OLIMPIADI, PARTITI E LIMITI DI DECENZA

Per capirci meglio

Un amico mi ha confidato che fino a qualche giorno fa considerava il governo attuale perfino peggiore del precedente, che chiaramente non apprezzava, ma di avere cambiato radicalmente opinione dopo il no alle Olimpiadi a Roma. Non condivido, e come potrei?, la prima parte della confidenza, ma sottoscrivo in pieno la seconda. Senza pretesa, ovviamente, che si tratti di un pronunciamento memorabile, bensì con la soddisfazione di trovarmi almeno per una volta in sintonia con la maggioranza probabilmente schiacciante dei miei connazionali. Una maggioranza, comunque, ampiamente trasversale, visto che spazia da Daniela Santanchè ai leghisti, da Vittorio Feltri al Manifesto, e comprende anche sportivi carichi di gloria come Berruti e Mennea.

Mi spiace, semmai, il disaccordo con quanto aveva scritto in precedenza su questa rivista  Marco Vitale, alle cui argomentazioni a favore del sì non mi sembra tuttavia il caso di replicare, dato che tutte le possibili ragioni del no sono già state abbondantemente esposte sulla stampa, alla radio e TV, ecc. Mi duole, inoltre, che una volta di più il Partito democratico si sia trovato spiazzato dalla decisione governativa e dalle reazioni ad essa, ma non è stata certo la prima e non sarà sicuramente l’ultima, dato l’andazzo.

Mi rallegra, in compenso, lo smacco subito da Gianni Alemanno, che già aveva vanamente provato ad aggiungere la Formula Uno alle attrazioni della Città eterna e ora si sfoga rimproverando al governo di non saper scommettere sul futuro del paese; come se fosse il momento di scommettere su checchessia imitando i manipolatori dei derivati e degli altri balocchi della finanza creativa. Per non parlare, poi, dei massimi ma non prestigiosissimi dirigenti dello sport nazionale, lamentatisi di una mancanza di rispetto da parte del capo del governo anche per aver dovuto fare un po’ di anticamera  prima di essere ricevuti per il doloroso annuncio.

Quanto a Mario Monti, confesso di capire almeno in piccola parte il repentino ripensamento di quel mio amico, nel senso che la battuta del premier sulla noiosità del posto fisso mi era sembrata un’inopinata e allarmante ricaduta nel tipo di esternazioni del predecessore (disoccupati sposate mia figlia, ristoranti e aerei sempre pieni, e così via), fortunatamente controbilanciata in termini di sostanza dal successivo no ad una spesa pazza e per di più incalcolabile. Mentre il suddetto predecessore non solo avrebbe detto sì (benché si sia astenuto dal deplorare il no) ma, come sappiamo, non avrebbe mai rinunciato al ponte sullo Stretto.

Ora comunque bisogna augurarsi che Monti continui su questa strada, come in realtà promette di fare anche con la decisione di esigere dalla Chiesa il pagamento dell’ICI o IMU per gli immobili non ragionevolmente coperti da esenzione, tanto più che il problema si pone, a quanto pare con dimensioni non meno imponenti, anche per altri soggetti a cominciare, figuriamoci, dai partiti. E’ una strada impervia , certo, per un governo privo di una normale maggioranza parlamentare. Basti pensare al finanziamento pubblico dei partiti stessi, di cui abbiamo appena scoperto i più imprevedibili orrori e dai cui insaziabili beneficiari c’è da attendersi una difesa ad oltranza dello status quo, in spregio a quanto intimato a suo tempo mediante referendum e il popolo sovrano verosimilmente continua a reclamare con crescente forza.

Non ha torto Pier Luigi Bersani quando afferma che senza finanziamento pubblico le campagne elettorali potrebbero farle solo i miliardari. I soldi pubblici bisogna tuttavia meritarli, e non si direbbe che i partiti lo facciano dal momento che il loro livello di gradimento giace al 4%, parecchio inferiore a quello della Chiesa cattolica, che sarà anche un po’ troppo dedita agli affari ma svolge pur sempre attività assistenziali finora insostituibili. Esistono comunque limiti di decenza, ammesso che questo concetto sia ancora proponibile, da rispettare o meglio ristabilire, ma che verrebbero imperdonabilmente superati se, ad esempio, di quei finanziamenti continuassero a fruire, copiosamente, perfino partiti ormai deceduti, paragonabili alle anime morte di Gogol con cui i proprietari terrieri russi frodavano lo Stato.

Nemesio Morlacchi