Sabato 10 marzo sul Corriere della Sera e su Die Welt è apparso un appello, firmato da grandi personalità italiane e tedesche, per rilanciare l’integrazione europea. Più unione politica e maggior federalismo sono i cardini della richiesta, e in particolare si chiede che venga lasciato spazio di azione all’Unione in tema di sviluppo sostenibile, immigrazione, politica energetica, dimensione sociale, politica industriale, cooperazione giudiziaria in campo penale, la politica estera e di sicurezza. Insomma, un passo deciso nella creazione di quel soggetto politico europeo che ancora oggi stenta a decollare.
La cosa più interessante nel documento arriva nelle ultime righe, quando i firmatari (tra cui Amato, Prodi, Beck, Bonino, Pottering, Frattini, Brok e molti altri) provano a delineare in modo molto concreto le prossime tappe del percorso da loro immaginato. In particolare, giunti ad avere una Convenzione costituente che adotti un nuovo trattato per andare oltre quello di Lisbona, si chiede che sia iscritta “una clausola di integrazione differenziata, dando tempo sufficiente ai Paesi recalcitranti o di unirsi ai Paesi decisi o di recedere dall’Unione usando il diritto previsto dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona”.
Cosa significa, al di là dei linguaggio giuridico?
Significa che, secondo l’intento dei firmatari italiani e tedeschi, la dinamica europea delle “diverse velocità” (o dei “cerchi concentrici”) è solo momentanea e destinata a morire. Non sarà più possibile che ci siano Stati molto integrati, medio integrati e poco integrati, tutti dentro l’Unione europea. Già la moneta unica crea una doppia velocità (chi ce l’ha e chi no) che è difficile gestire ora, figuriamoci quando le politiche economiche e fiscali saranno ancor più interconnesse. Altri sfasamenti in ambiti quali la giustizia penale o la politica estera non sarebbero ammissibili oltre un certo limite di tempo.
Insomma, dopo aver predisposto il nuovo trattato si darà tempo per riflettere a chi nutre dei dubbi sulla propria appartenenza all’Unione europea, e magari verranno indetti dei referendum a tal proposito per consultare le opinioni pubbliche (che sarebbe il caso di informare su costi/benefici della Ue, non di imbottirle di propaganda e populismi). Poi chi vorrà unirsi all’avanguardia di Stati che avrà iniziato ad adottare le nuove regole più stringenti di integrazione lo potrà fare, ma senza mezze misure e balbettii. Chi invece preferirà starsene fuori – sembrano dire i promotori dell’appello – non verrà ostacolato. L’articolo 50 del TUE, “Recesso dall’Unione”, è stato pensato proprio per questo.
Se l’appello dovesse cominciare ad avere i suoi primi effetti, e Germania e Italia iniziassero a promuovere questa revisione dei trattati, a Inglesi e Cechi dovrebbero cominciare a fischiare le orecchie. E non solo a loro.
Tommaso Canetta
Ps. Chi volesse aderire all’appello può farlo inviando una mail all’indirizzo presidente@movimentoeuropeo.it