QUANDO BERTINOTTI SCOPRI’ (NON GLI CREDEMMO) COME INDUSTRIALIZZARE IL MEZZOGIORNO

L’Europa a 27 ha molti disoccupati -in settembre oltre 22 milioni- e non è un buon segno che ciascuna fase di ripresa faccia nascere meno occupazione di quanta ne abbia cancellata la recessione precedente. Per non darla vinta al pessimismo, facciamo conto che le avanzate della tecnologia non abbassino il bisogno di lavoratori. E, sempre per non alimentare il catastrofismo, ricordiamo che il mondo è andato avanti per millenni con tassi altissimi di disoccupazione strutturale. Le donne, per dirne una, faticavano ma non guadagnavano: il pane lo portavano a casa i maschi. Oggi che ogni human femmina ha bisogno di un reddito proprio e che tanti humans maschi escono dalle famiglie alla prima busta paga, magari proprio effimera, la disoccupazione in grande è inevitabile.

Finora la sola soluzione coerente la offrivano i comunisti all’antica: “la collettività crei lavoro e le risorse le prenda dai ricchi”. Un ragionamento che aveva la sua logica. Una parte dei ricchi avrebbero esportato i capitali, ma molti altri non sarebbero riusciti, dunque il danno sociale non sarebbe stato irreparabile. Poi grosse risorse sarebbero venute dalla lotta all’evasione e agli sprechi, oltre che dal disarmo. Dunque la via, giusta o sbagliata, per creare job, la si additava: espropriare i nababbi.

Ma Fausto Bertinotti, il subcomandante guerrigliero che piaceva alle signore upper class, doveva trovare un po’ rozza, poco articolata, la teoria veterocomunista dell’occupazione fomentata. Anche perché non si applicava alla perfezione agli specifici bisogni del Mezzogiorno arretrato. Così un bel giorno, una quindicina d’anni fa, intuì una soluzione tanto più promettente in quanto semplice (e onestamente riferita più al nostro Sud che alla Vestfalia e allo Yorkshire). Si fece intervistare dal ‘Corriere della Sera’ e annunciò, non senza intensità: “Propongo un modello originale di sviluppo per il nostro Mezzogiorno. Non si può rendere quest’area competitiva con la Romania e la Bulgaria -la competizione si farebbe sui bassi salari e sulla bassa qualità dei salari- ma con la Francia, con la Germania, con gli USA”.

Proposito assai lodevole, quello di fare del Mezzogiorno il (serio) concorrente della Bundesrepublik e degli States. Concorrente con quali prodotti? Qui era la creatività del ‘Modello originale di sviluppo per il Mezzogiorno’: “Si tratta di creare distretti industriali, con le necessarie infrastrutture, che puntino sulla tecnologia e l’innovazione, come ce ne sono a Modena e a Reggio Emilia”.

Come a Modena e a Reggio Emilia: perché non ci avevamo pensato? Le generose terre meridionali, che eccelsero nell’arte vascolare -vasi brocche patere pignatte- e che tutt’oggi sono leader nei taralli e nelle cotogne al forno, perchè non potrebbero fare come i modenesi, i quali mettono a punto e collaudano monoposto da 1000 cavalli? Purché, puntualizzava Bertinotti, si creino le necessarie infrastrutture che puntino su conseguimenti avanzati, estremi magari.

Il Paese accolse con qualche perplessità l’intuizione che Matera fosse trasformabile in Modena e Reggio Calabria in Reggio Emilia. E fece male: se ne pente ora che la Ferrari perde colpi, e che la Cina è il gigante mondiale del fotovoltaico, quando il Salento avrebbe potuto valorizzare al massimo il sole di cui è ricco. E’ un fatto: il Mezzogiorno pullula piuttosto di orecchiette e cimedirape piuttosto che di laboratori spaziali; questo è il risultato di non aver prestato ascolto al Subcomandante quando si era trasformato da leader guerrigliero in progettista di balzi tecnologici e in galvanizzatore degli istinti high tech che sonnecchiano a sud del Volturno.

Resta il valore dirompente dell’ultimo pensiero del Rifondatore gramscista-spartachista. Non è troppo tardi. Facciamo distretti di punta in molte, moltissime plaghe meridionali tuttora sacrificate alle mozzarelle e alle provole. Una volta aperta una fabbrica di bolidi a Termini Imerese, il locale grande futuro manufatturiero è deciso una volta per sempre. Naturalmente tutte le regioni ortofrutticole e pastorizie dell’ Esteuropa, afroasiatiche e caribiche adotteranno il modello Bertinotti, così insperatamente accessibile (basta creare distretti high tech).

Non è chiaro a chi l’industria di punta di Eboli e di Caulonia venderà i suoi prodotti d’avanguardia. Su questo punto l’allora Rifondatore del Comunismo non entrò nei particolari. Evidentemente non volle fornire idee commerciali alla miriade di ‘distretti Bertinotti’ concorrenti che duecento paesi membri dell’Onu non avrebbero mancato di moltiplicare.

A chi vendere le sterminate nuove produzioni? Bertinotti l’avrebbe rivelato se la Patria, incosciente, non gli avesse voltato le spalle.

Porfirio