ACCOGLIENZA INTEGRAZIONE MELTING POT E ALTRE MENZOGNE

Questo avere inflitto alle periferie proletarie la sventura degli insediamenti indesiderati -migranti più o meno clandestini, zingari ed altro- è stato un misfatto grave dei radical chic, tutti domiciliati bene, comunque lontano dalle trincee dell’accoglienza coatta.

L’integrazione è una chimera, da sempre. Lo dimostrano, a dir poco, gli ultimi due secoli. Ma forse che due millenni fa la gente della Suburra romana, specie se venuta dalle colonie, era gradita nei quartieri dei patrizi, dei cavalieri e dei liberti ben messi? Sul pianeta intero non c’è un solo rione benestante dove i pezzenti non lavati e le pelli scure siano graditi. Ciò vale naturalmente anche per i quartieri ‘buoni’ dei paesi che esportano disperati. I prosperi di Lagos e di Dakar -non solo i ricchi, anche i professionisti, impiegati e domestici dei ricchi- non vogliono abitare accanto ai miserabili; a maggior ragione quando gli ultimi assoluti debbano/vogliano campare di reati o di elemosine. Meno che mai si integrano i quartieri degli USA: che il Presidente sia un po’ afro conta zero.

Gli umanitari a carico altrui, quando non mentono e quando non impongono ai connazionali poveri gli obblighi di convivenza cui essi si sottraggono; quando cioè non sono farabutti, dicono perfette stupidaggini. Ecco la cruda verità: l’integrazione razziale e sociale non ci sarà mai, e non ci sarà mai accoglienza spontanea su scala significativa. Le periferie, le semi-periferie, i semi-centri così come i centri storici rifiuteranno sempre gli insediamenti dei poveri e degli etnicamente diversi. Questo dicono sia le banlieus e le favelas, sia i faubourgs e tutti i quartieri normali del mondo.

Un paio d’anni fa G.A.Stella, un giornalista cesareo  incoronato di successi, additò esultante la soluzione di un problema intrattabile: non segregare gli immigrati nelle periferie ma “sparpagliare, sparpagliare!”. Mai fu detta una sciocchezza più grossa: come se, gli immigrati non avendo di che stabilirsi negli indirizzi buoni, il potere potesse e volesse sostituirsi col denaro del contribuente. Ovviamente Stella è l’opposto del cretino, dunque è certo che la pensata dello sparpaglio l’avesse avuto in un episodio di euforia etilica. “Sparpagliare” implicava sistemare i migranti, non nelle case da mille euro/mq, bensì in quelle che valgono dal quadruplo in su.

Le risorse per sparpagliare non esistono. Esiste la possibilità teorica di requisire (=confiscare) le case dei quartieri buoni. Peccato che occorra quella rivoluzione bolscevica d’Ottobre che il noto giornalista non desidera affatto (anche per non trovarsi condomino dei burkinafasesi). Oltre a tutto se i contribuenti si quotassero per comprare a livello decoroso a favore degli ospiti non invitati, i proprietari che vendessero sarebbero perseguitati, forse linciati dai vicini.

Dunque per i migranti non ci sono state che le periferie miserabili. Questa canagliata del buonismo sui locali proletari viene praticata in tutto il mondo. A Tor Sapienza si contano quattro centri d’accoglienza, più un campo nomadi. Però le vendette dei residenti renderanno sempre più arduo insediare gli indesiderati, e col tempo si faranno efferate.

Per alloggiare gli immigrati senza un soldo l’alternativa è una sola: campi di baracche, se necessario di tende, ma non nelle adiacenze delle città bensì lontano, nelle aree meno abitate possibile. Al limite, sulle pendici montane che non abbiano un valore turistico. Questo non potrà che azzerare le fandonie sull’integrazione. Gli ospiti non potranno procurarsi un reddito; andranno mantenuti a termine indefinito, a spartani livelli di sopravvivenza. I loro bambini dovranno contentarsi dei corsi offerti nei campi dal volontariato, ossia dalla carità pubblica. Questa è una prospettiva realistica. Il resto è retorica, mito, menzogna.

Le anime belle troveranno infami i campi di raccolta, perché ignoreranno o fingeranno di ignorare molti fatti della realtà. In una recente, larga intervista Carlo De Benedetti, tycoon progressista numero Uno, ha descritto come la Svizzera durante la guerra ospitava gli ebrei ricchi come lui: “Campi di concentramento, docce con acqua  fredda anche d’inverno, per asciugarsi solo la paglia su cui dormivamo”. Gli ebrei non ricchi venivano respinti oltre frontiera.

Le anime belle ignoreranno, o fingeranno di ignorare, che alla fine della Guerra civile spagnola, ai fuggiaschi della repubblica annientata la Francia, che era stata alleata e che ancora simpatizzava, offrì all’inizio solo recinti di filo spinato, senza baracche né tende. A migliaia morirono di malattie. Per non parlare dei campi di prigionia americani in  Germania: all’aperto. Il bonario comandante supremo Dwight Eisenhower ordinò che i militari germanici espiassero, in barba alle convenzioni internazionali. Anche i molti che erano innocenti delle ferocie naziste.

Al di là delle finzioni e delle menzogne va finalmente detto chiaro che le ondate di immigrati non dovranno attendersi più che i campi di raccolta permanenti. Gli ardimentosi ne usciranno e forse troveranno di meglio. Ma saranno pochi. Meglio non venire, specie se i paesi cui i miserabili aspirano, oltre a chiudere le frontiere, decideranno di aiutarli sul serio in patria: col sacrificio fiscale di tutti, non dei soli cittadini di periferia. Aiutare i miseri del terzo e quarto mondo perché non partano, dissennati eroi della disperazione.

A.M.C.