Premessa: quelli della sinistra Pd fanno venire l’orticaria seria. Hanno quasi tutti i difetti. Fissati con gli evanescenti ricordi dell’operaismo, però oggi fautori della conservazione e dell’ordine costituito. Onusti di glorie proletarie si sono innamorati perdutamente della plutodemocrazia liberale, e in più si abbarbicano come rampicanti alle regole del mercato. Inflessibili sui principi etici, però di fatto sono disponibili ad ogni compromesso.
Soprattutto, la loro mentalità è talmente vecchia da incartapecorire tutto ciò che toccano. Sarà salutare quando usciranno di scena. L’elettorato giovane li sta sospingendo fuori con sufficiente successo: in mancanza di fatti nuovi c’è da pensare che le nuove generazioni sempre più estrometteranno tutte le Rosy Bindi.
Tuttavia Matteo Renzi qualche atto potrebbe compierlo che ricordi l’antica milizia popolare del partito che ha fatto suo. Qualche atto che ne contrasti alquanto la mutazione genetica. La minoranza Pd fa ridere come ultima schiera di difensori del popolo. Tuttavia la questione sociale non è sparita, anche se ogni tornitore che lo voglia fa vacanze a Ibiza.
Per esempio una legge Renzi potrebbe porre limiti severi alla trasmissione ereditaria delle proprietà. Il manuale di scienza delle finanze del liberale Luigi Einaudi diceva all’incirca: “Non pervenga al nipote (oppure: al pronipote) la proprietà del nonno”. Cioè, bastino due-tre passaggi in linea diretta perché i beni possano essere avocati. Chi scrive ricorda il precetto di Luigi Einaudi, non la sua dimostrazione.
Però essa è intuitiva. Il nipote può aspirare a ereditare, oltre determinati limiti, i beni del nonno solo se abbia lavorato in posizioni di responsabilità nell’azienda dell’ascendente, contribuendo in modo significativo alla sua formazione o prosperità. Ove faccia un altro mestiere, oppure viva di rendita, la trasmissione ereditaria gratuita non si giustifica; va meritata con sforzo e con sacrificio economico. Non ha senso che persino un figlio riceva, quasi tutto gratis.
Ecco, una legge Renzi potrebbe realizzare una larga opera di giustizia, mortificando il privilegio e premiando solo quanti uniscono la propria attività lavorativa a quella del padre, del nonno e, assai meno, a quella di ascendenti più lontani. La nascita non dovrebbe privilegiare. La via maestra a questo fine è il ripristino più o meno maggiorato delle imposte di successione. Nel caso delle grandi fortune, il loro appesantimento dovrebbe essere importante.
Nella misura in cui la nostra Carta costituzionale incoraggia l’attività economica individuale (art.41:”è libera”) e la proprietà privata (art. 42: “è riconosciuta e garantita dalla legge”), la nostra Carta va emendata. Peraltro l’art.23 (“Nessuna prestazione
personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”) chiaramente contempla, nei modi di legge, la cessione di parte del patrimonio alla collettività. Specificamente il IV comma dell’art.42 stabilisce al di là di ogni dubbio “i diritti dello Stato sulle eredità”: pertanto tali diritti possono essere aumentati, anche fortemente. Per una volta la Costituzione va rafforzata, invece che corretta.
Negli ultimi settant’anni quasi tutte le posizioni e i sentimenti di giustizia sociale sono stati sacrificati sull’altare del buon senso e delle ragioni del mercato. Pur di non pregiudicare il Pil, poco è stato fatto per raddrizzare gli equilibri. Ma oggi il Pil è meno sacro. Molte illusioni sono cadute, il fatturato non genera felicità. Non si vede perchè non potrebbe essere rallentata l’ossessiva accumulazione di ricchezza che ha caratterizzato l’ultimo settantennio.
Gli anni dopo il secondo conflitto mondiale furono contraddistinti in Gran Bretagna -il terzo dei Grandi usciti vittoriosi- dall’aggressione del Fisco sulle grandi proprietà, forse soprattutto immobiliari. E il Labour si trovò a gestire il paese, con tutte le glorie guerresche di Winston Churchill. Anche in Italia il ceto dei redditieri ebbe a lamentare brevemente che il fisco avocava le proprietà nel giro di due-tre passaggi successori. Non fu proprio così; le grandi proprietà rimasero. Tuttavia più in là il colpo di mano di un premier miliardario sulle imposte di successione dette alle classi ricche ogni possibile riparo contro un prelievo fiscale che fosse compatibile con una società tendenzialmente socialdemocratica come la nostra.
Ora i tempi maturano per un’ulteriore riduzione alla troppo generosa protezione che la politica e il diritto elargiscono al privilegio della nascita. Non ci sarebbe niente di irragionevole se una nuova legge sulle successioni fissasse un limite p.es. di 5 milioni alle eredità che si possono ricevere quasi gratis mortis causa. Un altro scaglione, magari uguale, potrebbe essere ereditato con un modesto sconto sui valori di mercato. Il resto dell’eredità andrebbe a beneficio di un fondo di perequazione a favore dei miseri, sia di casa nostra, sia di un certo numero di società povere del mondo.
amc