IL REGIME DEL 4%

Il XIV Rapporto Demos attesta che ha fiducia nei partiti il 3,9% degli italiani. Ma non sono 67 anni, dal ’45, che il Regime dei partiti statuisce che non c’è democrazia senza partiti? Che il grande dono della Liberazione fu il partitismo? D’Alema e Luciano Violante, alla testa di una legione di politologi e di giornalisti di palazzo, argomentano da sempre che la norma di un paese ‘normale’ è il gioco e la (sia pure incresciosa) rapina dei partiti.

Sbagliamo o tra qualche mese, se il governo dei tecnici riuscirà a non farsi assassinare dallo spread, la suddetta percentuale si abbasserà fino a spegnersi? Se continua così, l’assetto basato sui partiti e sulla loro Costituzione ha una prospettiva corta. Arriverà a compiere 70 anni nel 2015, quanto meno per non restare sotto la Terza Repubblica di Francia, che settant’anni durò?

3,9% vuol dire poco più di un italiano su trenta. Quanto può durare una situazione nella quale gli altri 29 non contano niente? E’ vero, i 29 non hanno iniziativa, subiscono e basta. Ma se verrà la bancarotta, se sorgerà un uomo a dimostrare che il regime dei partiti è l’oppressione dei peggiori? In tal caso avrà ragione chi dalla débacle dell’ipercapitalismo si attende più bene che male. Prima della dèbacle l’ordine del 1945 sembrava millenario, intramontabile. Oggi, chissà.

Se la colluttazione con lo spread finirà male, vorrà dire che Mario Monti non avrà fatto abbastanza per farla finita con le istituzioni architettate dai partiti. Che era nel giusto chi ragionava: la soluzione Monti implicava i pieni poteri, non i compromessi col 3,9%. Nei secoli della crescita e delle vittorie irresistibili, la Repubblica romana sospendeva all’occorrenza tutte le magistrature e si affidava a un solo capo, munito dell’imperium maximum.

Supponiamo invece che i due consoli, Monti e Napolitano, salvino la patria: non per questo vanno amnistiati e salvati i partiti che nel 1945 si presero l’appalto della cosa pubblica, Qualche settimana fa un regista del regime, Michele Salvati, confessò: “La prospettiva di tornare alla politica com’era fa accapponare la pelle”. Noi avevamo osservato altrove che dopo la fase Monti “poco sarà come prima”. Eravamo stati timidi. E.Galli della Loggia l’ha messa più netta (Corriere, 9 gennaio): “Sempre che il  governo concluda con successo il compito che si è assegnato, nulla sarà più come prima”.

Ha spiegato: “Se Monti riuscisse, segnerebbe un punto di non ritorno. La maggioranza dell’opinione pubblica italiana non sarebbe disposta a ripiombare nel passato, a essere governata come è stata governata fino a novembre. Non sarebbe più disposta, in particolare, a sopportare governi di coalizione: fisiologicamente divisi sulle cose da fare, lottizzati in feudi partitici, intimiditi dai sindacati e dalle lobby di ogni genere, vittime sempre di veti incrociati. Non sarebbe più disposta, infine, ad essere governata da un personale politico da decenni inamovibile, logorato, popolato di mezze calzette (…) L’eventuale successo del governo Monti segna l’inevitabile tramonto della forma attuale dei partiti (…) Con Mario Monti gli italiani hanno già iniziato a prendere confidenza con una leadership di tipo nuovo, democratica ma forte, che mira diritto allo scopo. Si tratta ora di dare a tale nuovo modo di governo forma stabile e regole conformi”.

Galli della Loggia dice giusto, of course. Peraltro sia lecito chiedere: 1) Che farebbe nel concreto l’opinione pubblica ‘non più disposta a ripiombare nel passato’: arriverebbe a voltare le spalle a tutti i partiti, vecchi e nuovi, o si fiderebbe del pentimento e delle promesse di resipiscenza di questo o quel mariuolo? . 2) Che succederà se tra qualche mese i partiti scomunicheranno “la leadership di tipo nuovo, democratico ma forte, che  mira diritto allo scopo” ? 3) Che accadrà se Monti non avrà successo?

Resta la grande importanza della previsione che nulla o quasi nulla sarà come prima.  Proponiamo noi le risposte ai tre interrogativi. Primo: se la minaccia del default venisse meno, Galli della Loggia non dovrebbe fidarsi troppo della fermezza degli italiani. Lasciati a noi stessi siamo da un paio di millenni accomodanti, indulgenti. Avremmo bisogno d’esser messi con le spalle al muro. Secondo: vedi risposta precedente. Terzo: questo è l’interrogativo vero. Se Monti non avrà successo, dipenderà poco dagli italiani o dai partiti,  molto da un fattore X: se sorgerà o no un protagonista alternativo sul serio, che vada ben oltre la novità rappresentata dal Monti che conosciamo, anzi dalla diarchia Monti-Napolitano. Un protagonista che rovesci il tavolo, sospenda le istituzioni, le convenzioni e la Costituzione; che imbocchi la strada delle novità rivoluzionarie, estromettendo i partiti e i personaggi delle passate stagioni. Potrebbe essere, naturalmente, un Monti (o Monti-Napolitano) opposto a quello che conosciamo.

Un po’ meno essenziale è conoscere il pensiero di Galli della Loggia quando evoca un cambiamento “delle regole che presiedono alla formazione e al funzionamento dell’esecutivo e del suo capo, cioè gli articoli della Costituzione che regolano tale materia”. Sta fresco il noto politologo se si aspetta che il Regime si autoriformi ai sensi della Costituzione. La Costituzione è lì perchè nessuno, meno che mai il Mob dei partiti, tenti di liquidare il Regime. Casta delenda est.

A.M.Calderazzi