta senza quartiere a tutti gli sprechi: cominciando dalle istituzioni obsolete o apertamente nocive, le Camere e la Corte costituzionale per cominciare. Il Quirinale va chiuso (venduto al migliore offerente, per straniero che sia, oppure convertito nel Louvre più importante del pianeta). Il bilancio della presidenza della repubblica va miniaturizzato; il numero dei dipendenti deve diventare trascurabile. I palazzi del prestigio meglio chiuderli. Le grandi opere siano ridotte all’essenziale; alla compagnia di bandiera è saggio rinunciare. Andrà proibito di considerare “strategici” beni e programmi finora classificati ‘indispensabili a un grande paese’: il ‘grande paese’ si acconci a ciò che può permettersi.
Il Codice civile va riscritto in alcune parti: per esempio i “diritti acquisiti” che cessino di imperversare e di bloccare quasi ogni iniziativa di riforma. Essi assegnano trattamenti privilegiati non solo ad alti burocrati (che a volte vantarono meriti) e a generali e ammiragli senza vittorie, ma anche alle loro vedove. Se mai certe carriere furono rispettabili, nessun ruolo ebbero in esse le consorti. Le pensioni esagerate e le ricche liquidazioni vengano avocate a fini di giustizia. Non si temano le accuse: pauperismo, giacobinismo, etc. Non si facciano più salvataggi industriali: le manifatture che producono beni rifiutati dal mercato chiudano; a stipendi e salari si sostituiscano sussidi alimentari eguali per tutti. Gli alti manager vivano anch’essi del molto poco.
Dopo il settantennio della grande illusione, le istituzioni repubblicane andranno ridimensionate : cominciando dal parlamento e dalle altre assemblee elettive. La democrazia delle urne non ha più senso: andrà sostituita dal sorteggio all’interno di corpi politici ristrettti e qualificati. In condizioni normali, quasi tutto ciò che diciamo è utopia. Ma le condizioni non saranno più normali quando il fabbisogno aggregato esploderà a varie migliaia di miliardi. Accantonata la speranza della crescita e della rigenerazione, la nostra sarà un’economia di guerra e di rivoluzione. Dovranno tornare vari stenti del passato.
Chi non è d’accordo, abolisca la globalizzazione.
Antonio Massimo Calderazzi 30 giugno 2018