Il giorno dopo l’apoteosi del 25 maggio non sarebbe il momento per chiederci che lavoro farà il Capo del governo dopo che l’ala parruccona, dalemiana/finocchiariana, del suo partito lo abbatterà col solo fatto di nanizzare le grandi riforme. Però chiediamoci lo stesso: finirà nel nulla, come un semplice Goria Monti Casini, dopo avere giganteggiato per una sola primavera-estate?
Forse no, se agli stivalioti disperati era apparso un dono degli Dei. D’altronde fare opposizione rancorosa, vendicarsi alla men peggio, come magari medita Enrico Letta, delle Salme storiche guidate da Bersani, Rodotà e Camusso, non sarebbe degno di Renzi. Capeggiare un 25 aprile “portoghese”, un golpe di ufficiali giustizialisti -come gli propose Internauta giorni fa- lo spaventerà. Troppo irriguardoso verso le Istituzioni.
Gli proponiamo un’ardita prospettiva di combattimento: fare il rottamatore molto molto lontano da qui. Qui è proprio difficile. Noi fervidi calvinisti siamo troppo affezionati alla legalità, come il popolano britannico lo è alla Royal Befana. Siamo ammaliati dalla Più Bella, idealmente scritta da Napolitano su libretto del pagliaccio Benigni. Renzi cerchi fortuna altrove sul pianeta, al riparo da noi spietati fondamentalisti del diritto. La Mongolia (nome ufficiale Bugd Najramdab Mongol Ard Uls) è a sufficienza lontana? Ha nostalgia di un condottiero straordinariamente in gamba, che ritrovi le glorie di Gengis Khan (m.1227) e di Timur/Tamerlano (m.1405)? Se sì, Renzi provi la Mongolia.
A questo punto gli ricordiamo la vicenda di un non mongolo, il barone Roman Ungern von Sternberg, che poco meno di un secolo fa si fece signore di quel paese, in un sogno di gloria degno di Alessandro il Macedone, anzi meglio. Ungern Khan fu lo sfortunato emulo dei sommi Gengis e Timur. Era un militare zarista, di antica stirpe tedesco-ungarica, cresciuto a Tallin (Estonia). Eroe cavalleggero nella Grande Guerra, prese una sciabolata in Galizia; gli uccisero la moglie. Dopo la Rivoluzione menscevica di febbraio fu mandato nell’Estremo Oriente russo, dove acquistò fama di sanguinario e si fece affascinare dalla vita dei nomadi mongoli e buriati. Prese a sentirsi asiatico, tentò di creare una monarchia lamaista in Mongolia e a est del lago Baikal. Non fece la strada degli altri controrivoluzionari Bianchi (Wrangel, Kolciak, Kornilov, Denikin) che come lui combattevano i bolscevichi. Invece si fece aiutare dai nipponici che nell’Estremo Oriente russo volevano creare uno Stato fantoccio.
Nel 1920 Ungern è anche uno dei signori della guerra che agiscono nel contesto cinese; tenta di restaurare la passata dinastia Qing. Arriva a dominare con un esercito di avventurieri l’immenso paese dei Mongoli. Progetta di guidare una grandiosa cavalcata asiatica per punire l’Occidente fatto marcio dalla modernità, oltre che degli altri suoi vizi. Prova a strappare il Tibet alla Cina. Il Dalai Lama lo consacra reincarnazione di Gengis Khan.
La fine di Ungern arriva nell’agosto 1921. Ospite di un predone calmucco, viene tradito e consegnato alle truppe del futuro maresciallo Bljucher, che nelle purghe del 1938 sarà torturato e ucciso da Stalin. Bljucher non riesce a convincerlo a passare nei ranghi sovietici. Prima d’essere fucilato Ungern Khan compie l’ultima prodezza: ingoia la sua medaglia di San Giorgio, perché non cada in mani bolsceviche.
Coll’occasione ricordiamo che nei territori russi conquistati dai giapponesi sorse in quegli anni un’effimera Repubblica Ucraina (!), parte lontanissima della Stato creato a Kiev dagli occupatori austro germanici.
Perchè abbiamo raccontato questo personaggio, che come un po’ magiaro si credeva discendente di Attila e che rinnegò il retaggio baltico-germanico in quanto posseduto di dottrine messianiche e di tantrismo? Per ricordare al Condottiero fiorentino, nell’ora del trionfo, che se la volubile Fortuna lo tradirà a beneficio dei passatisti che avevano mummificato il Pd, Egli potrà risorgere in un contesto barbaro e grandioso quale l’Impero mongolo, breve ma il più vasto della storia. Renzi è un personaggio come lo fu Roman Ungern von Sternberg, l’uomo-mito che eccitò la fantasia di Julius Evola, vivido pensatore esoterico e spiritualista, teorico di razzismo e di alchimia.
Come Renzi, il Barone Nero fu anche un fattivo riformatore: nella sua capitale Ulan Bator portò elettricità, telefono, un giornale e più di un ambulatorio medico senza sciamani.
Porfirio