I CEFFI DELLA POLITICA FESTEGGIANO

Sollevati, rinati, visto che le amministrative li hanno sì puniti ma non annientati come qualche tremulo tra loro temeva, i cleptocrati si sono messi d’impegno a fare progetti di contrattacco, recupero e recidiva. Bersani, il discusso Agamennone degli Achei sotto le mura di Troia, ha prenotato per sé palazzo Chigi. Casini apporta ritocchi al camuffamento della sua gang, incerto se aggiungere lineamenti obamiani, hollandiani o democristiani. Alfano attende ordini da Arcore e nel frattempo, per mettere in maschera l’accozzaglia della Libertà, rovista armadi, spogliatoi, camerini di burlesque, scaffali di costumisti. Fini DiPietro Vendola Bossi con Maroni almanaccano, per ora senza successo ma non disperano, qualche idea verrà per travestirsi. E poi coloro che credono nel voto sono di bocca buona, manderanno giù.

In ogni caso, ai Ceffi tornerà il gioco. Ci eravamo illusi, brevemente. Riprenderanno a rubare, a imperversare, a toglierci la gioia di vivere. Mario Monti, l’esperimento dei tecnici, tutto sarà dilavato dalla pioggia elettorale, forse persino senza attendere il 2013. Il Colle l’ha pensata giusta per farla scampare alla Casta: il parafulmine Monti contro i sospetti dei mercati e l’odio del Paese, poi le elezioni per reinsediare i Proci. Nemmeno Monti è uno statista: se lo fosse avrebbe fatto altro. Avrebbe spazzato via i ladri del partitismo, avrebbe tolto loro gli arnesi da scasso. Invece è arrivato a fare grotteschi elogi del ruolo dei partiti. Nel mondo di “’Topolino’” il commissario Basettoni non elogia la banda Bassotti, la ammanetta.

Un po’ illividiti (dimagriti no non avendo mai interrotto la crapula) riavremo senza scampo i Ceffi. Sono quasi infallibili le reti elettorali: catturano i pesci. Sono persino munite di appositi varchi che consentono l’astensione, utile via di fuga e valvola di sfogo. La teologia della democrazia elettorale non offre più un’unica alternativa, votare per il partito avversario. La gente capito ha capito che il partito avversario è parte integrante della stessa casta, allora le si offre l’astensione. In più le si offre la possibilità di votare per candidati vaffa, indignados e Piraten. La medicina di un tempo prescriveva il cavar sangue, il salasso a volte assassino, per gran parte degli stati morbosi. Il salasso di oggi è il non voto o il voto vaffa/Piraten. La cultura popolare ignora la democrazia diretta, opposta a quella delegata. Ignora anche il surrogato elvetico (referendum frequenti perché sia il popolo non i parlamentari a legiferare). Perciò andiamo avanti ad eleggere la banda Bassotti.

Avete presenti quelle Pantere della polizia e quelle Gazzelle dei carabinieri che circolano con le foto segnaletiche incollate sulla plancia? Sono le facce dei ricercati, dei sospetti da tenere d’occhio. Nella Repubblica ideale le Pantere e le Gazzelle viaggerebbero con le foto segnaletiche di ABC Fini DiPietro Vendola Bossi. I volti della nostra classe politica sono i ceffi delle foto segnaletiche. Ad ogni modo, attenti a Quei Due che proteggono i ricercati e i gaglioffi.

Un ultimo, facile presagio. Quando la Casta sarà reinsediata e risarcita dei dispiaceri degli ultimi mesi, come esulteranno le Grandi Firme e i sacerdoti della Costituzione! Quanto loderanno il ritorno della politica, il sovrano primato della demoplutocleptodemocrazia! Salvo a cambiare istantaneamente registro, dette Grandi Firme, il giorno che la pentola a pressione esploderà. Andò così il 26 luglio 1943: zitti e buoni i moschettieri del Duce. Spariti dagli occhielli i distintivi col fascio. Mai indossati, anzi mai esistiti, orbaci, sahariane, semplici camicie nere. Gli italiani, intellettuali compresi, erano accesamente antifascisti da un Ventennio.

Porfirio