RISCHIO GERMANIZZAZIONE DELL’EUROPA?

Per capirci meglio

Un ennesimo spettro si aggira in Europa: quello della germanizzazione. Ciò che non era riuscito al Barbarossa, a Bismarck e neppure a Hitler, che pure ci era arrivato assai vicino, sta per essere realizzato, non col ferro e col fuoco ma con la complicità dei mercati finanziari, da Angela Merkel. Dalla donna venuta dalla defunta DDR con il suo aspetto, se non proprio angelico, almeno un po’ materno e con i suoi vestitini da anni ’50, come fatto rilevare da Alessandra Mussolini, nipotina del Duce e fine politologa. Sono le ironie della storia, come avrebbe rilevato invece Isaac Deutscher, illustre studioso del comunismo con tutte le sue nefandezze e i suoi grandi sogni svaniti.

Parliamoci chiaro. Quello spettro non viene agitato solo dai media facilmente apprensivi o alla ricerca di frasi e titoli ad effetto ma accreditato anche da gente seria, compresi non pochi tedeschi preoccupati di sfatare antiche paure. Come nel caso del già ministro degli Esteri e vice cancelliere Joschka Fischer, ex sessantottino e convinto oppositore del bellicismo di G.W.Bush. Che la stessa Merkel e i suoi collaboratori smentiscano è naturalmente scontato, ma ciò non toglie che si tratti, e non vorremmo sbagliarci, di una plateale sciocchezza.

Fino a ieri la cancelliera veniva coralmente accusata, in casa, di incertezza e indecisione di fronte alla crisi dell’euro. La tiravano però per le maniche soprattutto i banchieri, timorosi di perdere i soldi investiti nei paesi a rischio default, e i fautori del ritorno al marco, divenuti più forti di numero e di argomenti da far valere. Ora la vicenda si è conclusa, a quanto pare, con un parziale rafforzamento dei legami intercomunitari preteso da Berlino in cambio di ulteriori impegni finanziari da parte dei soci e non certo per soddisfare mire egemoniche, comunque senza alcun trionfalismo da parte tedesca.

Da ricordare, in proposito, che anche l’Unione europea nacque a Maastricht con l’adesione del cancelliere Kohl alla più stretta integrazione comunitaria richiesta da Mitterrand in cambio del nulla osta alla riunificazione tedesca. Ora il peso predominante della Germania nella UE cresce ulteriormente grazie alla più sana e robusta costituzione della sua economia e allo sganciamento della Gran Bretagna, peraltro del tutto volontario e da nessuno desiderato. Ma insieme al peso crescono anche le responsabilità e diminuisce invece la libertà di manovra di Berlino, comunque interessata al risanamento delle altrui economie anche per sostenere la propria così dipendente dalle esportazioni.

D’altra parte, una certa dose di germanizzazione degli altrui comportamenti e abitudini di sicuro non guasta. Non per l’Italia, sul piano economico, così restìa a tirare sul serio la cinghia, come i tedeschi possono insegnare a fare, quando occorre e quando dalle parole si deve passare ai fatti. Ma neppure in altri campi, benché nessuno sia perfetto, notoriamente, e quindi anche i tedeschi non siano ovviamente esemplari proprio in tutto.

Si resta tuttavia colpiti trovando su due intere pagine (di grande formato) del settimanale “Die Zeit” un’autentica pioggia di proteste da parte dei lettori per la precedente pubblicazione di una lunga intervista con l’ex ministro della Difesa nonché astro nascente della politica tedesca, il cristiano-sociale zu Guttenberg, caduto in disgrazia per la smascherata copiatura della sua tesi di dottorato. Indignati per il suo apparente proposito di tornare in lizza, molti  hanno invitato il direttore della rivista, il mezzo italiano Giovanni di Lorenzo, a dimettersi. Una sensibilità ed intransigenza morali persino esagerate, se vogliamo. Ma da noi si esagera nel senso opposto, e solo per cinismo si arriva ad ironizzare sul fatto che il tedesco sia l’unica lingua in cui esista un unico termine, Schuld, per designare debito e colpa.

Nemesio Morlacchi