MARZABOTTO, MY LAI, I DRONES DI OBAMA

“On March 16, 1968, two platoons of American soldiers arrived at the hamlet of My Lai, in the district known as Son My in what was then South Vietnam. They were on a search-and-destroy mission: They entered the village around 8 in the morning. Several hours later, between 300 and 500 villagers lay dead. The details were horrific. Eyewitnesses described bayonetings, clubbings, and close-range shootings, all without a single shot being fired at the Americans. Many of the dead were women, children, and the elderly. Some were killed while kneeling in prayer”.

E’ l’incipit dell’articolo di Stephen L .Carter, ‘My Lai revisited’, che apre ‘Newsweek’ il 26 marzo 2012. L’autore constata che “il massacro non determinò, come molti credono, una svolta nel giudizio degli americani sulla guerra del Vietnam, Un solo imputato, il tenente William Calley comandante dei reparti di My Lai, fu condannato per la strage: ma gli americani biasimarono la condanna. Un sondaggio confidenziale della Casa Bianca accertò che 4 americani su 5 volevano la liberazione del tenente Calley”.

L’articolo di Carter prosegue: “Lt.Calley was sentenced to life in prison. But the sentence was later reduced to 20 years, then to 10. Calley was finally released after three and half years of house arrest.” Per Carter l’ergastolo era giusto “per un uomo che aveva personalmente adunato in un fosso e ucciso le vittime”. Altro rilievo agghiacciante: “Support for the war had begun to drop a bit. After the massacre became known, public support actually increased”.

Stephen L. Carter allinea alcune attenuanti dell’orrore: “All’epoca del massacro oltre un milione di americani avevano servito o stavano servendo nel Vietnam. Tutti conoscevano qualche reduce. Sarebbe assurdo giudicare l’America e i suoi militari per gli imperdonabili crimini di alcuni, sia pure considerando le dozzine di altri fatti gravi che emersero nel 2006 dalla declassificazione di documenti del Pentagono”.

Sarebbe assurdo, sì. Assurdo però anche “capire” il Lt. Calley in quanto un milione di americani avevano servito nel Vietnam. Essere lì, a sganciare più bombe che nell’ultimo conflitto mondiale, a uccidere un milione di vietnamiti, era un’aggravante, la suprema delle aggravanti, non una giustificazione. Più terribile che la ferocia di un ufficiale e dei suoi due plotoni di assassini, fu che “public support for the war actually increased after the massacre became known”. Fu orrendo che “four out of five Americans wanted Calley released”. ‘Newsweek’ non dice che l’America applaudì alla cancellazione della pena, dall’ergastolo a 42 mesi di arresti domiciliari; noi non possiamo affermarlo. Però ne siamo sicuri.

Il giornalista Carter si dice certo che non troverà clemenza lo Staff Sgt. Robert Bales, che dalle parti di Kandahar (Afghanistan) ha ucciso giorni fa 16 donne, vecchi e bambini. Si dice certo in quanto “America has changed (…) our instinct had been to sweep our atrocities under the rug, lest they distract from the larger cause at stake. My Lai mercifully put an end to that habit”. Questo è un lapsus: due paragrafi prima Carter non ha scritto “After the massacre became known, public support for the war actually increased”?

E noi, il mondo dei non americani, dei non devastati dalla lebbra del patriottismo bellicista e del diritto di uccidere, abbiamo bevuto fino in fondo il calice dell’orrore, di appartenere alla stessa umanità del Lt.Calley? Oppure su Marzabotto abbiamo essiccato tutte le nostre lacrime e non dobbiamo versarne più sulle quotidiane My Lai dei drones di Obama?

Anthony Cobeinsy