Mi sono veramente reso conto della gloria che spetta a Indro Montanelli, per onestà intellettuale, a rileggere una sua “stanza” di sedici anni fa, dal titolo “Il nostro intervento nella Grande Guerra”.
Scriveva: ”Come non smetterò mai di ripetere, se nel 1915 avessi avuto vent’anni senza dubbio sarei stato un interventista come furono mio padre e i miei zii, i quali poi partirono volontari per il Carso (e ne tornarono, quelli che tornarono, con idee del tutto diverse)”.
“Ciò posto per dovere di sincerità, devo subito aggiungere che anch’io, come loro, mi sarei presto accorto dell’errore commesso, e commesso contro la volontà della maggioranza, per una volta mostratasi più saggia delle minoranze che tenevano in subbuglio la piazza, e che non erano soltanto, come qualcuno ha scritto, quelle della destra nazionalista. Fu questa minoranza rumorosa e manesca ad avere il sopravvento su una maggioranza moderata e benpensante, ma pavida, e la cui rappresentanza parlamentare non trovò il coraggio di reagire alla manovra chiaramente truffaldina con cui i nostri governanti Salandra e Sonnino condussero l’azione diplomatica per sottrarsi agli impegni della Triplice Alleanza e trasferirci nel campo dell’Intesa.
“Questa manovra valse all’Italia la fama di Paese che non termina mai le sue guerre dalla parte in cui le ha cominciate, definizione che sarà poi ribadita e confermata dal voltafaccia dell’8 settembre 1943. Alla fine il Parlamento si ribellò, esigette d’essere informato, e siccome non lo fu, rovesciò il governo Salandra-Sonnino. Poi il Re, invocando lo stato di necessità ma violando la Costituzione, confermò il ministero Salandra. Il quale troncò definitivamente le trattative con l’Austria che si dichiarava pronta a darci gratis, cioè in cambio della nostra neutralità, il Trentino, l’autonomia di Trieste, alcune isole della Dalmazia e mano libera in Albania: cioè tutto quello che poi avemmo come compenso di una guerra di tre anni e mezzo che ci costò 500 mila morti, un’inflazione che si mangiò tutto il risparmio degli italiani e la crisi del regime parlamentare per il discredito in cui il Parlamento era caduto.
“Nota bene: nessuno, o quasi nessuno, trovò il tempo di chiedere il parere del comandante effettivo dell’Esercito, il capo di S.M. Cadorna, come se le condizioni di armamento e di preparazione fossero un dettaglio di poco conto. Uomo di inflessibile carattere, Cadorna era l’autore della pubblicazione “Attacco frontale e ammaestramento tattico”, che rappresentava la summa del suo pensiero strategico, e di cui il critico militare Valori, anni dopo, scriveva: “ E’ terrorizzante pensare che esso abbia sul serio servito di base alle operazioni offensive di un esercito in una guerra moderna”. E’ qui che rifulge la gloria di Montanelli: “L’intervento dell’Italia nella prima guerra mondiale fu peggio che un errore. Fu un delitto, dal quale presero avvio tutte le disgrazie di cui ci proclamiamo le vittime”.
Un delitto. Non hanno scritto così gli altri scrittori di successo, interpreti del nostro tempo, a proposito della più sanguinosa delle nostre carneficine. Si sono impegnati a presentare meno rivoltante, meno feroce e inutile, la decisione di fare guerra, ripudiando la parola data. Nella sostanza gli altri scrittori hanno farneticato di anelito a completare il Risorgimento, laddove è certo che le carogne sulle pietraie del Carso non si curavano del Risorgimento. Pochi uomini senza cuore, uno dei quali era il Re, condannarono a una terribile sventura un popolo ancora povero, perseguitato dalle malattie della miseria. In spirito di verità, quella guerra Montanelli non poteva non chiamarla un delitto.
Con tutta l’ammirazione per Lui, non è possibile sostenere che Montanelli sia stato sempre adamantino quanto nel testimoniare sulla Grande Guerra. La vita, il mestiere, la politica gli imposero compromessi, mai veramente disonorevoli ma nemmeno veniali. E tuttavia: Indro Montanelli non si turerebbe il naso, oggi che ha la prova provata che la Repubblica cosiddetta figlia della Resistenza è stata appaltata alla classe politica peggiore d’Occidente, meno sanguinaria ma ancora più spregevole dei Salandra, dei Sonnino e delle altre canaglie del 1915.
Nelle sue memorie Antonio Salandra disonore della Puglia arrivò a lagnarsi amaramente di non aver ricevuto un titolo nobiliare, nonostante tante vite da lui falciate. Chi si sente di sostenere che il medio politico italiano d’oggi sia migliore del momentaneo premier del maggio 1915? Non credo che Indro oggi troverebbe l’indulgenza di convivere con gentaglia come i professionisti della nostra politica.
a.m.c.