Sul Corriere della Sera del 19 febbraio 2014 (p.47) appare il testo di Sergio Romano “AGENZIA DI RATING NELL’UNIONE Le perplessità di Bruxelles” in risposta a una lettrice sul rinvio al 2016 della discussione su un’agenzia di rating europea. Premesso che condivido la documentata, saggia e corretta risposta data alla lettrice che lo interrogava, vorrei fare alcune osservazioni.
Le agenzie di rating che “dominano in questo momento il mercato” NON HANNO “un gran numero di economisti e ricercatori in grado di leggere e verificare attentamente i bilanci degli Stati e di migliaia di aziende” ma evidentemente – a giudicare dalla qualità dei loro giudizi e dalle conseguenze del loro operato sui risparmi investiti dalle famiglie – possono contare su un personale forse numeroso ma sicuramente poco informato e inesperto, sebbene indubbiamente devoto alle ragioni dei proprietari delle suddette agenzie di valutazione che fanno capo ai più potenti gruppi che dominano la finanza mondiale.
A questa devozione, unita a disinformazione, va forse attribuito il giudizio sui titoli italiani del debito pubblico, che mette in dubbio la capacità dello Stato italiano di far fronte ai propri impegni. Quando mai tale impegno è venuto meno?
In economia vigono due regole:
1) possiamo ipotizzare che accada soltanto ciò che è già accaduto,
2) il futuro non è prevedibile, e per questo mai previsioni economiche di una certa rilevanza si sono verificate.
Gli economisti dovrebbero smetterla di fare previsioni che puntualmente non si realizzano e dovrebbero invece proporre misure di politica economica che creino un clima favorevole all’occupazione, e quindi alla crescita della domanda aggregata, unico pilastro sul quale si reggono le sorti di tutti i sistemi economici contemporanei.
Questa semplice verità, che è sotto gli occhio di tutti, è oggi ignorata e forse non inspiegabilmente …
L’operato di queste tre agenzie di rating non causerebbe i danni che provoca sull’economia di coloro (e sono di solito le famiglie, i piccoli e grandi risparmiatori) che incautamente si avvicinano ai mercati finanziari senza essere degli “insider traders” (e perciò passibili dell’accusa di “insider trading” o aggiotaggio, turbativa dei mercati prevista dall’art.501 del Codice penale italiano e punita come attività criminosa) se non avvenisse una capillare diffusione delle notizie da esse emanate attraverso organi di stampa, radio e televisione.
Sembra paradossale che tale diffusione avvenga senza oneri per le agenzie di rating, il cui potere di convincimento è proprio commisurato alla conoscenza e influenza di quelli che sono proposti come “fatti” mentre si tratta in realtà di illazioni, deduzioni, talvolta addirittura di invenzioni, ma di grande utilità se credute fondate e perciò divenute miracolosamente vere dopo essere state enunciate.
Vi è infatti una sola LEGGE ECONOMICA, che i manipolatori del mercato conoscono sin troppo bene e della quale non si dimenticano mai, neppure per un istante:
CIO’ CHE E’ CREDUTO VERO DIVENTA VERO SE CI SI COMPORTA DI CONSEGUENZA.
Non è quindi l’esistenza delle agenzie di rating a provocare un danno ai cittadini italiani e non soltanto, ma lo è invece sicuramente la diffusione (capillare e reiterata ad ogni pié sospinto anche nella miriade degli inutili dibattiti dai quali siamo quotidianamente afflitti) delle notizie divulgate ad arte da tali istituzioni.
Perché mai dunque si dovrebbe dare vita a una agenzia di valutazione europea che – oltre ad essere sicuramente costosa come tutte le istituzioni che siamo andati creando negli ultimi decenni per sistemare i “clientes” dei vari potentati non soltanto italiani – potrebbe essere facilmente asservita agli interessi di qualcuno?
Si dovrebbe invece operare altrimenti: NON DIVULGANDO i giudizi delle agenzie di rating, dato che essi si sono rivelati dannosi perché distorti, mendaci e comunque inutili o errati.
Sta quindi a quelli che vorremmo fossero davvero mezzi di informazione – e non di disinformazione, strumenti asserviti a interessi economici che ci sono estranei – ignorare l’esistenza delle agenzie di rating e dei loro giudizi, creando così una cortina di silenzio che isolerebbe e proteggerebbe i risparmiatori, annullando, e così opportunamente vanificando, l’influenza di chi vuole indirizzare le scelte economiche degli inermi cittadini a proprio esclusivo vantaggio e a danno delle famiglie e delle imprese italiane.
Non stare al gioco di chi impunemente si serve della cassa di risonanza di radio, televisione e stampa, per non parlare di internet, per raggiungere i propri fini e fare i propri esclusivi interessi, potrebbe essere un segnale – di cui per ora purtroppo non vi è traccia – di vera maturità nella gestione dell’INFORMAZIONE nel nostro Paese.
In proposito non sarebbe male rileggere (o leggere, se ancora non lo si è fatto) un aureo libretto del giurista Vincenzo Zeno Zencovich intitolato “Alcune ragioni per sopprimere la libertà di stampa” uscito nel 1995 …
Gianni Fodella
docente di Politica economica internazionale presso l’Università degli Studi di Milano
gianni.fodella@unimi.it