Michele Ainis, unico monocolo in terra di ciechi, preferisce chiamare la sua sacrosanta rivoluzione “pacifica, ordinata ma senza dispense e indulgenze”; e bravo. Ma rivoluzione deve essere, come si può leggere in questo Internauta nel pezzo “I Vespri Siciliani Due esigono un altro 25 luglio 1943“. Il Palazzo dovrebbe ringraziare faccia a terra questo professore che, al contrario del resto della confraternita accademica, ardisce pensare futuro, lascia perdere manuali e dispense di diritto, irride senza dirlo alla Manomorta che impone il Regolamento della peggiore delle repubbliche.
Il libro più recente di Ainis, Privilegium, investe frontalmente le lobbies e le corporazioni che avviluppano il Paese (“il potere delle corporazioni blocca ogni riforma”) e lo condannano tanto quanto la Costituzione di De Gasperi, Togliatti e Nenni. Ma l’urto scardinatore del pensiero del Nostro è altrove, è nella proposta di togliere ai politici metà del Parlamento, quella che usurpa il nome insigne di Senato, e di consegnarla a cittadini da scegliere col sorteggio: ossia col principale degli istituti della democrazia diretta. Enuncia Ainis, che insegna diritto costituzionale a Roma III: “Serve una sede di rappresentanza degli esclusi -i giovani, le donne, i disoccupati”. Poiché pensare solo ai giovani etc. è riduttivo, Ainis aggiunge: “In fondo siamo tutti esclusi da questo parlamento. La sede di questa rappresentanza ‘rivoluzionaria’ può essere il Senato, trasformato in una ‘Camera dei cittadini’ designata per sorteggio, in modo da riflettere il profilo socio-demografico del Paese”. Domanda retorica: “Un’idea bislacca?” Mica Tanto. La risposta ‘Mica tanto’ magari non è del professore, ma di G.A.Stella, autore della vasta presentazione dedicata dal ‘Corriere’ il 31 ottobre a “Privilegium”.
“Non resta che la rivoluzione” è il giudizio complessivo, o la premessa, di Ainis. Propone altri aspetti di innovazione spinta: “Primo: va segato il ramo su cui stanno inchiodati i professionisti del potere: due mandati e via. Secondo: va rafforzato il referendum abrogativo coll’abolizione del quorum. Terzo: va introdotto l’istituto del recall per revocare innanzitempo gli eletti immeritevoli, come accade da un secolo in California, in altri 18 Stati dell’Unione, in Canada, Giappone, Svizzera e vari paesi sudamericani”. Quanto alla ben più dirompente proposta della Camera dei Sorteggiati, Ainis argomenta: “Era affidata anche ai sorteggi, come formula per arginare prepotenze e pressioni, la stessa composizione del Maggior Consiglio della repubblica di Venezia. E Aristotele diceva che l’elezione è tipica delle aristocrazie, il sorteggio delle democrazie”. G.A.Stella così conclude circa le tesi del Nostro: “Una forzatura, forse. Ma è (forse) più democratica l’elezione di un capobastone delle tessere o l’inserimento nel ‘listino’ di soubrette, mogliettine o condannati?”.
No che non sono più democratici, of course. Dopo sessantasette anni di partitocrazia abbiamo la certezza assoluta: nulla del nostro sistema è democratico, nel senso di voluto dal popolo e di giovevole al popolo. Tutto accade a favore dell’oligarchia. Nella nostra malarepubblica nessuno studioso ha mai avanzato una proposta dell’incisività di questa di Ainis: dimezzare il potere legislativo dei Proci e fare senatori dei cittadini estratti a sorte. Noi proponiamo cose diverse, più temerarie (v. BLUEPRINT in Internauta di ottobre) in termini di democrazia diretta (è la sola democrazia; abbiamo capito una volta per tutte quanto usurpatori e ladri sono gli eletti). Tuttavia ci inchiniamo di fronte all’estro innovativo di un ordinario di diritto delle istituzioni che non fa come i suoi colleghi: il più disinteressato dei quali evita come lebbra tutto quanto può ridurre le possibilità d’essere fatto giudice strapagato di quella Corte che fa la guardia alla Costituzione; come se quest’ultima fosse un Corano, oppure un bene di manomorta, qualcosa di imprigionato dalla rigidità del cadavere, invece che un testo pessimo da riscrivere in tutto.
Michele Ainis dovrebbe allungare il tiro, spingere più avanti la sua creatività. così insolita tra i giuristi che arano il campo della politica. E dovrebbe prefigurare quale successione di eventi potrà portare all’eversione della feudalità, anzi fecalità, oligarchica; quali Dei benigni permetteranno che sorga la Camera dei Sorteggiati. In teoria la svolta Ainis- il passaggio alla mezzadria tra Proci e cittadini- dovrebbe essere molto più facile, in quanto meno sovvertitrice, della svolta Blueprint (di cui al citato Internauta di ottobre). Io estensore di Blueprint non so immaginare altro che il colpo di Stato compiuto improvvisamente da un militare ardito, di ispirazione giustizialista cioè più amico del popolo dell’intero culturame di sinistra, buono a niente e insincero. Ma se Ainis saprà essere profeta di cose diverse e migliori, Blueprint si farà ainista entusiasta.
A.M.Calderazzi