UN REPERTO DI TEMPI MENO LADRI

A rileggere un autore che scrive mezzo secolo fa (Panfilo Gentile, Polemica contro il mio tempo, Volpe ed.,1965)  la nostra politica apparirebbe -allora- popolata e gestita da una stirpe di professionisti rispettabili. Oligarchici sì, invadenti sì, abbastanza discutibili sì, ma ladri come i politici d’oggi no. Su 183 pagine del libro il furto, il saccheggio del denaro pubblico, la disaffezione dei cittadini vengono menzionati con discrezione; quasi non esistano o siano marginali. Nulla che faccia presagire l’odio implacabile che oggi si rovescia sulla Malarepubblica e sui suoi gerarchi/capicosca. Questi ultimi erano Proci anche allora, ma invece di gozzovigliare sulle greggi di Ulisse (=Ulisse è il popolo dello Stivale) sembravano, a stare a Panfilo Gentile, contentarsi di spuntini; di snack gestionali. Addirittura il Nostro trova modo di invocare più rispetto per “l’arduo impegno” dei nostri parlamentari.

Peraltro il libro non manca di proporre ragionamenti giudiziosi, anche se pedestri: “Dal principio della sovranità popolare come unica fonte legittima del potere si deducono molte altre idee accessorie. Date le difficoltà della democrazia diretta  la sovranità popolare richiedeuna serie di organi costituzionali, cioè il parlamento e il governo. Premessi questi elementari e anche banali richiami dottrinari, domandiamoci se dopo la caduta del fascismo questi principi sono stati onorati. I nostri uomini consolari, avvolti nella toga repubblicana, si esibiscono ogni giorno come campioni di libertà e democrazia: nonostante gran parte dell’opinione pubblica, non corrottasi respirando l’aria viziata dei partiti, ritiene che in Italia la democrazia sia una finestra dipinta (…) Fin qui i partiti sono stati tollerati, senza che contro di essi si sia accanita una polemica così acrimoniosa come quella che li investe oggi (…) L’interferenza dei partiti degrada il parlamento a semplice camera di registrazione. Per i gerarchi dei partiti è vera la risposta data da Chateaubriand a chi gli domandava se per avere successo nella vita pubblica fossero necessarie molte qualità. La risposta: “Non occorrono qualità, occorre piuttosto saperle perdere”.

Ancora Panfilo Gentile. “Di recente il sottogoverno è diventato più temibile perché meno scrupoloso è l’esercizio del potere da parte degli oligarchi. Una volta il denaro pubblico nessuno osava toccarlo. Oggi si attingono miliardi alle casse pubbliche”.

J.J.J.