Piange il coccodrillo antimalthusiano

A metà settembre il quotidiano dei vescovi italiani, Avvenire, ha dominato le rassegne stampa con una denuncia, più sdegnata che mai, del dramma della fame nel mondo. Essendo tale denuncia di solito molto irrilevante, non ce ne occuperemmo. Però le notizie e le statistiche riportate da Avvenire – fonti i soliti maestosi organismi internazionali: questa volta Fao, Unicef, Ifad, Oms – ci interessano in quanto confessioni anzi autoaccuse, autoaccusa di Avvenire per cominciare.

Dunque gli affamati del pianeta sono 815 milioni (11% della popolazione mondiale): 520 in Asia, 243 in Africa, 42 nell’America latina e nei Caraibi. Rispetto al 2015 sono complessivamente 38 milioni in più (tutti gli abitanti di un paese medio), dopo dieci anni di diminuzione. La fame cresce. Secondo Avvenire i 38 milioni in più sono dovuti alla proliferazione dei conflitti violenti e agli choc climatici; i conflitti vengono detti sempre più gravi a causa dei cambiamenti climatici. 155 milioni di bambini sotto i cinque anni sono deficitari in altezza, 52 milioni soffrono di ‘deperimento cronico’. Altre edizioni di Avvenire hanno precisato che il Sud Sudan e il Sahel ‘muoiono’, e che sono molto critiche le prospettive del gigante nigeriano, con tutte le sue risorse naturali.

Il giornale assegna il debito rilievo all’autorevole e fulminante dichiarazione “Dobbiamo continuare a lanciare appelli” di un Gilbert Fossoun Houngbo, presidente dell’Ifad (Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo).  Dati i precedenti – in particolare l’eccessiva micragnosità del trattamento economico dei diplomatici e dei manager internazionali – ci chiediamo come riuscirà Houngbo a sostenere col suo reddito personale – senza dubbio lo vorrebbe, per non sfinirsi a lanciare appelli – il progresso agricolo di intere etnie di coltivatori africani.

Giganteggiano naturalmente i pensieri di papa Bergoglio sulla miseria, in particolare quelli condensati nel bronzeo messaggio a Graziano da Silva, presidente della Fao, in occasione di un 40° congresso della Federazione. Il papa dice cosa sacrosanta, benché largamente inutile, quando deplora i miliardi di humans che ‘non mettono in discussione i propri stili di vita onde condividere coi poveri e onde ridurre l’aggressione all’ambiente’. Accettare di impoverirci – diciamo noi – sarebbe persino più urgente che purificare l’atmosfera; a tal fine sarebbe  provvidenziale un tiranno beneficamente duro. Un po’ meno sacrosanto nel pontefice il salmodiare “contro l’inerzia di molti e l’egoismo di pochi”, nonché contro “l’assenza della cultura della solidarietà”.

Ancora meno significativo, nel papa, l’affermare che “i beni affidatici dal Creatore sono per tutti” e che “il costante calo, nonostante gli appelli, degli aiuti ai paesi poveri ‘è un meccanismo complesso’. Tra l’altro sembra che al Sahel non siano stati affidati molti beni. Il messaggio papale si conclude coll’annuncio che farà visita al signor presidente della Fao, e coll’auspicio che “la benedizione di Dio onnipotente e ricco di misericordia scenda sui consessi della Fao”.

Sarebbe ora, diciamo noi, che invece di far visite alle agenzie dell’Onu, Francesco proclamasse, per cominciare: la miseria del pianeta sarebbe un po’ meno grave se paghe, appannaggi e vitalizi internazionali, soprattutto agli alti livelli, fossero meno delinquenziali. Se proclamasse che l’accesso all’indipendenza delle ex-colonie ha peggiorato la loro miseria: costi, furti e ferocie della politica, della diplomazia, degli apparati militari, delle guerre, della vanagloria. La corruzione e la rapina dei governanti sono piaghe dei paesi molto avanzati. Figuriamoci il Terzo Mondo.

Altro pessimo gesto di Francesco è l’abitudinario invocare che sulle sanguisughe internazionali scenda la benedizione di Dio onnipotente e ricco di misericordia. E’ormai assodato che nei confronti sia degli 815 milioni di affamati, sia di chi morendo ha smesso di avere fame, la misericordia divina non è stata smisurata. Volendo contestare l’ateismo – giustamente, dico io che amo entrare in chiesa – il papa dica altre cose. La ricerca del Padre divino è vicenda drammatica, non tollera discorsi melensi o menzogneri. Sulle sanguisughe internazionali dovrebbe scendere la maledizione divina: come a Sodoma.

Il fatto veramente grave è che l’Avvenire come il papa con tutta la Chiesa rinviino ancora una volta la confessione/autodenuncia che un giorno non potranno non fare: per millenni si è promessa una dolcezza paterna che troppe volte non è venuta. Più ancora: nell’ultimo secolo la Chiesa ha contrastato come ha potuto il “birth control” tentato a salvezza dei miseri. Una delle malevolenze odierne di Avvenire si rivolge sempre contro i “neomalthusiani”, per i quali l’eccesso delle nascite è la causa prima della miseria. Nel settembre 2017, a valle di millenni di sconfitte contro la povertà, il quotidiano dei vescovi italiani assicura “avremmo gli strumenti per sfamare l’intera umanità. E’ l’uomo a produrre gli scenari che abbiamo sotto gli occhi”.

Dunque nel lacrimare sulla tragedia degli affamati il coccodrillo antimalthusiano accusa l’uomo di essere l’uomo. L’uomo come è, e come non vuol cambiare, non fu progettato dal Creatore?  E comunque, perché l’Onnipotente non agisce mai per correggere le malazioni dell’uomo?  Si usa sostenere che l’Onnipotente è inflessibile nel rispettare la libertà del malvagio. Ma gli affamati non preferirebbero mangiare piuttosto che essere contitolari coi malvagi del diritto di disobbedire al Creatore (Egli certamente non intendeva programmare l’umanità al male)?

Accertato che l’uomo è proprio come è – preferisce vendere il cibo invece che regalarlo, tenere la ricchezza  per sé invece che condividerla – tra non molto la Chiesa dovrà rovesciare il suo insegnamento tradizionale:  si nasce per un fatto animale e non per un dono divino. Limitare le nascite su grande scala non è un oltraggio al Creatore. Sarà obbligatorio constatare per sempre che siamo in troppi; che la Provvidenza non avrà pane e salute per tutti; che non interverrà contro l’egoismo degli agiati per rispettare la loro libertà.

Ergo birth control, e il coccodrillo antimalthusiano smetta di piangere.

Antonio Massimo Calderazzi