TITANI DELL’INDUSTRIA PLANETARIA

Per non ignorare tutto di alcune macrorealtà settoriali quasi sconosciute ai non addetti, segnaliamo che la A.P.Moller-Maersk, colosso mondiale dei trasporti oceanici, con sede a Copenhagen, possiede oltre 500 mercantili portacontainer e 225 navi-cisterna. In più costruisce porti, estrae idrocarburi, offre una vasta gamma di servizi in qualsiasi modo connessi con la logistica e con gli scambi globali. Una parte delle navi Moller-Maersk non potrebbero essere più immense: 400 metri di lunghezza. Senza di esse, e della riduzione dei noli che consentono, la globalizzazione non sarebbe quella che è.

Riferiamo più notizie su Cargill, il gigante statunitense del settore alimentare. Fatturato 120 miliardi di dollari, 130 mila dipendenti, attività in 63 paesi. i suoi silos granari nei soli Stati Uniti vantano una capacità di 531 milioni di bushels (1 bu=35 litri). Un’azienda così colossale non è nemmeno in borsa: totalmente privata, appartiene a un centinaio di discendenti diretti e indiretti di William Wallace Cargill, secondogenito di un capitano di mare scozzese, che avviò l’attività a Conover (Iowa) nel 1865. I cento proprietari si aggruppano in due clan familiari che confluirono per matrimoni alla fine dell’Ottocento. Oggi nessun azionista ha un ruolo diretto nella gestione. Se la Cargill figurasse nella lista Fortune delle 500 più grandi aziende del mondo, risulterebbe 18.ma, subito dopo Ibm. Le prospettive che si offrono all’impresa si possono giudicare dalla previsione ONU, secondo cui le produzioni alimentari dovranno raddoppiare entro una dozzina d’anni, solo per migliorare le razioni di cibo di un miliardo di persone.

La movimentazione di decine di milioni di tonnellate di alimenti avviene su circa 350 navi oceaniche, le quali sono noleggiate, non possedute; fanno scalo in 6.000 porti del pianeta. Invece Cargill possiede e gestisce un migliaio di mercantili fluviali. Essendo una mastodontica compagnia di trasporti, Cargill non fa mai viaggiare vuote le navi. Di fatto movimenta più carbone e minerale di ferro per conto terzi che merci alimentari proprie. Inutile dire che la produzione di combustibili sostitutivi dei derivati del petrolio è in costante aumento negli impianti Cargill, che lavorano materie prime di origine agricola e collegata. Materie prime che l’azienda compra sui mercati, con la sola eccezione dell’olio di palma che produce in due vaste piantagioni in Indonesia.

Mentre Cargill non fa agricoltura diretta, promuove grandi iniziative altrui. Si può dire che il Vietnam sta diventando importante produttore di cacao per la spinta di Cargill. che riprese ad operare in quel paese nel 1995 e che ha fatto la sua parte nel balzo in avanti dell’agricoltura vietnamita. Per lanciare l’ex-arcinemico degli USA come grande produttore di cacao, Cargill ha stabilito una partnership con Mars, grande della cioccolata, con il governo vietnamita e con quello dei Paesi Bassi Non molti anni fa il Vietnam importava riso per un milione di tonnellate all’anno. Nel 201O è stato secondo esportatore di quel cereale.

Persino le disavventure di Cargill sono su scala gigantesca. L’anno scorso dovette ritirare dal mercato 17 milioni di chili di carne macinata di tacchino. In un proprio impianto dell’Arkansas alcune linee di prodotto si erano infettate di salmonella. Non sono stati invece segnalati inconvenienti nelle grandi forniture di uova alla catena McDonald’s. Le uova sono consegnate in forma liquida. Logico: i gusci non sono il meglio per la logistica e per la lavorazione.

Fino al 2006, quando è morta vecchia, la più ricca degli azionisti era Margaret A.Cargill, una nipote del fondatore, la quale possedeva il 17% dell’impero del food. Mai sposata, aveva vissuto piuttosto modestamente e, nell’ambito della filantropia che gli straricchi americani sentono come un obbligo, aveva tra l’altro donato 6,2 milioni di dollari alla San Diego Humane Society, nel ricordo del suo prediletto cagnolino Kari. Anche il ritratto di Kari campeggia della sede della Society.

J.J.J.