LA PATRIMONIALE PESANTE

Si infittisce il mistero: quando e come Monti comincerà a ridurre il debito? Nella mente dello Jupiter  della Bocconi il piano c’è certamente, ma come potrà evitare la grossa patrimoniale che impoverisca i ceti abbienti; come sfuggirà alla necessità di vendere, persino svendere, gran parte dei beni pubblici (compreso il Sommo Palazzo sul Colle); questo non è dato immaginare. Senza patrimoniale dura, senza grandi dismissioni, senza Tobin tax e parecchio peggio, il piano fallirà. Il debito resterà assassino. Se Napolitano e Monti hanno davvero creduto che il governo tecnico potesse scudare il sistema e il suo assetto politico, è verosimile abbiano sbagliato. Il capitalismo resterà, ma dovrà pagare un prezzo. Pure l’assetto politico pagherà: coll’oligarchia partitica scemerà anche la centralità del meccanismo elettorale.

La patrimoniale dovrà colpire tutte le forme di ricchezza, non solo quella immobiliare. Il prelievo dovrà essere forte e molti non saranno in grado di pagare, né di vendere per pagare. Dunque lo Stato dovrà ipotecare i beni -compresi quelli mobili e non occultabili: veicoli, barche, aerei- e cedere i titoli di credito alle aziende internazionali del factoring, le quali verseranno una parte considerevole del credito. Le aziende del factoring si arricchiranno, ma correranno alcuni rischi. I gioielli, i tappeti, gli arredi sfuggiranno in questa fase; non sarà necessariamente così in un’eventuale fase ulteriore, nella quale lo stato di necessità divenga così grave da legittimare la requisizione fisica dei contenuti di case, uffici, magazzini, fabbriche. Una banca per esempio potrà essere costretta a devolvere per la salvezza della nazione le opere d’arte possedute.

Sin da subito dovranno essere assoggettati a patrimoniale i veicoli d’ogni genere, i natanti, gli equipaggiamenti che siano immatricolati, registrati o in altro modo identificabili. Anche i beni strumentali dovrebbero concorrere, in misura minore, alla riduzione del debito. In conclusione: la collettività è indebitata, i privati no o molto meno. La ricchezza privata è grande, va falcidiata. Tutto ciò farà soffrire i ceti abbienti, ma è accaduto mille volte nella storia, assai spesso senza che fosse necessaria una rivoluzione. E’ giusto così, però certamente necessita nei decisori una volontà implacabile. Una crisi economica veramente grave è come una guerra o un maremoto: cancella o sacrifica i diritti di proprietà e le legittime aspirazioni.

Valga in particolare il caso dei veicoli, grosse motociclette comprese. Rappresentano una base imponibile gigantesca, vanno assoggettati a tassazione straordinaria. Sulle autostrade e sulle grandi arterie quasi non circolano più le utilitarie, quelle che cinquant’anni fa trasportavano famiglie, masserizie e vettovaglie dei paesi natii. Sulle autostrade, oggi, solo berline da confortevoli in su. Persino gli immigrati recenti si permettono le medie cilindrate. Le vere utilitarie sono solo city car costosette oppure le Matiz delle commesse e delle inservienti d’ospedale. Lo Stivale è una gigantesca bisarca di auto accessoriate e di Suv. Niente di male se a partire dai modelli da 10.000 a nuovo si imponga un prelievo straordinario e progressivo: mille euro sui tipi da poco, cinquemila sui Suv vorrei-ma-non posso, ventimila sui marchi dell’opulenza e dell’ostentazione. Anche i top generali cui uno Stato grandezzoso passa le Maserati dovrebbero pagare in proprio la patrimoniale: padroni di rinunciarvi e di muoversi in berline di bassa gamma.

Lo Stato incasserà in grande, i ceti molto agiati soffriranno, decine di milioni di cittadini vedranno ridotta al dignitoso benessere dei Settanta la disgustosa ricchezza dei Novanta. Come tragedia, poca cosa.

Porfirio