Abbiamo l’abitudine di pensare: la Nazione continentale che dovremo a tutti i costi creare nel Vecchio Continente -in odio agli USA dovremmo chiamarlo Glorioso Continente- sorse carolingia e renana, sorse sulla volontà di due grandi popoli che si rifanno al fondatore del Sacro Romano Impero di non combattersi mai più. E’ vero, naturalmente. Tuttavia aveva ragione Manuel Fraga Iribarne -che fu presidente della Galizia dopo essere stato governante di vertice a Madrid; senza dubbio il maggiore tra gli studiosi spagnoli investito di responsabilità politiche- quando affermava che il sentimento d’Europa sorse a Compostela:
“Il Camino de Santiago nasce come una stella di orientamento nell’orizzonte dell’età carolingia, allorquando si disegnava un nuovo tipo di società. Il pellegrinaggio ‘visionaliter’ di Carlo Magno a Compostela è il preannuncio di un’Europa che si alza nell’interrelazione e l’interscambio offerti dal pellegrinaggio verso Finisterre. Assistiamo a un sorprendente risorgere del fenomeno jacobeo, a partire dagli importanti studi storici della seconda metà dell’Ottocento. Nel sec.IX Alfonso II delle Asturie non avrebbe organizzato il culto della tomba di Santiago, se non fosse stato per le antichissime tradizioni sulla presenza del primo apostolo martire negli ‘occidentalia loca’. Oggi il moltiplicarsi dei pellegrini a Santiago è un fatto. Giovani soprattutto, di tutti i paesi europei, e anche dal di là dei mari, i quali tornano a percorrere i passi del Camino antico, a vivere l’esperienza del peregrinare. E’ come rileggere la conosciuta pagina del ‘Liber Sancti Iacobi’, che elenca 74 nazionalità le quali venivano ‘en caravana y falanges, cumpliendo sus votos…Unos tocan cìtaras, otros liras, otros tìmpanos, otros flautas, caramillos, trompetas, arpas, violines, ruedas britànicas o galas, otros cantando con cìtaras, otros cantando acompagnados de diversos instrumentos, pasan la noche en vela…”.
Nel nostro contesto culturale, notava ancora il più illustre dei galiziani (Fraga era nato a Villalba presso Lugo), “la decisione di partire in pellegrinaggio esprime per di più una protesta contro le offerte della nostra società. Il Camino come un’esperienza di autenticità e liberazione”.
Il retaggio giacobeo è solo uno dei contorni internazionali della Galizia. Un altro, forse più decisivo, è che a questo antico piccolo regno dell’estremo nord-ovest della penisola iberica la primogenitura europea spetterebbe anche se a Compostela non si fossero trovate le spoglie dell’apostolo Giacomo, “l’amico di Gesù”. Anche se nell’alto medioevo Compostela non fosse stata proclamata dai papi Callisto II e Alessandro III pari a Roma e a Gerusalemme come capitale dei sentimenti cristiani. Parliamo di primogenitura perché la Patria europea ormai nata, anche se vive una fanciullezza difficile, è sorta da un nucleo strettamente occidentale. Ebbene nessuna regione d’Europa, che abbia partecipato alla storia del Continente, è più occidentale del contesto Galizia-Portogallo. Il capo Finisterre, dove in antico si credeva finisse la terra conosciuta, è a soli 60 km dalla cattedrale del Santo Jacopo.
Le risorse ambientali e il retaggio storico sono così ingenti da candidare la Galizia a polo dell’identificazione culturale e del turismo di qualità. Avremo vantaggio se scopriremo questa terra. Impareremo tra l’altro che la lingua galiziana, il gallego, ebbe fino al sec.XV una sorprendente fioritura letteraria. Si poetava in gallego: era la lingua della lirica nell’intero mondo ispano-lusitano, e persino in Sicilia e nella terra occitana. La conformazione del territorio, mentre rese difficili le comunicazioni non solo rispetto alla Meseta, il grande altopiano castigliano, ma anche tra le valli e i comprensori galiziani, facilitò invece la saldatura col nord del Portogallo. Oggi tale nord è integrato alla Galizia in una ‘Comunità internazionale di lavoro’ di diritto europeo.
A partire dall’800 molti galiziani cominciarono a lasciare la loro terra per le Castiglie, l’Andalusia e il Portogallo. Dopo il 1860 si aprì l’emigrazione per l’America latina, Cuba specialmente. La Casa de Galicia all’Avana è uno degli edifici più imponenti dell’isola. Lo Statuto della regione autonoma riconosce la ‘galeguidade’ degli emigrati: le loro rimesse hanno apportato benessere alla Galizia, pur senza stimolare una vera e propria industrializzazione.
Nell’alto medioevo questa terra fu dei re delle Asturie, per poi diventare un piccolo regno indipendente, che comprendeva anche territori poi portoghesi Col sec.XII cominciò il declino: la Galizia mantenne il rango di regno ma fu assorbita dalla monarchia di Castiglia e Leon. Dopo che verso il 1122 fu completata la costruzione della grande cattedrale voluta a Compostela da re Alfonso VI, il pellegrinaggio ai resti dell’apostolo Giacomo e dei discepoli Atanasio e Teodoro divenne il più importante dell’Europa occidentale. Una bolla di Alessandro III istituì l’Anno Santo di Santiago, con la grazia del Giubileo. Ben presto il Camino de Santiago risultò un grande tramite di civiltà grazie agli scambi culturali tra i pellegrini. A fianco della cattedrale di Compostela fiorì pure una scuola dove si traducevano soprattutto le opere del retaggio ellenico, in quella fase custodito dai dotti del mondo arabo. Si ebbe allora la straordinaria fioritura culturale della Galizia. Nella lingua gallega si redassero per un periodo la maggior parte delle creazioni letterarie ispano-portoghesi. Le Cantigas de Santa Maria composte da Alfonso X il Savio re di Castiglia e Leon, forse coll’apporto di artisti della sua corte, restano tra le maggiori cose della grande letteratura. Sono solo la maggiore delle raccolte poetiche medievali ricollegabili alla lingua gallega.
Nell’argomentare che negli anni Novanta la Galizia aveva progredito in sviluppo e in assertività più che in tutta la sua storia contemporanea, Fraga Iribarne citò tra l’altro un grado di digitalizzazione già prossimo a superare quello di Germania e Francia. E concluse: “Non ci aspetta la Terra Promessa, però certamente un tempo di opportunità uniche. Goethe lo direbbe “il presente puro della storia”.
Questo fu Fraga Iribarne, un grande spirito tradito dai propri successi di mezzo secolo fa. Avrebbe dovuto restare alla goethiana altezza del presente puro della storia. Invece fondò un partito.
A.M.C.