Con una parte delle sue azioni l’Urss meritò ampiamente di sfasciarsi alla fine del comunismo. Da quel momento l’Occidente vittorioso fu di fatto legittimato a impadronirsi di pezzi dell’eredità sovietica. Hanno fatto così tutti gli imperi della storia.
Tuttavia c’è un carattere sinistro, e al tempo stesso grossolano, nel tentativo di Obama di tenersi l’Ucraina, la preda più recente, grazie all’inverosimile minaccia della terza guerra mondiale. Washington può fare molte cose terribilmente pericolose. Non una spedizione contro la Russia. Si sa che fallirebbe come fallirono Bonaparte e Hitler. E’ finita male ogni guerra di conquista statunitense dal conflitto di Corea in poi. Per affrontare le armate e l’arsenale nucleare di Mosca la nazione americana dovrebbe possedere lo sprezzo della vita dei kamikaze nipponici, il sinistro eroismo di quelli islamici estremi.
All’occorrenza gli americani sterminano: cominciarono a farlo in grande in Vietnam, Laos e Cambogia. Ma non sono veri duri. Nel 2013 si sono suicidati 259 militari americani in servizio. Non sono felici: un quarto dei detenuti del mondo sono nelle carceri degli USA (che fanno solo il 5% della popolazione del pianeta). E oltre certi limiti stanno attenti al loro denaro (le imprese irakena e afghana sono loro già costate 6 trilioni di dollari). Le loro installazioni atomiche hanno divorato 40.544 kmq, ma il congegno di gestione dell’Armageddon finale è temerario: per autorizzare un attacco nucleare statunitense sono sufficienti due persone.
Stando così le cose, Obama sta solo bluffando sull’Ucraina. Però non sembra avere la saggezza di dare ascolto al vecchio Henry Kissinger, che da segretario di Stato sapeva essere falco. Kissinger giudicò una scempiaggine circondare di rampe di lancio i confini europei della Russia (la scempiaggine Obama la fa, ma non l’ha avviata lui). E’ che, essendosi volontariamente condannata a caricarsi di un apparato bellico mostruoso, dimensionato sulle evenienze più inverosimili, l’America è stabilmente condizionata a cercare qualche utilizzazione per le sue forze armate. E poiché la creazione artificiale di necessità militari risulta spesso controproducente, Washington ricorre più spesso di prima alle covert operations e alla sobillazione politica.
Ecco nello scacchiere est-europeo il susseguirsi delle Color Revolutions “per amore della libertà” (e del consumismo), tutte suscitate o fomentate da centrali quali la CIA. Hanno portato al potere numerosi fautori dell’allineamento agli USA e alla Nato. La prima di queste rivoluzioni ‘color’ abbatté in Serbia, nel 2000, Slobodan Milosevic (per la verità non uno stinco di santo). Tre anni dopo fu la volta della rivoluzione “delle Rose” in Georgia; nel 2005 quella delle Arance in Kirghisistan (il nome si confonde con quella Arancione, tanto più importante in quanto ha dilaniato l’Ucraina).
Nella logica della nuova Guerra Fredda, tutto ciò è naturale. Ma è una logica canagliesca, sfrontatamente provocatoria. Sembrava che oltre mezzo secolo di distensione Est-Ovest avesse prodotto un gentlemen’s agreement: ciascuna superpotenza non doveva invadere la sfera storica dell’altra. Quindi, p.es. l’antica Urss non doveva seminare mine di sovversione comunista in Messico. Invece Washington, dopo avere satellizzato gli Stati ex socialisti d’Europa e varie repubbliche asiatiche che avevano fatto parte dell’Urss, ha intrapreso la conquista dell’Ucraina, che è culla e madre della nazione russa: quanto meno dal 988, quando Vladimir il santo, ‘gran principe’ sovrano di Kiev, si fece cristiano e presto Kiev si confermò capitale di tutti i principati dell’area russo-meridionale. Vladimir fu canonizzato nel XIII secolo, ma da pagano aveva avuto varie mogli e concubine.
Washington sta semplicemente cercando di sventare il sogno di molti, di una rinascita della Russia dopo le umiliazioni di venticinque anni fa. Non che meritino ammirazione e solidarietà tutti i secoli dell’egemonia russa sugli Slavi. Una delle decisioni più criminali della storia universale fu, nel 1914, l’ordine dello zar Nicola II, plagiato dal ministro degli Esteri Sazonov, di mobilitazione generale contro Vienna e Berlino. Provocò -soprattutto in conbutta col revanscismo del francese Poincaré- due conflitti mondiali concatenati, molte decine di milioni di morti, varie grandi rivoluzioni, un susseguirsi di sismi sociali (e lo sterminio della famiglia imperiale, cominciando da Nicola).
Tuttavia la Russia è troppo centrale alla storia e alla civiltà di due continenti per non avere diritto ad asserirsi di nuovo, a 98 anni dall’avvio della fosca esperienza leninista-stalinista.
Anthony Cobeinsy