CORTINA INSEGNA: ORA LEGGI SUNTUARIE

“La ricchezza non va demonizzata. La ricchezza è un valore”. Il presidente Monti la mette così, ed è il verbo Bocconi/Yale. Ma è un verbo da respingere. La brama della ricchezza è la condanna che l’uomo si porta addosso dal giorno della Creazione.

In astratto questo discorso non potrebbe essere più banale. Calato nel concreto, banale non  è. I media liberalplutocratici si sono chiamati a crociata contro i blitz dell’Agenzia delle Entrate a Cortina, a Portofino, ad altri santuari della fede edonista-tamarra. Le parole d’ordine: no alla demagogia, al pauperismo, allo stato di polizia, all’invidia sociale, eccetera. Persino Radio 24, voce della Confindustria, ha sentito il dovere di contrastare questa mobilitazione contro il Fisco: le retate alla Cortina, ha argomentato, non sono contro la ricchezza, sono contro l’evasione delle tasse, che è un reato e un danno agli altri contribuenti.

Brava Radio confindustriale, il suo è un intento altamente civico. Però se i blitz alle pagode di Mammona devono avere una valenza didascalica contro l’ideologia del lusso, non vanno limitati al perseguimento della renitenza fiscale. Il possesso e l’ostentazione  della Porsche della Barca e del Suv vanno colpiti anche in chi non evade. Il rifiuto del superfluo egoista non è invenzione moderna. Lo sappiamo dalla terza elementare che le società antiche imponevano leggi suntuarie, il cui fine non era tanto di allargare gli introiti fiscali, quanto di moralizzare il comportamento dei ricchi.

Quelle della repubblica romana antica furono una cosa seria, sorta nel contesto virtuoso dei quiriti contadini e guerrieri vittoriosi.  Non avrebbero costruito l’impero senza il nerbo della morale pubblica. La difesa dei costumi, difesa anche dalle tentazioni del lusso, era tra i compiti principali dei due censori, al vertice della classe di governo. Fino al 350 furono esclusivamente patrizi, scelti tra personalità che avevano raggiunto il consolato.

Oggi, nella fase più matura cioè senile dell’ipercapitalismo consumista, combattere gli eccessi di elitismo e di ostentazione ha un senso che va oltre la lotta all’evasione. Meritano la gogna anche quanti le tasse le pagano ma scelgono di contrapporsi alla misura, alla sobrietà, alla coscienza ecologica del ceto medio-modesto, la ‘classe generale’ delle società occidentali.

Nell’economia italiana le produzioni legate al lusso, alla moda, agli sport venali e volgari sono egemoni, ma ciò è patologico. Vanno tollerate solo in quanto alimentino correnti d’esportazione; sul piano interno andrebbero disincentivate. Chi produce alcoolici, tabacco, caffè e farmaci , non si presume consumi poco i suoi prodotti?

Plauso altissimo dunque ai blitz quotidiani. Avranno effetti recessivi nei comparti meno onorevoli, ma faranno bene all’anima. E a nessun lavoratore del lusso si neghi un modesto sussidio, uguale  per tutti, quando perde il lavoro.

Porfirio