Parecchi si meravigliano che l’Ungheria si lasci governare, anche galvanizzare, da un primo ministro Orban che schernisce il politically correct e rifiuta il pensiero unico democratico-buonista. I parecchi dimenticano, intanto, che quel paese, con un passato importante, ha vari conti da regolare col presente. Sconfitto nella Grande Guerra, fu depredato e umiliato dai vincitori tanto quanto l’Austria, la Germania, l’impero ottomano. Il trattato del Trianon gli tolse tre quarti del territorio, due terzi della popolazione. Così i magiari di oggi apprezzano di disporre di una guida forte che promette qualche riscossa.
Gli ungheresi cominciarono a vendicarsi abbattendo dopo due mesi la repubblica bolscevica proclamata da Bela Kun e accettando invece la reggenza autoritaria dell’ammiraglio Horty, che alla fine si fece succedere come reggente da un figlio, Tramortita una seconda volta dall’occupazione sovietica, nel 1956 Budapest si illuse di potersi rivoltare.
Il Viktor Orban che oggi capeggia i magiari sembra incarnare col suo temperamento e il suo credo alcuni tratti fondanti della stirpe. Sono tratti un po’ leggendari: da più di sedici secoli, dalle selvagge scorrerie degli Unni di Attila, si pensa all’Ungheria primitiva come terra di ferocie. Gli Unni mangiavano la carne cruda; a cavallo erano invincibili; le loro efferatezze erano reali, però ingigantite dalla fama terribile. Quando nell’anno di Cristo 453 santa Orsola e le undici monache di un monastero renano furono uccise dai predoni unni nacque la tradizione delle undici mila martiri.
Verso la fine del X secolo, Geza e santo Stefano, due successori di Arpad, il condottiero che aveva conquistato l’Ungheria, mitigarono la barbarie magiara sia convertendosi al cristianesimo, sia trasformando l’orda barbara in una forte nazione guerriera. Del re Bela III si usa dire che era già “egemone dei Balcani”: si era fatto sovrano di terre che ora sono Stati. Suo figlio Andrea II tentò persino di diventare imperatore latino a Costantinopoli. Nel 1308, col giovane re angioino Carlo I si aprì il secolo e mezzo di potenza e prosperità della non più primitiva monarchia ungherese. I suoi sovrani conseguirono nella Cristianità orientale un primato simile a quello dei re di Francia e di Inghilterra in Occidente.
La forza economica della nazione magiara fu accresciuta dal fatto che le sue miniere d’oro erano le più ricche dell’Europa medievale. Quando salì al trono (1342) Luigi il Grande, anch’egli di sangue angioino, il suo regno era potente al punto di realizzare un sistema egemone in Italia, nei Balcani, in Polonia. Già da tempo signoreggiavano nel nord della Bulgaria, in Croazia, Dalmazia, Bosnia e in due principati valacchi.
Col Quattrocento l’Ungheria fu investita dall’avanzata turca e prima di soccombere funzionò da baluardo dell’Europa. Mattia Corvino, re a diciotto anni, si rivelò grande principe del Rinascimento e uno dei conduttori del gioco diplomatico continentale. Era destino che l’Ungheria cadesse agli Asburgo (1699), ma si aprì presto una lunga serie di contrasti e di insurrezioni. Si placarono solo nel 1867 quando l’impero asburgico si trasformò coll’Ausgleich in Austria-Ungheria.
Oggi Viktor Orban regge l’Ungheria con mano forte: come padre-padrone, dicono i suoi nemici. Non gli risparmiano molti altri insulti: populista, nazionalista, reazionario, illiberale, eversore dell’assetto democratico, antisemita e antirom. Invece è semplicemente fatto della tempra dei capi tribali che si impadronirono della Pannonia. Nonché della fibra degli imprenditori e uomini d’affari che dopo l’Ausgleich fecero di Budapest una Chicago danubiana, molto più pulsante e ambiziosa della Vienna che declinava e che nel 1848 aveva dovuto schiacciare varie rivoluzioni coi cannoni.
La figura di Orban si erge orgogliosa come i palazzoni di fine Ottocento della capitale: oggi ancora segnati dal fuoco dei tank sovietici ma fieri. Alcuni degli anatemi contro il capo del governo hanno un fondamento. Però è un fatto che l’Ungheria ha un patrimonio storico e mentale ben al di là di quanto possa vantare una repubblica di dieci milioni. E che Orban incarna gli impulsi di dominio dei magiari di Arpad, di Geza, di Giovanni e Mattia Huniadi. Un giorno Orban cadrà, ma avrà ‘cavalcato, devastato e conquistato’ come i suoi antenati ugrofinnici e turco-iranici. Per questo, più si dice illiberale e più fa seguaci.
A.M.C.