“In Europa il livello di spesa degli Stati è insostenibile. A un certo punto arriverà il crollo”.
Cercheremo di mostrare, per esempio, come gli USA guidano sì le economie di mercato in una crociata antistatalista, ma le guidano verso la sconfitta. Il successo è impossibile. Valga una fosca previsione dell’olandese Jan Timmer, al tempo capo del colosso elettronico Philips: “Il futuro del nostro continente quale entità industriale fa paura”.
La malattia europea dell’assistenzialismo è così grave che già vent’anni fa un belga poteva teoricamente percepire cinquecento euro al mese come disoccupato, e questo dalla maggiore età al momento della pensione; che un po’ dovunque gli studenti trovano inammissibili lavori manuali estivi molto ambiti dai coetanei americani; che i lavoratori non qualificati lasciano agli extracomunitari quelle mansioni umili che i loro padri accettavano pienamente; che i contribuenti mantengono i milioni di lavoratori delle aziende che producono merci rifiutate dal mercato.
Sempre un po’ dovunque le pensioni, le vacanze generose, le casse integrazione, le attività ricreative e circenses sostenute dalla mano pubblica, le burocrazie troppo vaste mettono a repentaglio la tenuta delle gestioni statali. Il Welfare va alla deriva: tuttavia è inattaccabile. Si invocano tagli, ma nessuno prevede che saranno drastici. L’ offensiva contro l’ipertrofia della spesa è destinata a spegnersi, più o meno presto. Nei contesti politici più diversi si conclude che la solidarietà è un valore irrinunciabile e un alibi perfetto; che il dissesto dei conti è un costo della democrazia avanzata.
In altre parole. La spesa sociale si può persino devastare in circostanze straordinarie, una guerra per esempio; non si può riformare. A ciò il processo politico tradizionale e la finanza ordinaria sono impotenti. Il Welfare ipertrofico lo si contiene solo nel quadro di un assalto ‘barbaro’ al treno di vita cui ci siamo avvezzi. Solo se si accetta una ragionevole regressione nella povertà. A quel punto la massa dei cittadini manterrà le coperture e i diritti per i bisogni essenziali, ma rinunzierà al di più. Per non fallire l’imprenditore svenderà la villa. Per pagarsi le stupide terme l’operaio urbano rinuncerà alla bici da corsa, ai guanti e ai caschi tecnologici che costano quanto la bici da corsa. Queste cose i sindacati gliele avevano elargite con ‘le lotte’. Risultato, il pubblico che ragiona compra cinese.
La sola razionalizzazione possibile della spesa ha contorni comunemente giudicati irrazionali. Esige una specie di ‘guerra santa’, né laica né garantista, su quasi tutti i fronti: contro le combutte, gli sprechi a giustificazione sociale, le spese per il prestigio all’estero, gli obblighi da trattato, i malaffari delle campagne elettorali, la legalità della Costituzione megera imposta dai partiti tutti defunti (Pci Dc Psi Pri Democrazia del lavoro, etc), contro la concertazione e contro il consenso.
Mancando l’emergenza spaventosa, il riformismo non ha speranze: le ha solo la brutalità, solo l’attitudine a osare l’inosabile: tagliare il 10% non si può, occorre tentare di tagliare il 50%. Al prezzo di rinnegare i valori condivisi, la Costituzione, la modernità. Al prezzo di cambiare la vita, di tornare agli onesti stenti dei nostri nonni. Il pane quotidiano dei miseri verrebbe dagli espropri a carico delle fortune ereditate; e tutti stringeremmo la cinta, visto che molti capitali fuggirebbero e diremmo addio alla prosperità. Quando era cancelliere Helmuth Kohl infuriò i sindacati rimbrottando: “I tedeschi credono di poter vivere in un Luna Park”. Ma mettere giudizio, voltare le spalle al Luna Park, non sarebbe sufficiente. Gli USA, per esempio, dovrebbero declassarsi da superpotenza planetaria; altrimenti farebbero risparmi irrisori, oppure nessun risparmio. Qualcosa otterrebbero sventrando il ruolo dello Stato: prospettiva ritenuta sacrilega.
Anche l’Italia, non riuscendo a fare le cose relativamente indolori, dovrebbe affrontare quelle enormi. Dovrebbe vendere il Quirinale al miglior offerente straniero, garantendogli licenza per farne un bed&breakfast da centomila letti. Dovrebbe chiudere le ambasciate e le missioni militari nel mondo, rinunciare alla flotta e all’arma aerea, sostituire i cannoni con gli idranti antisommossa e con le brande per i senzatetto. Dovrebbe miniaturizzare i costi della politica, tra l’altro sostituendo le elezioni col sorteggio e il parlamentarismo con la democrazia elettronica. Insomma bisognerebbe azzerare a centinaia i programmi che fanno il nostro orgoglio di ‘grande paese’. A quel punto si riuscirebbe a limare secondo saggezza i programmi impossibili da obliterare.
In conclusione. Si possono concepire i cataclismi, non le riforme. La spesa pubblica andrebbe abbattuta dovunque, ma le probabilità che ciò avvenga in circostanze normali sono nulle. I processi politici tradizionali non offrono alcuna soluzione, comunque si chiami il partito al potere. Occorrerebbero situazioni eccezionali quali nessuna delle formazioni e delle ideologie attuali sa o vuole determinare. Essendo arte del possibile, la politica è fuori gioco: abbassare la spesa pubblica è l’Impossibile. E la democrazia è una solfatara spenta da troppo tempo.
Non resta che l’ipotesi teorica di uno sconvolgimento delle coscienze provocato dal sorgere di una personalità ‘universale’ capace di deviare la storia ben al di là della politica. Dal sorgere di un nuovo Maometto, o Lutero, o almeno Savonarola, demiurgo metapolitico, portatore di un messaggio totale. Però Egli farebbe trionfare il fideismo, non l’agognata razionalità. Meno che mai la laicità.
L’Occidente vivrebbe un’esperienza in qualche misura analoga al fondamentalismo; ma forse la sua storia, il suo umanismo, le sconfitte stesse della modernità, della permissività e del cinismo mitigherebbero le ferocie estreme del fanatismo. Inevitabilmente fanatici sarebbero i fautori più ardenti del Demiurgo: non alcun politico ma una Grande Guida, operatrice di opere sovrumane. Sovrumano sarebbe disamorare le maggioranze dal benessere, anzi dalla crapula. Sovrumano sarebbe strappare le masse all’idolatria della ricchezza. Sovrumano farle vergognare delle cupidigie animalesche: denaro, edonismo, sport, moda, Tv, altri cascami, altre carie o lebbre dell’anima.
Questi o altri sconvolgimenti sono improbabili, dunque l’Occidente e le parti di mondo che esso ha contagiato cancellando l’aspirazione a svolte metapolitiche si terranno la spesa pubblica impazzita, assieme agli altri mali incurabili.
Tuttavia non è impossibile che le società laiche, moderne, liberaldemocratiche, fatte momentaneamente ricchissime dall’esplosione dei consumi, siano un giorno rovinate dalla globalizzazione. Come escludere in assoluto che l’intero sistema della modernità possa decadere come l’Inghilterra dell’età di Vittoria? Com’è noto, nulla è impossibile agli Dei. Specie a quelli ancora da nascere.
Antonio Massimo Calderazzi