Secondo Bahà ad-Din, il più accreditato tra i biografi del Saladino, il suo Eroe, il vincitore dell’Anticrociata, morì che le sue elemosine extracanoniche gli avevano consumato ogni avere personale. “Finì i suoi giorni lasciando solo 47 dramme nasirite, cioè coniate al suo nome ufficiale (al-Malik an-Nasir) e un, dicesi un, pezzo d’oro di Tiro; né possedeva beni immobili, né case né fondi né giardini né villaggi né seminati né altro avere alcuno”. Il biografo Bahà ad-Din (1145-1234) è certo sospettabile di inclinare all’agiografia: del Saladino era stato familiare e da lui era stato fatto cadì dell’esercito. Sotto i primi successori del famoso sultano fu gran cadì di Aleppo. Eppure gli studiosi considerano gli scritti di Bahà ad-Din una fonte storiografica attendibile, scevra di servilismo cortigiano.
Allora alle qualità oggi conosciute il Saladino aggiunse quella sorprendente d’essere il contrario dei grandi capi di oggi: morì ‘povero’. Non basterebbe questo per fare di lui un modello, un maestro di vita anche per i nostri giorni? Altro merito del Sovrano: “Detestava i filosofi, gli eretici, i materialisti e tutti quelli che avversano la Legge”. Per la verità la famosa misericordia del Saladino, esaltata a partire dall’Illuminismo, non gli impedì occasionali crudeltà, come far crocifiggere il giovane filosofo e mistico as-Suhrawardi, il quali si diceva eretico e nemico della fede. Peraltro questo era lo spirito dei tempi, questa era l’intolleranza del Corano preso alla lettera. Nonostante tutto Saladino fu più clemente dei suoi pari cristiani.
Il 1187 fu l’anno della vittoriosa controffensiva musulmana, l’anno del trionfo del Nostro. Vinse la terribile battaglia campale di Hittin, riprese la maggior parte dei porti e delle rocche del Litorale e, soprattutto, riconquistò Gerusalemme. Quest’ultimo conseguimento gli fu facilitato dalla discordia nel campo crociato. Il conte di Tripoli Raimondo di Saint-Gilles aspirava a farsi re dei Franchi di Siria, ma la sua ambizione fu frustrata e così si offrì alleato al Saladino. Non gli servì’: riconciliatosi coi Franchi, dopo il disastro di Hittin morì di crepacuore. La spietata decapitazione di tutti i prigionieri Templari e Ospedalieri -varie centinaia- è una scura macchia sulla reputazione del magnanimo Saladino. Con molti episodi feroci i due Ordini cristiani si erano meritati lo speciale odio dei musulmani, ma dal cavalleresco sultano si erano attesi una generosità consona alla sua fama. Manco a dirlo, il prode Riccardo Cuor di Leone re d’Inghilterra fece di peggio: ordinò di massacrare a freddo tutti i musulmani catturati con la presa di Acri (1191).
Il Saladino morì poco dopo la conclusione di un’importante tregua tra gli eserciti contrapposti. Spirò in edificante devozione ai dettami e agli slanci della sua fede. Chi, come il drammaturgo Gotthold Ephraim Lessing, uno tra i massimi letterati tedeschi, vagheggiò Saladino come un sovrano quasi illuminista, nel senso di nemico di ogni fideismo o fondamentalismo, ne sottovalutò sia l’ardore religioso, sia le non rare crudeltà che offuscarono la generosità del personaggio. Comunque nessuno tra i condottieri crociati gli fu pari in magnanimità. Il Saladino fu più spesso generoso che spietato.
Lo abbiamo additato per la circostanza di cui all’incipit: il maggiore sovrano dell’Anticrociata morì che aveva elargito in elemosine volontarie, cioè non imposte dal Corano, quasi tutto ciò che possedeva, egli che avrebbe potuto farsi ricchissimo anche solo dei riscatti e dei bottini. Come non essere costernati, noi che deleghiamo a rappresentarci e a governarci una classe di ladri tra i peggiori della storia? Se la sentono il laburista Blair e il democratico Clinton, divenuti straricchi, d’esser messi a confronto col Saladino? Se la sente, nel suo piccolo, il D’Alema che non sa rinunciare alla barca?
l’Ussita