PER LA SOTTOBORGHESIA DELLE FABBRICHE POCHE SPERANZE

Un tempo c’era il sottoproletariato. Ora che i proletari industriali si sono fatti sottoborghesia -gli operai americani si considerano middle class da oltre un secolo- per una parte di loro sottoborghesi ci sono poche speranze: regrediranno a proletari. Diventare sottoborghesia, o declinazione manuale della middle class, ha implicato accettazione delle regole del mercato. Le accettano da Landini e D’Alema all’ultimo dei manifestanti in rabbia, avvolti di bandiera rossa, virtuosi di fischietti, percussionisti di fustini vuoti e di caschi minerari. Il mercato e la democrazia elettorale hanno dato loro l’appartamento col mutuo, una macchina ogni familiare attivo, le vacanze in albergo o in ‘Costa Deliziosa’  invece che in paese dai parenti, la laurea breve per la figlia che va bene alla media.

Ma d’ora in poi il mercato avrà poco per loro. Sempre più fabbriche chiuderanno se non collocheranno le cose prodotte. E’ morale che chiudano: avranno lavoro i miseri d’oltremare. Per l’Egitto si comincia a parlare di 90 milioni di abitanti. Ci sarà un bell’inveire alla desertificazione industriale, il deserto si allargherà ogni volta che arriveranno i manufatti più competitivi. Non serviranno le omelie dei vescovi che seguivano il card.Martini, né gioveranno i gesti di mendicità eroica dai pozzi minerari o dall’alto delle ciminiere spente. Meno che mai gioveranno gli editoriali frementi e i tavoli col governo. Tempo e denaro persi i nuovi progetti di politica industriale, anche quelli con la firma dei superministri. Politica industriale, oggi, vuol dire quasi esclusivamente più tasse e più accise a carico, per cominciare, della sottoborghesia manuale. E poi, sono ormai pochi i comparti che meritano i sacrifici dei contribuenti. Si produce già “tutto” e ciò che non si produce  -e sia vendibile- verrà presto dalle industrie straniere. Le fabbriche inventate dalla politica industriale, cioè dai candidati alle elezioni e dai conduttori delle ‘lotte’, chiuderanno. La conquista più grossa sarà l’assegno di sopravvivenza alle famiglie. Occorreranno più mense popolari, quelle attuali, solo ‘parrocchiali’, non basteranno.

Resta da precisare che arretrerà anche la borghesia minima degli impiegati, rappresentanti e simili (la borghesia agiata gestisce la democrazia rappresentativa, dunque saprà difendersi, saprà sabotare i sacrosanti espropri e le giuste patrimoniali). Propulso dal mercato e dall’elettoralismo finanziato dal debito pubblico, il ceto impiegatizio era divenuto benestante grazie al doppio reddito, a volte grazie alle bustarelle. Un bancario con moglie insegnante o tributarista si concede da qualche lustro il largo che un tempo era dei professionisti di semiperiferia. Ma i doppi redditi si assottiglieranno, non solo nel settore pubblico, non solo per gli esuberi e l’informatizzazione. I colletti blu e non pochi colletti bianchi dovranno dimenticare sia le passate liberalità del mercato, sia quelle dell’elettoralismo.

Per le società come la nostra la strada è dunque obbligata: parziale ripudio del mercato e del benessere, la scelta di un libero e austero neo-collettivismo solidale, disciplinato, anticonsumista e sì, anticapitalista. E’ l’accettazione del ritorno alla vita semplice, con la sua parsimonia. E’ il rifiuto dell’edonismo, è la rinuncia al miglioramento forever. La Globalizzazione è una Dea di giustizia. Ha decretato che il benessere delle masse d’Occidente era la miseria delle altre masse del pianeta. Dovrà scemare, persino finire.

I sistemi politici basati sulle urne elettorali non produrranno mai le scelte virtuose, salvo che non sorga una grande guida, un pastore o un manipolo di pastori che portino le greggi a pascoli inesplorati. Nessun leader delle plutodemocrazie occidentali e della cleptocrazia italiana saprà affrontare le sfide nuovissime. Dovrà sorgere un pugno di capi d’eccezione, ciascuno dei quali abbia mente, tempra e motivazione ideale senza confronti superiori al medio livello dei presidenti e dei capipopolo che si ingegnano a mandare avanti il Basso Impero d’Occidente. Occorreranno alcuni uomini eccezionali, il più modesto dei quali sia pari ad Ataturk; non si faccia condizionare come Monti e, peggio, Obama; non si curi di istituzioni e legalità. La legalità gli metterebbe macine al collo.

Alternativo allo spiccio condottiero sarebbe una grandissima anima, deviatrice della storia; ma le occorrerebbe un fatto tellurico.  Peraltro i tempi vanno maturando: da Lutero è già passato mezzo millennio, da Maometto un millennio e mezzo.

l’Ussita