F35, GUAI A FARNE A MENO

Volevamo, io tra i primi, i tecnici al governo? E Mario Monti ha preso a ministro della Difesa l’ammiraglio Giampaolo Di Paola. Nessuno più tecnico specifico di lui, che ha prontamente provato a proteggere da tagli le spese militari. Ci riuscirà? Non ce la farà?

Avere civili a capo del dicastero un tempo ingenuamente chiamato ‘della Guerra’ era stata un’improvvida conquista liberale, persino popolare. Oggi un corteggio di ex ministri civili, comprendente guerrieri quali Parisi, Martino e La Russa, subisce la mortificazione che sotto Monti un loro successore non sia stato espresso dalla milizia partitocratica ma dai  guerrieri difensivi con greca e stelle da ammiraglio. E’ tempo che il Sindacato degli ex-ministri bellici (si vis pacem para bellum) si appelli al Comandante supremo delle Forze Armate, lassù sul Colle, perché fermi in tempo la degenerazione a danno dei borghesi RAM (ridotte attitudini militari). Quando l’ammiraglio lascerà, nessun gallonato si faccia strane idee; dovrà toccare a un politico di lungo corso e soprattutto puro, nel senso che sappia fare solo politica.

Non solo. Visto che oggi la nostra macchina da guerra è composta anche da donne, amazzoni procacette in vario grado imbattibili nel combattimento, è giusto che alla sommità del dicastero della Difesa Pacifica si alternino politici dei due/tre sessi oggi riconosciuti. A questo fine il solco è stato tracciato in Spagna da J.L. Rodriguez Zapatero. Non solo sovrappose a tutti i mariscales y almirantes la donna politica Chacon, ma esigette che volasse in Afghanistan ad ispezionare il contingente spagnolo col pancione di gestante. Non se n’è parlato molto, ma il Ministerio de la Defensa dové ordinare un piccolo stock di giubbotti antiproiettile/antimissile, sia della misura Lieta Attesa, sia di quella Neonatale, putacaso la ministra venisse colta dalle doglie nelle truci valli talebane.

Purtroppo l’anelito femminista di Zapatero non ha portato fortuna alla Chacon. Perso per la deplorata vittoria di Rajoy il Ministerio, la molto onorevole Chacon è stata anche sconfitta da un maschio nella contesa per il ruolo di capo del Partido socialista obrero. Non un buon precedente per le nostre -Santanché Melandri Craxi Finocchiaro Rosy Bindi- che aspirano a succedere all’Ammiraglio quando il 2013 avrà restituito la Patria ai partiti.

 

Parliamoci chiaro. Se mai si può parlare di un momento in cui la Repubblica è sotto la minaccia di potenze nemiche, e deve prepararsi a combattere nel nome della pace e della ‘più bella delle Costituzioni’, il momento è questo. Le minacce sono sì invisibili, ma proprio per questo più pericolose.

Nessuno può escludere p.es. che i Talebani cerchino una spiaggia o un porticciolo velico qualsiasi dalle Alpi al Lilibeo per rifarsi delle sconfitte subite dai Navy Seals. Non ci sono parole che bastino per descrivere la sfida delle divisioni aviotrasportate e delle squadre navali talebane. E chi può escludere la rabbiosa vendetta dell’Estonia, della Repubblica Dominicana, di altre potenze, per le volte che gli atleti azzurri sbarrarono loro questa o quella strada olimpica?

Le minacce che incombono sono tali da richiedere, oltre alla militarizzazione degli storici opifici d’armi bresciani, un extra sforzo produttivo sia delle fabbriche Finmeccanica, sia dei colossi degli armamenti dell’intero campo demoplutocratico. In più si dovranno prevedere acquisti si-vis-pacem in Cina e in altri paesi emergenti o emersi. Nessun sistema d’arma o macchina ossidionale andrà trascurato, tanto multiformi e polidirezionali presentandosi le minacce.

Con alcuni millenni di conquiste, o almeno di spedizioni, dietro di noi, diciamo la verità. Abbiamo nemici su tutti i quadranti dell’orizzonte. Perché non potremmo subire un furioso contrattacco di Cartagine dopo i colpi subiti da ben quattro Scipioni -Africanus, Asiaticus, Aemilianus e Nasica detto Corculo- delle cui devastazioni la Repubblica nata dalla Resistenza è responsabile, non solo civilmente? Forse che il Tesoro è assicurato contro una possibile querela di Zagabria per la distruzione della capitale dei Dalmati, attribuita al predetto Nasica Corculo?

