Un inviato di ‘Repubblica’, testata progressista però convinta conservatrice dell’esistente, ha descritto come epocale, o almeno illuminante, lo scritto di Luciano Gallino pubblicato da detto giornale il 2 novembre. Questo perché Gallino avanza la proposta che, nella crisi sempre più seria dell’occupazione, lo Stato si faccia ‘datore di lavoro di ultima istanza’. Credevamo fosse un’idea molto antica, sperimentata dai faraoni e da Hammurabi re di Babilonia; invece per ‘Repubblica’ è una svolta. Però risulta lunare che Gallino, un noto studioso, non proclami chiaro e forte che per diventare datore di lavoro per grandi masse, lo Stato potrà tassare solo i ricchi. Non riuscendovi dovrà rovesciare le scelte di spesa tradizionali, una delle quali è di avere troppi dipendenti, parte dei quali vestiti d’uniforme. Per pagare non sussidi ma stipendi a tre milioni di disoccupati oggi, ‘x’ milioni di disoccupati domani o dopodomani, occorrerà innanzitutto sventrare le spese del prestigio, da quello diplomatico a quello istituzionale e cerimoniale. Occorrerà miniaturizzare il bilancio della difesa. Il Paese non ha alcun nemico serio da cui difendersi; e da un nemico non serio può ampiamente proteggersi con gli equipaggiamenti che ha, non quelli proibitivi di ultima e penultima generazione. Gli obblighi verso NATO e USA vanno semplicemente ripudiati, senza perdere il sonno al pensiero di una vendetta di Hillary o di Panetta; non ne avrebbero la capacità. E’ ora di liberarci delle ‘alleanze’, cioè dipendenze, contratte in un sessantennio da De Gasperi a Prodi e a D’Alema, da Nenni a Berlusconi e a Terzi di Santagata.
Un processo di Norimberga del futuro condannerà severamente Monti per non avere già abbandonato l’Afghanistan, per non avere ancora azzerato quasi tutte le missioni all’estero. La condanna norimberghese sarebbe più mite se gli imputati Monti e Napolitano si ravvedessero almeno in un’altra direzione: se chiudessero il Quirinale e le troppe residenze principesche, utili solo per fare colpo sui dignitari e consorti in visita dall’Africa nera e dalla Micronesia. Perché no, andrebbe cancellata ogni visita presidenziale qua e là; e quanto si risparmierebbe sulle scorte se ai funerali di Stato, a rappresentare la nazione affranta, si mandasse l’ultimo corazziere (gli altri tutti congedati), non vestito come nelle operette ma con una divisa da vigile urbano, o con un loden made in China. Vendendo il Quirinale ed altre ex regge, si avrebbe di che sussidiare legioni di disoccupati.
C’è un punto più sostanziale. Sfamare i senza reddito è un obbligo ineludibile. Tutt’altra cosa, assai meno onorevole, sarebbe praticare respirazione artificiale a industrie moribonde, oppure crearne nuove. Quasi tutte le imprese moribonde sono tali perché non hanno mercato, per i costi che sostengono o per i prezzi che praticano. Se gestisse lo Stato, sarebbe persino peggio. Creare nuove industrie presupporrebbe nostre conquiste tecnologiche e prodotti talmente innovativi da suscitare una domanda ora insistente. In ogni caso l’ipotetica nuova domanda andrebbe protetta dalla concorrenza globale. Altrimenti, tempo pochi mesi, i competitori dei paesi emergenti o emersi toglierebbero compratori alle fabbriche testé risuscitate o create dallo Stato imprenditore di ultima istanza. Esso Stato dovrebbe dunque sbarrare le frontiere: a riuscirci. Cos’è allora la proposta fatta fare a Gallino da ‘Repubblica’ se non un gimmick da pochi soldi, una pensata un po’ così per darsi un contegno?
Tutt’altra cosa sarebbe, e lo Stato si farebbe datore di nuovo lavoro, se si trasformasse in una comunità socialisteggiante, in un kibbuz, in un convento istituzionalmente solidale ed egualitario, persino in un accampamento militare. E’ capace Luciano Gallino di suscitare questa trasformazione? Nessuno odierebbe la trasformazione stessa più di ‘Repubblica’: si è arricchita puntando sull’odio generale per l’uguaglianza e per la parsimonia connaturata al collettivismo: cioè puntando sul consumismo.
A.M.C.