Da Linkiesta:
Vent’anni fa Stefano Benni scrisse che il testo della canzone più ascoltata sarebbe stato “Duyulaikit? Ailaikit, ailaikit!” ripetuto 456 volte. Sembra mancare poco perché la sua profezia si avveri completamente. La serata di ieri al Bloom di Mezzago è stata speciale anche per questo: per ricordare che, a dispetto di tutte le hit parade, la musica è divertimento ma non solo. E le parole dei testi non servono esclusivamente a far rima.
Sul palco il gruppo milanese “Johnnie Selfish and The Worried Men” (JSTWM) presenta il suo ultimo album “Kauntri Muzik”, registrato a Nashville in Tennessee lo scorso giugno. Ad aprire per loro John Wheeler, cantante e leader degli Hayseed Dixie, gruppo rock-bluegrass targato Usa.
Il concerto comincia con “Uprising”, un inno country-punk alle primavere arabe che invoca la caduta del dittatore siriano Assad. Il pubblico, per lo più giovane ma non solo, apprezza e la claque di Lambrate, luogo di origine della band, salta e spinge come ad un concerto dei Sex Pistols.
Le testate musicali hanno definito il genere dei JSTWM “combat country”, per le istanze di liberazione che emergono dai testi delle canzoni. La musica che esce dalle due chitarre, dal basso e dal banjo è un continuo alternarsi di influenze, dal blues al punk, dalla musica balcanica a quella latinoamericana. Un mostro con molte teste e un unico corpo, quello del country, che lega un pezzo all’altro.
Partiti dal Medio Oriente si arriva in Ucraina con “Zaporozhe”, una canzone con evidenti sonorità est europee che parla delle battaglie sul Dniepr, e con la title-track “Kauntri Muzik”. Questa è la storia di un soldato accecato dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale, felice di poter non vedere le sciagure che lo circondano quando torna a casa.
Il richiamo al passato, come maestro per il presente, è una costante di molti brani. La scelta dei tributi al gotha del country non è mai casuale. Si rende omaggio a Johnny Cash, facendo cantare il Bloom a squarciagola “Ring of Fire”, si riprendono alcune ballate classiche, come “Buffalo Skinners”, ma l’omaggio più importante è quello reso a Woodie Guthrie. La canzone “This Machine Kills Fascists” è in onore della scritta che il cantautore americano portava sulla sua chitarra negli anni ’40. Negli anni ’50 sarebbe finito nelle liste nere di McCarthy.
Richiami alla storia, alla Costituzione, agli ideali. La lotta alle ingiustizie, al nucleare e ai fascisti. Se fosse tutto qui si rischierebbe la noia di un comizio. Invece la musica incalzante tiene alta la voglia di saltare del pubblico, complice il contributo del bar. Riscuote grande successo il remake di “Letter to the Censors” dei Manonegra, mixato con il riff di chiattara di “The Ace of Spades” dei Motorhead. Le occasioni per riposare le gambe sono rare. “Tender Heart” e qualche altra canzone lenta danno modo alle ragazze di rifarsi dei piedi calpestati, abbracciandosi strette ai propri cavalieri.
Dopo un’ora abbondante di musica la band prova a lasciare il palco, ma le centinaia di persone presenti invocano un bis. Allora ancora fuori, ancora qualche pezzo e poi per il finale tutti i musicisti della serata sul palco. Ai quattro membri della band si aggiungono John Wheeler, Diego DeadMan Potron e Mauro Ferrarese, questi ultimi due dopo aver accompagnato per qualche pezzo i JSTWM. Si canta a cappella il classico “The Worried Men Blues” e poi tutti fuori, verso l’aria aperta, l’ossigeno e lo sbalzo termico.
A fine concerto Johnnie Selfish, al secolo Giovanni Maroli, prova a spiegare da dove nascano le scelte musicali della band. «Molte persone quando pensano al country hanno in mente la colonna sonora delle scenette divertenti di qualche film demenziale. Pensano che sia roba da cafoni americani, da redneck», dice Johnnie. «Invece il country, come anche il folk, è nato per parlare delle persone, dei suoi problemi, della vita reale. Non se ne può più di testi che non dicono nulla», prosegue. «Oggi siamo nella peggior crisi economica dal ’29. Non è per caso che ci ispiriamo alla canzone popolare americana dell’epoca immediatamente successiva. Come allora anche adesso c’è un gran bisogno di musica che non si limiti a distrarre le persone, ma che le comprenda e le racconti».
Quest’ultimo album, il terzo dopo “Jungle Rules” e “Committed”, rappresenta un evidente progresso e potrebbe essere quello del grande balzo. Radio2, Radio3 e altre stazioni stanno mostrando interesse per il progetto, come anche varie testate musicali. Il genere non è il più adatto a “sfondare”, ma la scommessa è che le persone siano stufe di ascoltare idiozie del genere “ah se ti prendo, ah ah se ti prendo”. Perché, come sostiene Johnnie Selfish, «va bene svagarsi con la musica, non va bene ridurla a solo svago».
Tommaso Canetta