Esultano i pensatori e i pubblicitari dell’Ancien Régime perché la ministra Severino principessa del Foro ha “sdoganato la ricchezza”. Vittorio Sgarbi, piccolo Goebbels di detto Régime, non solo ha messo alla gogna i detrattori di Mammona ma ha annunciato che dopo la Severino “ricco è bello” (applausi multidirezionali dei giornalisti, essi stessi spasimanti di diventare straricchi).
Ma il Vecchio Ordine sbaglia. Si illude. L’exploit Severino (ha versato 4 milioni di tasse su 7 dichiarati) non ha sdoganato proprio nulla. Appena iniziata la Grande Guerra gli ambienti zaristi che avevano voluto il conflitto credettero di cantare immantinente vittoria perché la prima offensiva di due armate russe aveva battuto le deboli divisioni tedesche (il grosso era sul fronte occidentale), le quali avevano ceduto alcuni territori. Ma presto seguirono le battaglie di Tannenberg e dei Laghi Masuri: annientarono le armate russe e posero le basi per la loro disfatta finale, per la Rivoluzione, per lo sterminio dello zar e degli zaristi. La somma bellicista granduchessa Anastasia si era preparata troppo presto a passare in rivista i cosacchi a Berlino.
Sgarbi e le altre trombe della disuguaglianza si illudono come fece la granduchessa. Credono che i popoli, quanto meno nello Stivale, resteranno rassegnati per sempre. Ma perché dovrebbero? Che un grosso avvocato guadagni 7 milioni, o che un top manager, spesso produttore di perdite clamorose, ne faccia il decuplo, è perfettamente assurdo. Non ci vorrà molto per mettere fine allo sconcio: sia abbassando il livello al di sopra del quale tutti i redditi saranno avocati (poco male se un tot di supremi avvocati o manager si impegneranno meno ad arricchire), sia decidendoci a seguire il consiglio del giapponese Akio Morita, creatore della Sony: miniaturizzare il ruolo degli avvocati. Egli pensava in primis alla degenerazione americana (legali troppo importanti), ma la stortura è la stessa da noi.
Infatti i vari Severino (e Ghedini no?) guadagnano quanto i soliti 400-500 operai, senza avvantaggiare in nulla la società. Sono i giudici, non gli avvocati, gli operatori della giustizia. E’ facile inoltre dimostrare che i prìncipi e i mattatori del foro meritano assai meno di altri professionisti, tecnici e scienziati di vertice. Gli avvocati (i notai pure, un po’ meno) sono un’afflizione che viene da Dio. Le professioni legali andranno ridotte a dimensioni minime.
Uno degli strumenti potrebbe essere l’istituzione di un SGN, Servizio Giuridico Nazionale, con un “avvocato condotto” o di base, modicamente pagato, ogni tot di abitanti, il quale fornisca il patrocinio semigratuito, ove realmente indispensabile, con modalità simili a quelle del Servizio Sanitario Nazionale. Al di fuori di questo ‘giure nazionale’ i compensi alla residua professione libera sarebbero tassati più pesantemente ancora che nel caso Severino: questo anche per scoraggiare la litigiosità. Gli avvocati condotti percepirebbero, in aggiunta alla paga, solo modesti premi di laboriosità. I più bravi tra tutti i liberi praticanti non dovranno ricevere milioni ma civiche onorificenze, coppe e targhe d’onore. Questo dava l’Ellade a capitani e atleti vittoriosi, ai grandi del teatro: corone e modesti peculi.
La facile obiezione è che le lobbies non permetteranno. Senza fatti straordinari, andrà certamente così. Ma il giorno che le masse smetteranno di sopportare l’irrazionale, il grottesco, il canagliesco della troppa disuguaglianza, il fatto straordinario avverrà. Sarà quella la rivoluzione. Non sorgerà da sola: un uomo grande, una donna magari ma grande come Giovanna d’Arco o come Madre Teresa da Calcutta, la susciterà e la guiderà alla vittoria. Non la ispirerà alcuna teoria o analisi dei politologi. Invece sì le fedi e i sentimenti forti che nutrirono i popoli nei millenni.
A.M.Calderazzi