La saggezza convenzionale vuole la missione della Chiesa esclusivamente spirituale, resa più ardua -in pratica impossibile- in quanto si rivolga all’intero pianeta. In realtà si tratta di un assioma velleitario, altrettanto dubbio quanto il proselitismo dei missionari. Eroici come tanto spesso sono stati, essi hanno potuto quasi nulla, inevitabilmente, contro la miseria e la prostrazione delle popolazioni primitive. La stessa esperienza o ricerca di Dio, che i missionari si impongono di propagare, esige tanto sviluppo umano da non essere realmente vissuta dai niseri. Dei quali ultimi si sarebbero dovuti rispettare maggiormente i semplici credi ‘pagani’.
E’ giusto chiederci: il gigantesco potenziale delle Chiese cristiane, in primis di quella cattolica, non sarebbe realizzato meglio attraverso progetti, imprese e impegni terreni piuttosto che celesti, impegni più promettenti proprio in quanto meno sublimi? Forse che l’umile carità materiale del Buon Samaritano non fu più vicina al Cristo della sete di divino dei grandi mistici? Forse che salvare i miserabili dai pirati e dai flutti mediterranei non varrebbe più che far colpo (nella tradizione della Societas Jesus) sui tenori del laicismo e granduchi mediatici quali Eugenio Scalfari?
Bergoglio diverrebbe un eroe planetario se avviasse immediatamengte forme nuove di lotta alla follia dell’emigrazione di massa. Se, prima ancora di strappare la Chiesa al tragico errore di parteggiare per l’esplosione demografica -questa impresa vorrà più tempo- egli si mettesse alla testa di una mobilitazione generale contro i micidiali “viaggi della speranza” nel Mediterraneo. Il mondo seguirebbe -governanti, opinion leaders, filantropi (esistono: Bill Gates sembra avere già elargito una trentina di miliardi di dollari), gente semplice che doni 10 euro- se il Papa facesse sorgere nel deserto dell’Africa sahariana una serie di comunità, attrezzate e protette, cui far affluire risorse e volontari dal mondo intero. Non si distoglierebbero molti disperati dall’intraprendere quelle traversate di mare che ai fortunati offrono poco più che la mendicità?
Finché volessero restare, gli ospitati riceverebbero vitto, alloggio, assistenza medica, scuola, un piccolo sussidio, l’eventuale rimpatrio. Le persone in possesso di un mestiere o sapere sarebbero aiutate ad avviare piccole attività e ad esportare nel mondo p.es. loro prodotti artigianali. I governi, le corporations, i donatori individuali o associati non preferirebbero contribuire al sostentamento e allo sviluppo umano di queste “New Towns del deserto”, di queste comunità di sfortunati, invece che soffrire la vergogna dell’indifferenza e dell’impotenza? Di fronte a una grande iniziativa concreta di Francesco, avviata da lui spogliando la Chiesa di una parte della sua ricchezza, i potenti della terra e le moltitudini di umili non avrebbero cuore di negare offerte, magari a carico di centomila programmi nocivi o superflui.
Il Papa rivoluzionario venuto dal futuro con un carisma sorprendente e potenzialità gigantesche si spreca, pesta l’acqua nel mortaio, a predicare -anche in ambiti sofisticati e cinici quali i lettori dei giornali di De Benedetti- un amore di Dio che il dolore del mondo smentisce ininterrottamente (si sente amato chi nasce storpio o cieco o orfano?). Non è un agire più concreto dar pane agli affamati o, nello specifico di questi giorni, sottrarli alla ferocia dei negrieri?
La Provvidenza, a volere chiamare così lo Spirito della storia, presenta a Bergoglio, al momento il protagonista di nuove Gesta Dei per Francos, una sfida troppo straordinaria perché egli vada avanti ad allineare le formule di altri centomila predicatori, di milioni di catechiste. La ricerca di Dio non è molto più struggente se evocata dal sommo pontefice invece che da un umile consacrato sacerdos in aeterno.
In Bergoglio c’è un potenziale di bene superiore alle possibilità di ciascun grande della Terra. A qualunque seminarista è stato insegnato qkuesto; ma lo sa anche un laicista accanito se solo rifletta sul valore delle opere positive, qualora effettivamente compiute.
Il magistero teologico del Papa è più autorevole di quello del mio parroco: ma non poi tanto. Invece le possibilità di azione di quest’ultimo sono un infinitesimo di quelle di Francesco. Coll’esempio, coi fatti, egli può muovere il mondo.
l’Ussita