MATTEO RENZI SARA’ IL SUAREZ ITALIANO?

Se al dinamico Fiorentino (precisiamo: del gennaio 2014) le cose continueranno a riuscirgli, il destino potrà portarlo a grandi cose. Per esempio a diventare l’Adolfo Suarez dello Stivale. Se i più giovani chiederanno “Suarez chi?” sbaglieranno.

Suarez non fu un titano, ma tra il 1976 e l’81 fu il più brillante tra i politici iberici, alcuni dei quali molto più autorevoli di lui. Morto Francisco Franco c’era il Regime da smantellare, e Suarez fu alla testa dell’opera. Fu l’artefice principale della Transicion alla democrazia (diverso, da fare a parte, il discorso se la democrazia importata, di matrice italiana, è oppure no il meglio che poteva capitare agli spagnoli).

Scomparso Franco, nessuno tra i suoi Grandi, cominciando da Manuel Fraga Iribarne, riuscì a imporsi per il ruolo di capo dell’esecutivo. Per qualche mese il presidente del Governo Arias Navarro, fedelissimo del Caudillo, provò a gestire un suo passaggio a una democrazia semifranchista. Poi il re giovane Juan Carlos, sempre più deciso ad allineare la politica spagnola a quelle dell’Occidente e forte dell’appoggio dell’opinione pubblica, licenziò Arias Navarro. A Fraga Iribarne e agli altri aspiranti diadochi preferì un Suarez, suo coetaneo e amico ma ai più sconosciuto. “Tiene caracter” spiegò ai confidenti il sovrano fresco di vernice. Sembra chiaro che anche Matteo Renzi tiene caracter.

In un contesto ancora condizionato dalla tragedia della Guerra civile, Suarez aveva una carta importante, era centrista, quanto ci voleva per facilitare la riconciliazione tra le estreme che nel 1936 si erano contrapposte crudelmente. In più era giovane, garantiva discontinuità. Sapeva piacere, prima di tutto al Re (in privato gli dava del tu); aveva radici cattoliche; appariva capace di decisioni rapide; non era inceppato da ideologie. Tratti che ricordano Renzi o no?

Suarez non fu una meteora: un quinquennio al potere. In una lunga prima fase riuscì in quasi tutte le opere che gli competevano. Occorreva convertire alla libertà i duri del franchismo,  ne fu capace anche perché era stato alto gerarca franchista (prima direttore della radio-televisione, poi ministro del Movimiento). Occorreva ammansire quei guerrieri dell’antifascismo che credevano arrivata l’ora della vendetta: Suarez addomesticò anche loro. Così in breve tempo si innalzò l’edificio parlamentare e partitico, con una Costituzione (1978) che codificava un assetto all’italiana (anche quanto a corruzione dei politici e dei potenti: oggi c’è persino un’Infanta sotto processo) però più stabile. Successi spettacolari, altro che Suarez chi?

Tuttavia: poco dopo aver vinto le elezioni  generali del 1979, la stella del presidente Suarez tramontò altrettanto velocemente quanto era ascesa. Naturale usura del potere e, più ancora, le “limitaciones” dell’uomo. Come insiste lo storico Javier Tusell, egli “non poteva stare all’altezza della cultura e dell’intelligenza di un Fraga Iribarne”, come di altri personaggi che liberalizzarono il regime vivo il Caudillo. Suarez si dimise improvvisamente il 29 gennaio 1981. Gli succedette Leopoldo Calvo Sotelo, figlio di un fratello del “Protomàrtir de la Guerra civil”. I generali si sollevarono cinque giorni dopo l’assassinio di José Calvo Sotelo ad opera non del solito anarchico, ma di una squadra di poliziotti sinistristi della Repubblica.

Come la maggior parte dei primi ministri dei Borboni, Suarez fu fatto duca e Grande di Spagna (il suo successore, per brevità della carica ed esilità dei meriti, divenne solo marchese; marchese come Arias Navarro e come Joaquin Rodrigo, lo struggente, inimitabile musicista cieco). Alla fine, anno 2003, la fortuna voltò le spalle a Suarez: Alzheimer.

Le notizie qui alla svelta riferite danno un’idea delle somiglianze tra il Renzi degli esordi fulminanti e Suarez.  Se il Fiorentino farà tesoro degli insegnamenti del Nostro, Fortuna permettendo ascenderà come lui. Quasi inevitabilmente, anche tramonterà.

Anthony Cobeinsy