Georges Sorel, una delle menti forti della Francia di inizio Novecento, il teorico del sindacalismo rivoluzionario (Réflexions sur la violence, del 1908) e l’intenso seguace del pensiero anarchico di Proudhon, amò l’Italia come pochissimi stranieri, e in Italia, la sua migliore tribuna, trovò ammiratori e discepoli. Mario Missiroli valorizzò molto la lunga collaborazione del francese al ‘Resto del Carlino’ e curò due raccolte dei suoi scritti.
Il Sorel che avversò il riformismo democratico e il parlamentarismo corruttore, che esaltò l’astensionismo elettorale (“renderebbe accessibile al popolo l’idea della lotta di classe”), non esitò a condividere, in difformità dalla linea del suo governo, le rivendicazioni micro-imperialiste che ci attendevamo appagate dalla vittoria del 1918. Alla conferenza di Versaglia andarono deluse: dagli acquisti sperati in Dalmazia, Anatolia e Africa a un ruolo nella tolda-comando della grande diplomazia. Sorel condivise la convinzione che le potenze borghesi contrastassero l’Italia perché era la Grande Proletaria.
Le quattro righe finali del suo ultimo scritto, vero testamento politico-sociale, steso nel 1920 prima d’essere fiaccato nel fisico (morì nel 1922), dicevano: “Molte ragioni mi hanno condotto a concludere: quello che un hegeliano chiamerebbe il Weltgeist (lo spirito o genio del mondo-NdR) spetta oggi all’Italia. Grazie all’Italia la luce dei tempi nuovi non si spegnerà”. Comprensibilmente la rivista “Nuova Antologia”, nel pubblicare nel 1928 queste ultime meditazioni del Nostro, precisò che lo scrittore francese “assegnò all’Italia del dopoguerra il primato intellettuale e politico in Europa (…) La Francia non lo possiede più”.
E’ passato quasi intero un secolo e si fa perforante l’interrogativo se Sorel ci assegnerebbe ancora la gloria d’essere il Weltgeist; o non piuttosto l’abominio di rappresentare il Weltschmerz (Schmerz= il dolore, l’afflizione). E’ vero, tutte le stirpi e tutte le ere hanno sofferto di mali gravi. Ma resisterebbe oggi l’amore per noi del profeta della rigenerazione spirituale in politica se nel silenzioso pensatoio di Boulogne-sur-Seine arrivassero le notizie della nostra Terza repubblica, nata malata da una madre, la Seconda, deceduta nel travaglio di partorire? L’uomo che tutta la vita disdegnò la rivoluzione se non era concepita per far trionfare gli afflati etici, che penserebbe oggi di noi?
Siamo un milieu (a Marsiglia: malavita) che ancora sembra permettere a un vecchio e vizioso ex-visir, più volte condannato dai tribunali, di farneticare un proprio futuro come capo dello Stato, quanto meno come kingmaker. Siamo un contesto che ancora venera un antico stalinista fattosi atlantista, e a lui e successori riserva una reggia sfarzosa, allorquando tutti i bilanci di spesa vengono tagliati, compresi i capitoli sacri come le refezioni ai bambini poveri, la bonifica dall’amianto assassino, la difesa dell’ambiente dai rischi estremi.
La nazione che Georges Sorel idealizzava quando nostri uomini come Pareto, Prezzolini e Papini gridavano il loro furore contro la borghesia trasformista e rinunciataria, ha oggi 41 o più politici di medio livello in carcere per furto; parecchi altri prominenti dovrebbero essere detenuti invece di continuare a imperversare. Taciamo sui delitti finanziari dei colletti bianchi, però constatiamo che quasi tutti i governatori di regione eletti nel 2010 sono stati costretti o indotti a dimettersi. Non pochi personaggi che ci derubavano hanno patteggiato pene non insignificanti, dopo essersi dichiarati superbamente estranei ai fatti delittuosi.
Non uno dei tentativi risanatori di un dinamico premier finora ritenuto irresistibile ha avuto successo pieno. Non sono sparite nè le province, né il ramo più superfluo di un parlamento deteriore. Non vengono assaliti i privilegi spregevoli, i superstipendi, i vitalizi canaglieschi. Sono ancora al palo, cioè passibili di fallimento, le riforme che dovrebbero scongiurare il declino e il disonore.
Georges Sorel non poteva sapere che la Grande Proletaria sarebbe diventata riccastra, metastatizzata dalla corruzione e dall’ingiustizia, sempre meno capace di mondarsi. Dall’Aldilà dei giusti dove si trova, egli vede sgomento le nequizie dell’ex-Weltgeist. Forse non ci ritiene più né il lievito né il sale del mondo. Forse vagheggia oggi un’etnia diversa, in un’altra terra. Forse in un altro pianeta.
A.M.C.