La Gallia, l’Ispania Betica e quella Tarraconensis, la provincia Retica, la terra dei Parti e varie altre ex-colonie di Roma pullulano di teste calde intente a scatenare class actions. Non parliamo di etnie che i nostri bisnonni oppressero di recente. Non solo, è chiaro, gli abissini di Ras Tafari e gli ottomani del Dodecanneso, anche gli stessi Shqipetari d’Albania. Tutti gli aventi causa delle genti da noi sopraffatte nei secoli potrebbero unirsi a nemici d’oggi, questi ultimi tanto più pericolosi in quanto fingono di non esistere.

Bando ai mezzi termini: non ci sono divisioni corazzate, portaerei e flotte da battaglia che bastino. Abbiamo sommergibili inadeguati, capaci di operare solo in acque costiere, lagune e acquitrini; tra l’altro non si vede perché i nostri U Boote non debbano essere propulsi al più presto dalla fissione dell’atomo, come quelli non solo delle superpotenze ma, chi può escluderlo, di Ceylon e dell’Ecuador. Che media potenza siamo se non aggiorniamo incessantemente la panoplia termonucleare, purtroppo ancora in divenire?

 

E’ vero, un recente vertice tra gli arazzi, i corazzieri e i lacché della Casa di tutti gli Italiani ha dovuto, a causa dello spread, esaminare tagli semisimbolici alle commesse miliardarie per F35 ed altri armamenti di punta. Ma si è trattato di un momentaneo, rischiosissimo smarrimento dei supremi decisori: ricattati da jene e sciacalli del rating, incalzati dal populismo demagogico, insidiati dalla tentazione pacifista. Se non avessimo una cornucopia di generali a quattro stelle saremmo perduti. E poi: per un paese che adempia agli Obblighi delle Alleanze, la venticinquina di miliardi della spesa militare è il minimo assoluto. Mancasse la venticinquina, i guerrieri del Senusso emetterebbero sconci crepitii al nostro indirizzo.

Quello dei crepitii è una brutta abitudine della Quarta Sponda; contagiò anche il normanno Ruggero signore della Sicilia. Scrive lo storico arabo Ibn Al-Athir: “Quando il suo parente Re Baldovino mandò a Ruggero una delegazione per proporgli la conquista della costa d’Africa, Ruggero, levata una gamba, fece una gran scorreggia. Poi dichiarò: ‘Affè mia, questa vale più di codesta vostra proposta’ (da ‘Storici arabi delle Crociate’ a cura di Francesco Gabrieli, Torino. Einaudi, 1963). Per completezza, riportiamo dal dizionario Devoto-Oli la definizione della particolare risposta di Ruggero ‘levata una gamba’: ‘Emissione di gas intestinali dall’ano’.

 

Contro i possibili crepitii dei Senusso servono gli F35, servono 17 nuove fregate della classe FREMM, nonché batiscafi, palloni frenati e molto di più. Su questo i feldmarescialli del Consiglio supremo non transigeranno, oppure sì ma passata la sobrietà si rifaranno.

 

Che poi detti feldmarescialli non sono né belluini, né senza cuore. La nostra Difesa Pacifica, oltre a corrispondere stipendi, vitalizi, rimborsi viaggi e convegni, vacanze ristoratrici e rette dei collegi militari, deve anche alloggiare i guerrieri, le famiglie, le coppie di fatto, i pensionati con badanti, le vedove, le figlie nubili. Deve sussidiare il personale che voglia comprare l’alloggio occupato ma non disponga di credito bancario. La trasformazione delle Forze in una realtà solo volontaria ha accresciuto ‘a dismisura’ -sottolinea un documento ufficiale della Camera dei Deputati da noi sbirciato su Internet- il fabbisogno di alloggi. Nel 2011 si valutava ne servissero 51 mila, contro una disponibilità di 18 mila. Il resto è da costruire o reperire, con una spesa non indifferente cui dovremo a tutti i costi far fronte (nuove carceri e ostelli per barboni attendano). Gli alloggi dei generali ed ammiragli sono sontuosi, ma quelli dei marescialli d’alloggio spartani.

Sbaglia di grosso chi crede che le FF.AA. servano solo a presidiare confini, a pattugliare cieli e oceani. Nessuno si sogna di gareggiare col Pentagono per dovizia di trattamenti alle famiglie degli Invincibili. Ma ci sono standard da rispettare perché i combattenti  alloggino decorosamente, dimodoché sempre più amino la Più bella delle Costituzioni.

Porfirio