Visto che per la scorta di Fini in vacanza all’Argentario sono state pagate in un albergo 9 camere per due mesi e mezzo, è giocoforza concludere: A) la sicurezza del presidente della Camera non sia più una priorità nazionale oltre i costi di due questurini alloggiati parsimoniosamente. Pertanto il detto presidente paghi in proprio tutto il di più. Dall’estate prossima, ridurre i questurini a uno: occorrendo, egli chieda soccorsi col cellulare. B) Si cancelli il diritto stesso alle vacanze del gerarca in parola e di ogni altro gerarca, se il contribuente deve addossarsi una parte anche minima dei costi. Non vadano in vacanza, né al cinema, né a ballare, nuotare, sciare, etc. C) Le Alte Cariche istituzionali, lungi dal meritare sforzi e sacrifici, sono un gravame che andrebbe miniaturizzato.
Tutto ciò, com’è chiaro, prescinde dalla persona di Fini. A non volerne prescindere, andrebbe aggiunto che il Nostro, avendo fatto l’intera carriera ‘lavorativa’ in politica, cioè legalmente o indirettamente a spese dell’Erario, senza essersi mai guadagnato il pane, dovrebbe più di altri sentire il disagio di costare molto al paese. Due recenti titoli di giornale lo hanno descritto come ‘l’Uomo Casta’ e ‘il re della Casta’. Raramente due caratterizzazioni polemiche sono state più appropriate. E’ difficile immaginare un personaggio altrettanto identificabile con la professione e il business dello sfruttamento, anche monetario, della rappresentanza politica; nonché coi mali del parlamentarismo. Messa così, non può destare sorpresa che sia stata avviata un’indagine giudiziaria preliminare su un’altra autoblu assegnata a non so quale segretaria particolare dell’on. Fini.
Tornando all’incolumità dei gerarchi. La vita e la peace of mind di quelli che il protocollo ancora chiama Grandi Ufficiali dello Stato non è più preziosa della vita di ferrovieri, vigili del fuoco, inservienti d’ospedale e di quasi ogni altro essere umano. Non potendo moltiplicare N volte i costi della sicurezza di tutti indistintamente i pubblici servitori, si dovrebbero abolire quasi tutte le scorte. Poco danno, anzi parecchio vantaggio, se pochi o molti o tutti i politici professionali rinunziassero per paura. Farebbero posto a quanti non abbiano paura, oppure si proteggano con speciali polizze assicurative a loro carico. E poi, perché difendere i notabili di alto rango e di lungo pelo sullo stomaco e non tutti indistintamente i dipendenti pubblici, ossia qualche milione di vite?
Se, abolite le scorte per quasi tutti i politici, arrivasse un’ondata di attentati, che sciagura sarebbe? C’è vera differenza tra essi politici e i consigliori, i capizona e i capibastone della Casta? Se gli attentati e i baronicidii convincessero non pochi figuri ad uscire dalla politica, quanti si straccerebbero le vesti? Cancellando quasi tutte le scorte si potrebbe rafforzare la lotta al crimine in generale, dunque anche al terrorismo politico che è parte del crimine. Rendendo più efficace la repressione dei reati si renderebbe più sicura anche l’attività -poco benemerita quanto si vuole- dei professionisti delle urne.
In conclusione. Fino a quando la democrazia diretta, più o meno elettronica, non cancellerà i politici di carriera, siano essi a pagarsi la protezione e le scorte. Sono retribuiti e rubano abbastanza per sostenere costi che finora addossavano ai contribuenti. Meglio, molto meglio, se diventando meno lucrativa, la carriera politica venga abbandonata e restino solo gli intrepidi e, si fa per dire, i disinteressati.
Porfirio