Spero che i miei venticinquemila lettori mi rimangano fedeli anche se ripeto (ma solo per cominciare) quanto già scritto oltre un anno fa, se ricordo bene, a proposito dell’ICI abolita da Silvio Berlusconi anche per la prima casa. Un atto deleterio, oggi ne sono convinti quasi tutti, per le finanze comunali, e quindi gratuitamente demagogico. Benchè restìo a parlare di me stesso, informavo quei venticinquemila che la mia abitazione, pur avendo poco in comune con Buckingam Palace e tanto più con una qualsiasi residenza estiva o invernale del senatore Lusi, non è neppure una catapecchia. Ciò nonostante, l’ICI che dovevo pagare non superava la ventina di euro l’anno, per cui il pagamento, se non proprio gioioso, non provocava neppure fitte dolorose.
Naturalmente, essendo personalmente sconosciuto a chi fissava rendite, aliquote, ecc. e soprattutto ai relativi esattori, non godevo di uno speciale trattamento di favore. Devo presumere che accadesse lo stesso ad una folta schiera di italiani appartenenti ai ceti dal medio in giù, magari con qualche differenza non irrilevante, ma certo non abissale, tra chi abita nelle città maggiori e chi nei piccoli centri (ovvero, pardon, “realtà”, come si tende a dire oggi). Una schiera resa anzi foltissima o addirittura schiacciante dal ben noto fenomeno per cui intere categorie di percettori di redditi sicuramente molto superiori ai mio ne dichiarano al fisco di parecchio inferiori, quando dichiarano qualcosa.
Tutto questo discorso mi spinge a riprenderlo la buriana scatenatasi adesso intorno all’IMU, l’imposta-centauro, metà statale e metà comunale, che ha sostituito l’ICI e della quale evito di proposito, anche per incompetenza, di commentare gli aspetti più tecnici tra quelli maggiormente contestati. Sulla stampa e gli altri media è ormai pressocchè corale l’esecrazione di un balzello odioso come l’antica tassa sul macinato che colpisce spietatamente e ciecamente, si dice, “le famiglie”, e per di più obbliga i loro capi o membri più ferrati in alta matematica a sottoporsi a spaventosi rompicapo o a rivolgersi a CAF sovraffollati o a commercialisti esosi per l’esecuzione (ovvero, pardon, “implementazione”) di proibitivi conteggi.
Critiche e contestazioni culminano in gesti e appelli alla disobbedienza civile come i roghi di F24 inscenati da esponenti della Lega Nord e l’esortazione di Daniela Santanchè a rinviare almeno il pagamento della prima rata, come del resto possibile e previsto però a costo di pesanti penalità, che la “pasionaria” del PDL non si offre di saldare per tutti forse a causa dei magri dividendi ricavati dai suoi investimenti nel Billionaire . A livello politico, comunque, il malcontento e l’ira sono trasversalmente predominanti, senza differenze rilevanti tra destra e sinistra nei confronti di un governo tecnico dipinto come emulo di Quintino Sella e sempre più inviso ormai anche dalla sua maggioranza ufficiale.
Intendiamoci. Nel caso dell’IMU come in tanti altri c’è probabilmente parecchio da precisare e da distinguere. Non escludo affatto, ad esempio, che gli immobili destinati ad attività economiche o collegati ad esse vengano colpiti in misura scarsamente compatibile con la loro prosecuzione, resa già difficile dalla congiuntura così ingrata, dai terremoti ormai cronici e così via. Il governo tecnico, è quasi superfluo dirlo, non ha sempre la mano felice nell’affrontare un cumulo straordinario di problemi tanto macroscopici quanto delicati e al limite anche socialmente esplosivi. La sollevazione contro la nuova imposta sulle abitazioni, di per sé e nel suo insieme, in nome di un’equità violentata, mi sembra tuttavia assolutamente ingiustificata, e demagogicamente strumentale quando si arriva a bollarla come una patrimoniale a rovescio.
Non so dove Massimo Gramellini sia andato a scovare quel paio di contribuenti messi in croce quasi fantozzianamente, e certo gustosamente nella descrizione dell’elzevirista della “Stampa” (15 giugno), dall’apparente sadismo di chi ha congegnato il famigerato balzello. Per la mia esperienza, posso solo testimoniare che una frequentazione discretamente proficua della scuola dell’obbligo, se non di quella elementare, dovrebbe consentire un assolvimento relativamente rapido e agevole dell’implementazione di cui sopra. Quanto poi al quanto, l’esito dei conteggi mi ha consentito di non pagare nulla a titolo di prima rata, pur non avendo figli a carico, e di prevedere un esborso finale persino inferiore a quello dell’ultima ICI. Un caso più unico che raro, e se vogliamo pietoso? Tra le mie conoscenze, il solo sensibilmente diverso riguarda un tale consultatosi con un commercialista ottenendo un responso chiaramente errato.
A questo punto, e per concludere, mi resta da confessare che, essendo la mia famiglia proprietaria anche di una seconda casa, un pezzo di baita in montagna, l’IMU mi è costata naturalmente parecchio di più e anche qualcosa di più dell’ultima ICI. Non per questo però mi sento vittima piovosa del governo ladro (anche se un po’ fremo e tremo al pensiero della fine che potrebbero fare i miei soldi) né legittimato a scendere in qualche piazza Tahrir nostrana per rovesciare il sistema. In attesa che qualcuno mi spieghi meglio come si potrebbe eventualmente cambiarlo alla radice senza sprofondare in guai maggiori, ritengo e affermo, a costo di passare per fesso, che almeno chi può permettersi il lusso di una seconda casa non può ragionevolmente lamentarsi di dover contribuire alla quadratura dei conti pubblici tanto più quando incombe la minaccia della bancarotta nazionale. O sbaglio?
Nemesio Morlacchi