QUANTE SARANNO LE NOSTRE JEREZ DE LA FRONTERA?

Qualche mese fa ‘Time’ mandò una giornalista in Andalusia, a Jerez de la Frontera, perché riferisse sulla malattia spagnola partendo dalla città più indebitata del Paese. Il debito del Comune dello sherry e del flamenco raggiungeva un miliardo di euro, non troppo meno di quello di Madrid, che ha 3,3 milioni di abitanti. La spiegazione più immediata: a bloated payroll, troppo personale. Per 210 mila abitanti Jerez ha 1900 dipendenti diretti, 600 indiretti. Un caso da manuale di dilatazione della spesa per assumere gente, cioè per raccogliere voti. Uno dei cosiddetti ‘costi della democrazia’ meno perseguibili col Codice penale, come invece lo è la corruzione. In Spagna essa è andata crescendo coll’avvento della libertà, specialmente a partire dal governo socialista di Felipe Gonzales (egli cadde per gli scandali). Il malaffare ha poi contagiato gli uomini di Aznar prima, ora di Rajoy). Il partito di Rajoy si è insediato a Jerez nel giugno 2011, dunque il grosso del debito lo hanno provocato i socialisti, sulla scia della finanza ‘craxiana’  dell’andaluso Gonzales.

La sofferenza sociale trovata a Jerez dalla giornalista Lisa Abend è quella che non potrà non riprodursi qua e là da noi: stipendi e salari non corrisposti per vari mesi; fornitori non pagati; servizi cittadini sospesi, tagli brutali, disoccupazione oltre il 36%, scuole ripetutamente chiuse, strade al buio, scioperi, quarantenni tornati a vivere coi genitori in pensione. Non  sappiamo che aiuti Jerez ha ricevuto o riceverà da Madrid, da Bruxelles, da chissà chi. E’ verosimile che il disagio sociale si attenuerà presto o tardi. Ma la vicenda è paradigmatica anche per noi: ecco dove può portare l’euforia di quando le vacche erano grasse. Non solo i troppi dipendenti. Anche le opere pubbliche spropositate e non essenziali.

Una per tutte, un colossale centro culturale chiamato Ciudad Flamenca, o Flamenco. Il ballo gitano è una gloria, sarà stato dichiarato patrimonio dell’umanità. Ma tutto ha un limite. L’area edificabile destinata al tempio del flamenco è grande quanto un quartiere intero, dunque il tempio era stato concepito esorbitante: considerando anche che la città possiede già un Museo del flamenco, nonché una facoltà universitaria  di flamencologia. Provvidenzialmente l’arcitempio non è stato costruito. Ma sono le intenzioni megalomani  che contano, così contrastanti col retaggio eroicamente povero di una città agricola del sud-ovest andaluso. Perché è venuto in mente all’Alcalde e agli assessori di emulare i ridicoli eccessi architettonici di Dubai e di troppi altri ex villaggi arricchiti? Certi progetti, come il ponte sullo Stretto, costano cari anche se non si realizzano: studi, progetti, consulenze, pubblicità, personale e, soprattutto, penali. Risultati umani, mille casi come l’infermiera Marisa Sanchez che va gratis a curare i malati all’ospedale, non si sente di lasciarli marcire; e come il probo trattorista Manuel Medina, che vende mazzi di aglio in strada, e mangia se i passanti li comprano, in spirito di carità.

Nella tradizione pìcara di una città andalusa, la demozione sociale non è una novità e nemmeno un dramma abbastanza atroce. La disdetta passerà. Tuttavia prepariamoci, avremo anche noi le nostre Jerez de la Frontera. Beati i Comuni che non hanno assunto troppo, che non hanno progettato gigantesche pagode per turisti da venire, che non hanno preso alla lettera le promesse dello sviluppo forever. Che ogni coppia con bireddito microimpiegatizio fosse arrivata a fare crociere nei fiordi norvegesi e settimane nelle stazioni sciistiche ordinando bottiglie di etichetta invece che fiaschi era, è, una forzatura.

A furia di extra prelievi fiscali dovrebbe diventare una forzatura anche i privilegiati dell’One per cent. Un giorno gli eccessi di reddito dovranno sparire, con le cattive se necessario. Però la collettività ha l’obbligo di garantire il pane agli affamati, non l’edonismo ai nullatenenti. L’edonismo, ballo gitano compreso, non deve passarlo il Welfare State. E la gente che fa teatro, p.es., la smetta di chiedere: Jerez è nei guai per avere dato troppo ai signorini delle arti. Quante Jerez avremo?

Demetrio