LAMBERTINI E BERGOGLIO, PAPI INSOLITI E SENZA CONSEGUENZE

“Se volete un buon culo pigliate me”. Lo storico Stuart J.Woolf dà per attendibile (p.103, vol.III della manumentale Storia d’Italia dal primo Settecento all’Unità, Torino, Einaudi,1973) la bizzarra, dichiarazione attribuita al card.Prospero Lambertini, arcivescovo di Bologna, al conclave che lo elesse papa Benedetto XIV. Woolf precisa che questo pontefice regnò a lungo (1740-58) in spirito conciliativo nei confronti dell’aspra aggressione dell’Illuminismo. “Si attirò l’ambiguo plauso dei protestanti inglesi e dei philosophes francesi. Aveva modi sinceri, mente aperta, curiosità per le idee degli scrittori avversari, da Fontanelle a Voltaire”. Con quest’ultimo ebbe un carteggio, ricavandone la dedica del volterriano Maometto. Sappiamo che era arguto e sbrigativo: di qui la sconcertante proposta ai cardinali.

Sotto il terzultimo Benedetto Roma parve tornare ad essere un polo intellettuale e “fiorirono le speranze di riforma interna della Chiesa: lotta al bigottismo, una dottrina più pura, spazio ai principi giansenisti, contrasto all’integrismo dei gesuiti” . I gesuiti, scrisse esagerando Bernardo Tanucci, primo ministro a Napoli, “sono il canchero del genere umano”). Il nuovo corso vaticano fu fermato dal successore di Lambertini, Clemente XIII, ma l’Europa dei lumi reagì: i sovrani di Portogallo, Francia e Spagna espulsero la Compagnia di Gesù. Nei territori asburgici il Reformkatholicismus approfondì le radici, lo stesso avvenne in quelli soggetti ai Borboni. Per l’anticlericale principe Domenico Caracciolo, altro primo ministro del regno di Napoli, occorreva “ridurre la canaglia fratesca e la tirannia della Curia; in più far pagare ai prelati”.

Forse è possibile stabilire somiglianze e parallelismi tra papa Lambertini e il suo successore gesuita di 27 decenni dopo. Entrambi spregiudicati, aperti alle novità e agli esperimenti,  accomunati dalla modestia dei risultati finali. Benedetto XIV non operò la svolta che era logico attendere. Qualcuno lo ricorda solo come canonista, autore del De Canonizatione Sanctorum, laddove la  moltiplicazione dei Santi non fa onore alla Chiesa. E sappiamo che Clemente XIII ripristinò una continuità con la tradizione che l’antico cardinale di Bologna aveva accettato di discutere alquanto. Serviranno due secoli perchè l’avvento di Giovanni XXIII accenda speranze, peraltro rivelatesi effimere. E occorse un altro mezzo secolo perchè nella primavera 2013 apparisse un fatto tellurico, un’apparente cesura con due millenni.

Il regno di Lambertini fu lungo e senza scosse forti. Quello di Jorge Maria Bergoglio appare programmato perché le acque profonde della Chiesa, anzi della Cristianità, restino immote quali che siano i venti perturbatori della superficie. Per la prima volta nei secoli della modernità l’Argentino era apparso un autentico rivoluzionario. Per la prima volta il papa romano si era configurato come un possibile Mosé, maestro e guida dell’intero ecumene un tempo cristiano, oggi soprattutto laico, cioè sopraffatto da una secolarizzazione implacabile.

Se Francesco avesse proposto all’Occidente un Grande Disegno, un Progetto concreto di palingenesi sia pure sommessa e realista, l’Occidente avrebbe riflettuto, discusso, magari rifiutato ma metabolizzato. Invece non c’è stato Progetto. Ci sono stati, come succede di frequente, Cento Giorni di gesti accattivanti, però innocui; alcuni cambi della guardia in Vaticano; taluni comportamenti innovativi. Poi il mondo, come l’Occidente, è passato ad altro. Non si parla più di rivoluzione di un Bergoglio/Mosé capace di guidare l’Occidente verso una terra più amica dello Spirito. Si parla di un papato come gli altri, qua e là aggiornato q.b.

L’ascesa di papa Lambertini fu un normale avvicendamento. Quella di Bergoglio apparve un cataclisma: che non c’è stato, e difficilmente ci sarà. La Chiesa di Bergoglio è, mutatis mutandis, quella di Prospero Lambertini: prevalenza di innocenti devozioni al Cuore Immacolato di Maria. Una differenza è nel dilagare del Tv-Evangelism, inevitabilmente indirizzato ai soli  anziani illetterati. Eppure oggi le masse leggono, viaggiano, orecchiano la cultura, anelano persino al numinoso ‘tangibile’ evocato da Eugenio Montale. Le devozioni mariane, ai grandi numeri come ai pochi, dicono il nulla.

l’Ussita