LA LEZIONE EGIZIANA: LA DEMOCRAZIA E’ UN MEZZO, NON UN FINE

Dopo l’entusiasmo generato dalle primavere arabe sembrava che la dura lezione della storia stesse per ripetersi per l’ennesima volta. Come accaduto nell’Iran del 1979 una rivoluzione fatta nel nome della libertà da una dittatura oppressiva rischiava di degenerare nella ancor più oppressiva dittatura di una maggioranza islamica. L’Egitto più di tutti sembrava testimoniare questa tendenza. Negli ultimi giorni tuttavia la situazione si è ribaltata. Ma in che modo o a quale prezzo?

Ci siamo, noi occidentali, oramai assuefatti a valutare i mezzi e non più i fini, ed a ritenere che se sono buoni i primi non possano che essere buoni anche i secondi. Questo in società già di massa ma non ancora “democratiche” nel senso liberale del termine – quindi quanto a libertà di informazione, libertà economiche, tutela delle minoranze, diritti civili etc – non è necessariamente vero. Il “golpe” con cui i “militari” hanno deposto un “presidente democraticamente eletto” in “elezioni democratiche” avrebbe dovuto, in base al nostro sistema di valori (anche lessicali), obbligarci ad un’unanime condanna. Invece i più imbarazzati dalla propria ipocrisia hanno scelto il silenzio, mentre la maggioranza ha deciso – consuetudine consolidata – di scordarsi il passato ed esprimere il proprio sostegno al nuovo corso egiziano.

Allora però si abbia il coraggio di ammettere che non sempre la “democrazia” è un bene, anzi, in certe situazioni bisogna lavorare anni prima che possa attecchire in modo sano e non trasformarsi in una dittatura della maggioranza. Un problema questo evidentemente ancor più forte in Paesi dove la maggioranza della popolazione è islamica, una religione che ha una forte componente normativa che spesso collide con le regole di uno Stato di diritto. Si pensi al recente caso degli scontri in Turchia.

Specularmente la “tutela dei militari”, ancorché ovviamente portatrice di controindicazioni negative, non è necessariamente un male assoluto, là dove l’esercito svolge il ruolo di salvaguardia di un patrimonio secolare (ereditato da una fase storica dei Paesi arabi ben diversa da quella dell’ultimo ventennio quanto a laicità). Stesso discorso per il “golpe” (lezione che avremmo dovuto apprendere già vent’anni fa con il caso Algeria).

Può far male ammettere dieci anni dopo che “esportare democrazia” può essere un errore micidiale, specie se ci si convince stupidamente che la democrazia sia il fine e non il mezzo. Ma nelle future relazioni con i Paesi stranieri sarebbe bene un maggior realismo, perché non sempre mettere le più importanti decisioni per la Nazione nelle mani del popolo permette di scegliere la migliore delle soluzioni possibili. Anzi.

T.C.