L’EUROPA E’ IL MEDITERRANEO (CON LE SUE APPENDICI NORDICHE)

In risposta al commento del Prof. Gianni Fodella all’articolo “Monti si ispiri all’alba Meiji…”   

Caro Gianni,

mi inorgoglisco di dare del tu a chi alcuni lustri fa mi insegnò da maestro -maestro è chi conosce ciò che i discepoli ignorano- che in Asia gli sviluppi di prima grandezza possono arrivare senza segni premonitori, o con segni che solo i cognoscentes e gli iniziati colgono. Ti riferivi sorattutto alla Cina: tu sapevi, io no, che la attendeva un futuro portentoso, più vasto che il suo impero smisurato del tempo della gloria piena.

Oggi ti devo un altro riconoscimento: ciò che in Internauta di novembre hai precisato quanto al mio pezzetto sulla Restaurazione Meiji in Giappone e all’insegnamento che Mario Monti dovrebbe trarne per entrare nella storia è integralmente vero: “L’ascesa del Giappone causò lutti e rovine ai paesi vicini, sofferenze ai giapponesi”. Antimilitarista dalle elementari, negatore anche delle guerre patriottiche e ‘giuste’, davo per conclamati i lutti, le rovine, le sofferenze provocate dal ferino espansionismo del Sol  Levante.

Invece ti chiedo: non fu positivo per l’umanità che un paese arretrato si trasformasse di colpo in grande nazione moderna? Dal loro Walhalla, Goethe e Prometeo dovettero ammirare per lo meno il fatto animale, la bravura senza limiti, la fulmineità dell’azione degli scardinatori Meiji. Se nel 1941-42 l’orgoglio imperiale di americani inglesi olandesi francesi fu stracciato dai nipoti dei pescatori, contadini e samurai morti di fame; se Filippine Malesia Singapore Indocina Indonesia caddero ineluttabilmente a conquistatori quasi scalzi; ciò non insegnò molte cose al mondo intero?

All’Asia insegnò che poteva liberarsi della dominazione occidentale. Passata la guerra la vittoria finale andò a quelle nazioni, non agli imperialisti. Se nessuno al mondo poté concepire che americani britannici olandesi francesi sapessero vincere le vittorie dei nipponici, vuol dire che le imprese del Giappone tra il 1868 e il 1942 furono un’eruzione senza precedenti di energia umana e, inevitabilmente, di genio creatore. Nulla di simile è più avvenuto, a parte l’insuperabile vittoria dei vietnamiti sul dinosauro statunitense. Detto questo mi darò vinto se qualcuno  dimostrerà che il Giappone avrebbe potuto farsi una terribile Cartagine capace di umiliare Roma senza battere l’impero degli Zar prima, poi, per un corto biennio, tutte le potenze coloniali di allora.

Ricordo queste cose non per duellare sulle prodezze militari che seguirono alla trasfigurazione Meiji. Al contrario, per condividere il tuo giudizio: “Gli artefici della Restaurazione non fecero ricorso a ideologie o ad esempi del passato, non agirono in funzione di idee preconcette, ma con disincanto e determinazione”. Hai piena ragione quando scrivi che con pari disincanto e determinazione Mario Monti “dovrebbe dichiarare apertamente che l’Italia può fare a meno dell’Europa, mentre l’Europa non potrebbe esistere senza l’Italia”.

E soprattutto ammiro senza riserve la tua definizione dell’Europa: “quella entità geoculturale che  sarebbe meglio chiamare Mediterraneo con le sue appendici nordiche”. Nulla è più coraggioso e perforante, oggi, che rimettere il Mediterraneo al cuore della Storia.

Credimo il tuo

A.M. Calderazzi