SE SARA’ ECONOMIA DI GUERRA

La crescita non solo non è desiderabile, forse è anche impossibile. Il governo lavora a misure di sviluppo, ma la prosperità la fa il mercato, controparte sgradevole e niente affatto provvidenziale. Le misure  d’imperio producono finta crescita, poca crescita o nessuna crescita.

Diciamo che un tot di fabbriche, invece di portare i libri in tribunale, ingrossino la produzione: dove saranno i nuovi mercati di collocamento? La globalizzazione non ci è amica. Sul piano interno le misure espansive potranno stimolare alcuni consumi. Ma perché abbiano qualche effetto a breve dovranno indebolire il risanamento avviato, con circospezione eccessiva, da Mario Monti; cioè dovranno aprire nuove falle, nel momento stesso che il servizio del debito si farà costoso al limite dell’insostenibilità. Chi di noi non ama il benessere e lo sviluppo ininterrotti non avrà di che preoccuparsi di un pronto ritorno alle vacche grasse. E non è detto che il governo delle eccellenze tecniche -grazie a Dio sostituito alle diseccellenze, mariuolerie e ladrerie politiche- passi incolume attraverso le imboscate dei partiti.

L’uragano finanziario potrà lasciare i cieli dell’Occidente, ma un nuovo rigoglio della ricchezza è improbabile. La squadra di governo farà bene ad allestire un piano B, uno C ed anche altri: che fare in caso di nessuna crescita, di più decrescita, di maremoto grave.

Se le cose si metteranno male si andrà a un’economia di guerra: non rilancio dei consumi ma razionamento dei beni essenziali e calmierati. Requisizioni secondo necessità. Patrimoniale per tutti, minima sui poveri, sempre più alta sui ricchi (e il lusso, l’alta gamma e l’edonismo deperiscano, periscano). La tassazione dovrà essere espropriatrice oltre un certo livello. Verso la fine del secondo conflitto mondiale il  fisco degli USA arrivò a prelevare su certi redditi oltre il 90%, cioè ad avocare.

Innumerevoli proprietà ipotecate, cominciando dagli alloggi, andranno all’incanto: qualche controllo dovrà stroncare gli sciacallaggi e regolare le non evitabili vendite agli stranieri.  Quanti perderanno casa, bottega e lavoro andranno aiutati ad unirsi in comunità (un po’) assistite, in gilde e  in kibbuz, sole alternative alla miseria disperata. Le spese non indispensabili né urgenti andranno fermate, cominciando da sport, arte, cultura e turismo elitario. I bilanci militari e diplomatici quasi cancellati, bisognerà ripudiare trattati, convenzioni e alleanze di civiltà. Se l’Europa protesterà, si dovrà fare a meno dell’Europa. Le spedizioni militari, solo se sovrafatturate agli USA: mercenari e armi, a loro carico integrale.

Queste ed altre misure draconiane sono state e sono alla portata di qualsiasi governo di tipo democratico-liberale. Tuttavia in caso di emergenza estrema, coi barbari alle porte, ogni forma tradizionale, cioè obsoleta, di  democrazia e di libertà andrà accantonata. Gli scioperi, le lotte e le cagnare, manco a dirlo. L’assetto generale dell’economia e della società dovrà evolvere verso questa o quella forma di semi-socialismo e di disciplina collettiva, accettando arretramenti  e riscoprendo pratiche del passato. Per negare la necessità di queste ed altre cose occorrerà confidare nei miracoli. Cambierà la vita, e non in peggio.

Ione