Sofferta denuncia del noto sentimentologo milanese
Per molti anni il ‘Corriere della sera’ andò pubblicando in prima pagina pensieri del sociologo Francesco Alberoni che mettevano a fuoco l’Imperscrutabile e il Numinoso che erano e sono sotto, sopra e di fianco alla condizione umana. Prevalevano le esegesi sull’innamoramento; e difatti da qualche mese, da quando il quotidiano di via Solferino non reca più le dette esegesi, i sondaggi d’opinione rilevano una brusca caduta degli imenei, accompagnata dal proliferare di connubi senza innamoramento e senza amorini alati; sostituiti questi ultimi, nel misterioso processo che accoppia gli humans, da commercialisti, prosseneti e consulenti di hedge funds.
Ma a volte Alberoni affrontava altre materie, con alterno successo. Se mai Omero padre dei poeti necessitava di una gloria in più, ecco gli arrivò un giorno, sommo elogio invece che vituperio, un rimprovero di Alberoni: ‘Omero cantò Ulisse nemico della democrazia’. Lo gnomo redattore del ‘Corriere della Sera’ sublimò il pensiero del sociologo col titolo impagabile Non rimpiangiamo Ulisse, era nemico della democrazia. Insomma a chi il merito di avere smascherato Omero e Ulisse, allo gnomo o al pensatore dei dolci sentimenti? Forse non lo sapremo mai.
Restiamo al fatto certo, il tremendo ‘j’accuse’ di quest’ultimo: ”L’Odissea ci mostra quale fosse il destino dei nemici interni. I Proci vengono massacrati tutti”. Rileggete, rendetevi conto di quanto la terribile verità additata da Alberoni sconvolga 30 secoli di cultura abbacinata dalla grandezza di Omero e dal mito ulissiaco! Io per esempio, tutta la vita sono andato avanti ad amare l’Odissea senza accorgermi che di fatto idolatravo il pensiero di Eichmann. E quella miriade di pagine, quei milioni di aggettivi sostantivi ed avverbi dedicati nei millenni al bardo della Grecia arcaica e al re della pietrosa Itaca, ‘bello di fama e di sventura” (Ugo Foscolo)! Quale grossolano errore, noi tutti che abbiamo fatto di Ulisse l’Eroe proteso a conoscere terre e popoli lontani! Che papera Orazio, dette merito al figlio di Laerte per avere ‘sopportato molte avversità attraverso l’ampio mare’! Che bischero l’Alighieri, anche lui suggestionato dal Massacratore di Itaca. E quel fesso di Joyce, che apparentò Ulisse a Prometeo?
Nessuno prima di Alberoni ci aveva fatto caso: in realtà Odisseo era un serial killer, uno stragista nero. La ragione: non era democratico. Ed ecco il protofascista d’Annunzio fare nel 1903 l’apologia dei futuri reati contro la democrazia: ‘Eccita i forti/quei che forò la gola al molle proco’ (Maia,’ Alle Pleiadi e ai Fati’). Per non parlare dell’infame proposta filotirannica, sempre in Maia: “Ma, se un re volessimo avere/te solo vorremmo/per re, te che sai mille vie”.
Veniamo alla costruzione accusatoria di Alberoni: “Ogni elezione, nella democrazia, ha un’aria di competizione sportiva, di festa (N.d.R.: perché omettere la sfilata di moda, di cui il sociologo dell’università di Trento -protoculla della contestazione- è stato anche recensore ed aedo?). Prosegue la requisitoria: “Certo, in democrazia lo sconfitto è amareggiato, ma è sicuro che non verrà perseguitato dal vincitore e che, domani, il suo partito potrà prendersi la rivincita. L’Odissea ci mostra invece quale fosse il destino dei proci, sconfitti da Ulisse”. Qui è la superiorità di Rosy Bindi e Scilipoti rispetto al sanguinario da Itaca.
Ecco dove avevamo sbagliato, noi fan di Omero! I proci non erano oligarchi usurpatori e ladri, installatisi nella reggia altrui a gozzovigliare sui giovenchi del sovrano assente, a tracannare il suo vino, a palpare le sue ancelle, a molestare Penelope. No. I proci erano candidati battuti. In tempi barbari venivano trucidati, oggi sarebbero consolati dai vincitori, anzi indennizzati con la presidenza di enti, rimborsi elettorali, assunzioni di figli a Canale Itaca.
La teogonia di Alberoni descrive così il sorgere di Democrazia la leggiadra dalle spume del mare di Afrodite, da lui e D’Alema assiduamente solcato. “E’ dalle regole cavalleresche e dalla tolleranza civile che nasce la democrazia moderna. Nel momento della vittoria il partito vincente non distrugge gli sconfitti. Anzi, come in una competizione sportiva, consente che i vinti si organizzino per il successivo match elettorale: Forse è per questo che il giorno delle elezioni e dello spoglio delle schede ha, oggi, nelle democrazie, un aspetto festoso”.
Alberoni è troppo modesto e dedito all’understatement per dirlo. Lo diciamo noi: egli annuncia una nuova, più corretta filosofia della storia. La vicenda umana è un’interminabile cammino dalla ferocia, p.es., degli Atridi alla bontà veltroniana e all’apollinea misura di Nicky Vendola, dall’ulissiaco arco sterminatore ai complimenti del moderno tennista redimito di marchi pubblicitari all’avversario battuto; dagli atroci imperativi delle Erinni ai caroselli di motorini attorno ai seggi elettorali inghirlandati di viole, dai foschi riti tebani alle sbandierate Ulivo/Bella Ciao/Forza Italia/Forza Milan. Berlusconi ha stretto la mano e quasi abbracciato l’immeritevole eurocrate che lo ha disarcionato. Che immenso progresso rispetto all’ Arco assassino!
Perché non ingaggiare (a sei cifre) Benigni per dare un finale migliore all’Odissea? P.es., Telemaco diventa molto amico, persino compagno con nozze zapaterine, di uno o più spasimanti della mamma; Ulisse non si oppone ai sentimenti dei Proci e consiglia a Penelope di disfare la tela passatista, risalpa per la terra dei Feaci dove viene eletto Attorney General e stipula un’unione doganale tra Feaci e Proci. Chissà se a questo punto Alberoni non perdonerà all’ex re di Itaca il suo passato di brigatista nero!
Porfirio