PAPA BERGOGLIO HA GIA’ MOLLATO?

Secondo la storia ufficiale sono due i pontefici che rinunciarono alla tiara, Celestino V e Benedetto XVI. Ma non è assurdo sostenere che ce n’è un terzo, il cui “gran rifiuto”, come lo chiamò Dante, ha natura diversa: Jorge Mario Bergoglio. Non si è dimesso, Francesco; al contrario. Regna vigoroso, alla sua maniera che è alquanto dissimile da quella tradizionale. Rimaneggia e corregge la Curia, verosimilmente in armonia coi propri principii e col nerbo di un grande esponente della Compagnia di Gesù. Ha fatto un’infornata di cardinali, mettendo fine alla millenaria, esiziale pratica di privilegiare gli italiani. Detta la linea su più di un terreno circoscritto, senza emettere un eccesso di comunicati e di proclami.

E tuttavia, forse Francesco ha già fatto la scelta grossa: quella di non essere il papa rivoluzionario che in molti ci attendevamo e dovremo ricominciare ad attendere. Forse ha già definito le sapienti linee che si era prefisso ai fini di una storica operazione simbolica (definirla “di immagine” sarebbe ingeneroso, in ogni caso riduttivo).

A rischio d’essere duramente e presto smentiti da fatti magari già in gestazione, azzardiamo che Francesco le sue innovazioni maggiori le ha già fatte, e d’ora in poi applicherà le conseguenze di principi già annunciati. D’ora in poi, nihil novi. Lo sviluppo della grande svolta cattolica spetterà a uno o più successori.

Forse il pontefice non raccoglierà la sfida postagli il giorno dell’elezione dai primordi del Terzo Millennio cristiano. La sfida di aggiungere al ruolo di capo dei cattolici quello di Maestro e guida dell’Occidente, e quasi del pianeta intero. La sfida di smentire i luttuosi vaticinii spengleriani del Der Untergang des Abendlandes (Tramonto dell’Occidente). L’Occidente può restare nucleo centrale dell’umanità. In un’era fatta orfana dei valori antichi e cattiva generatrice di ideali nuovi, il papa che aveva esordito coi gesti e le testimonianze di Francesco aveva il potenziale di conquistare le menti dei popoli: purché  compisse concreti atti straordinari, tellurici, che lo avrebbero collocato al di sopra di tutti gli Obama della Terra.

Se avesse spostato ben in avanti la frontiera da raggiungere. Se avesse insegnato modi nuovi di invocare il Dio ignoto. Se invece di ripetere le giaculatorie della consuetudine; se invece di recitare gli appelli di tutti i prelati sull’amore, su Maria, su una condivisione della ricchezza che quasi nessun ricco accetta; se avesse posato per meno foto da PR, liberato in volo meno colombe bianche,  indossato meno copricapi policromi; se avesse trasferito il vertice cattolico dal Vaticano a un monastero di montagna; se avesse venduto e destinato ai poveri le opere d’arte, i palazzi e le banche di Pietro; se avesse abolito i cardinali, visto che i discepoli del Figlio di un falegname erano pescatori, non dignitari vestiti di seta e scortati dai motociclisti; se avesse scacciato gli ambasciatori in feluca e richiamato i nunzi apostolici; se avesse fatto altre cose scardinatrici e intense, i popoli galvanizzati lo avrebbero sentito come il padre autorevole e buono di tutti,  il pastore che il mondo non ha, degno di insegnare ai potenti come alle masse.

Insegnare magari anche le cose che la Chiesa asserisce ogni giorno, fatte però credibili e trascinanti da opere già compiute. Insegnare il ripudio del materialismo, del consumismo, dell’idolatria del benessere edonista, della crescita ad ogni costo. Insegnare il dovere di sentirci fratelli, oltre che dell’uomo, anche della Terra.

Francesco ha articolato esortazioni, non compiuto azioni. Teoricamente, potrà agire in prosieguo. Però è difficile; il buon giorno si vede dal mattino. I primi dodici mesi sul Soglio rischiano d’essere archiviati come l’anno delle commissioni di studio e delle consulenze, ha scritto un giornale. Altre erano le promesse, altre le attese. Bergoglio ha sì ingentilito la facies del papato e ritoccato alcune forme, agendo però nella continuità, da 266esimo pontefice.

Potrà scatenarsi in futuro, ma va verso i 78 anni, non ha molto tempo. Forse il papa rivoluzionario, cioè Imperator  spirituale e bonificatore del mondo, dovrà avere quarant’anni. Quarant’anni aveva il Maometto che sotto la dettatura di Dio scrisse il Corano e lanciò una civiltà e un ecumene. Quarant’anni dovrà forse avere il pontefice che voglia farsi miglioratore dei cristiani, pastore di molte genti, rinnovatore tempestoso.

Forse dovrà essere anche messianico estremo, come Friedrich Hoelderlin sommo lirico, che  nel 1802 rimpatriò in Svevia da Bordeaux, a piedi, sognando il ritorno dei numi antichi che facessero della Germania la nuova Grecia cristiana. Nella sua follia era logico: per Hoelderlin la modernità, che in terra tedesca si annunciava aurorale e grandiosa, nasceva nell’Ellade.

l’Ussita