‘Loro’ dicono che le migrazioni in massa dal Sud al Nord del mondo sono inarrestabili, volute dal Fato; non resta che accettare. Mettiamo sia così. Allora è giusto che nel Nord sempre più sovraffollato, inquinato, imbruttito si cominci a pensare a un’emigrazione a rovescio, non di massa ma di nuclei elitari, dal Nord al Sud: dovunque ci sia più spazio che humans.
Le società antiche, dai greci e dai fenici ai vichinghi, emettevano colonie, ossia espellevano gli esuberi, quando la popolazione cresceva più delle risorse. Nell’Italia preromana nacque la pratica del Ver Sacrum: venivano votate agli Dei tutte le nascite della prossima primavera. In età storica i neonati dell’uomo non erano sgozzati come nel fosco passato, ma destinati ad abbandonare la patria al raggiungimento dell’età adulta. Non appartenendo più alla comunità, partivano per fondare altrove una colonia, più o meno affiliata alla terra natale. Anche così, e non solo per conquiste cruente, nacquero l’Ellade, il commonwealth fenicio, quello romano, quello germanico nel Baltico e nach Osten, quello glorioso inglese e irlandese in tutti gli oltremari.
Quando constateranno d’essere diventati insopportabilmente troppi, forzati a dannarsi per il lavoro, stipati nei tram, nei falansteri e nei pronti soccorsi, una parte magari minima di noi sceglieranno il Ver Sacrum, volontariamente. Piccoli nuclei di insofferenti, di non inseriti, di non prigionieri dell’inerzia, di laureati invano, di esodati, di partigiani della decrescita, di alternativi non drogati né buoni a niente, di artisti, di percettori di entrate anche minime, si aggregheranno per insediarsi dovunque sia possibile vivere senza una collocazione e un reddito tradizionali. Faranno uno spontaneo Ver Sacrum.
Fuori delle aree antropizzate a miliardi, i continenti, comprese Asia Africa e Sud America, offrono vaste regioni dove nuclei dotati di qualche risparmio, pensione o altro possono aprire una nuova esistenza, frugale: purché un minimo di acqua sia presente nell’atmosfera o nel sottosuolo. I pionieri dei kibbuz sopravvissero nel deserto, e lo stesso fanno i beduini. Senza dubbio per il Ver Sacrum occorre disporre di risorse originate in Occidente: modeste però. Dove masse immense vivono coi redditi più infimi della Terra, due-tre mila euro che vengano da lontano durano un anno se i contesti sono da kibbuz e se l’orto, il pollaio e la conigliera contribuiscono alla sopravvivenza.
Quale ambiente di casa nostra può essere meno inquinato, diciamo, della Mongolia esterna, dove la densità demografica è di 1,5 bipede per km quadrato? Sempre che si ripudi l’idolatria della competizione e del consumismo, sempre che si decida di non vivere per pagare bollette, mutui e cartelle esattoriali. Si sia scelto un altopiano spopolato andino o sudafricano, la tecnologia d’oggi e di domani promette felicità impensabili nei millenni scorsi: vedere un film per esempio. Al contrario, quale sarà la qualità della vita quando nelle nostre metropoli i tubi digerenti si moltiplicheranno N volte? Non prosperarono e non crearono civiltà gli estromessi dalle ‘primavere sacre’?
Le nostre società troppo urbane sono minacciate da pericoli sempre più neri. Pochi paesi di nuova industrializzazione produrranno da soli ‘tutto’ ciò che serve al pianeta. Devono prepararsi al peggio non solo le Sardegne improvvisatesi manufatturiere, anche le Brianze e i Nord-Est un tempo iperprosperi, domani costretti a mantenere masse sempre più larghe di bisognosi prolifici.
Chi scrive fece per dieci anni il suo Ver Sacrum sulla sponda canadese del lago Ontario. Yeoman, cioè proud farmer.
Anthony Cobeinsy